2021-07-26
Tolto Dio, abbiamo perso bellezza e verità
Il celebre orinatoio trasformato da Marcel Duchamp nell'opera d'arte Fountain (Ansa)
Sono i valori cristiani che hanno costruito la nostra civiltà. Con la cancel culture illuminista la forza è degenerata in sterminio, l'arte in caricatura, la libertà in imposizione. Un mondo che sostituisce Caravaggio con gli orinatoi è destinato a tramontare.Il 17 luglio a Venezia, presentando il libro Mors tua vita mea, si è alzata la voce forte e limpida di monsignor Carlo Maria Viganò, per spiegare che ciò che indica la decadenza di un impero è il tradimento degli ideali che lo hanno reso grande, la perversione dell'autorità, la corruzione del potere, la rassegnazione del popolo. Mai come in quest'epoca possiamo constatare che il destino del mondo intero, in particolare dell'Europa e delle nazioni occidentali, è irrimediabilmente segnato da tutti questi elementi, che preludono ineluttabilmente alla caduta e alla rovina. Dove si perdono i valori, dove c'è il tradimento degli ideali, tutto si corrompe. La cancel culture, la cultura o meglio la sottocultura che vuole annientare tutto ciò che l'ha preceduta in realtà è cominciata con l'Illuminismo, il marxismo e il suo gemello eterozigote, il nazismo, e con il '68: tutti cancel culture.La civiltà europea è stata straordinaria perché era cristiana, perché ha fuso la spiritualità biblico evangelica, la filosofia greca, il diritto romano e la violenza dei barbari. È questa violenza che, come intuiscono Claude Lévi-Strauss e Benedetto Croce, protegge il cristianesimo europeo e gli permette di sopravvivere, contrariamente al cristianesimo mediorientale e a quello nordafricano, più civili e carini rispetto al nostro, che però non hanno retto allo scontro. Lo scontro con l'islam, come ogni scontro, ci ha ulteriormente imbarbarito. La guerra è una drammatica forma di intimità. Ci siamo scambiati abitudini con i nostri amici. Abbiamo imparato a bere il caffè e abbiamo anche imparato le regole del delitto d'onore, che infatti imperversano nelle terre ritornate cristiane dopo essere state islamiche, e che mai avrebbe dovuto esistere dopo che Cristo aveva graziato l'adultera. Siamo stati una civiltà spirituale, duttile, pragmatica e violenta. Abbiamo torturato, ma solo noi abbiamo osato affermare che torturare sia sempre sbagliato. Nei nostri primi 17 secoli di storia abbiamo ucciso, e molto, ma meno degli altri, se calcoliamo i numeri e le percentuali. Dopo che abbiamo smesso di essere cristiani nelle due orrende religioni atee i morti si sono contati a cataste e non più a unità. Abbiamo avuto schiavi, ma solo noi abbiamo osato affermare che la schiavitù era sbagliata e solo noi abbiamo osato annientarla. Abbiamo costruito chiese di una magnificenza struggente che dopo aver attraversato i secoli vengono ora abbattute per far posto a parcheggi e garage. Ogni parte della nostra storia, della nostra cultura, della nostra arte e ovviamente della nostra religione può essere derisa. Quando guardiamo l'arte postmoderna, orinatoi, strisce e puntini, e la mettiamo di fianco a Caravaggio o Giotto, è evidente che c'è un intento caricaturale. Se ascoltiamo Bach o Mozart o anche le musiche più popolari come la tarantella e poi le paragoniamo a Fedez o a Sfera Ebbasta, è evidente che c'è un intento caricaturale. La caricatura è una deformazione. Tutta la nostra arte e la nostra cultura si stanno deformando da quando hanno perso il contatto con Dio. Tutto ha cominciato a deformarsi dopo l'Illuminismo, che non è stato un'esplosione di luce, è stato un fenomeno di cancel culture con un grandioso marketing. Le enciclopedie esistevano già - ne esistevano tre, tutte scritte da abati - quando comparve quella di Diderot e D'Albert. La scienza a la tecnica procedevano a passi da gigante da 12 secoli, da quando San Benedetto aveva cominciato con una fatica enorme e magnifica a rifondare l'agricoltura, costruire ponti e salvare la cultura precedente, fatiche senza la quali avremmo dovuto ricominciare da zero, senza le quali la cultura sarebbe stata certamente cancellata, come auspicano i fautori della cancel culture, e saremmo sprofondati alla preistoria. Dopo l'Illuminismo è cominciato un processo lento di odio alla propria storia e alla propria cultura, di sradicamento e imbruttimento, che a un certo punto è sfociato nell'orrore delle due terrificanti religioni atee del XX secolo, il comunismo sovietico e il nazismo tedesco, che non sono stati movimenti politici bensì movimenti religiosi, esattamente come movimenti religiosi sono le ultime religioni: ecologismo, affarismo, omosessualismo, dogma del cambiamento climatico imposto come realtà scientifica, dittatura sanitaria imposta come soluzione medica. Ci siamo arrivati dopo un secondo scossone, il '68, anche questo esplosione di odio verso il proprio passato e alla propria storia, presunzione di anatroccoli arroganti di essere in grado di stare in piedi senza i propri padri e di essere più capaci di loro.Il '68 è stato in realtà non un fenomeno ma un epifenomeno. È stato cioè la conseguenza dell'evento storico che lo ha immediatamente preceduto, vale a dire il Concilio Vaticano II e la sua conseguenza più immediata, la modificazione della santa messa. Come giustamente aveva spiegato Lutero, se si modifica la liturgia si modifica tutta una religione. E come giustamente hanno affermato Lévi-Strauss e Croce, se si modifica una religione, un culto, si modifica tutta la cultura che su quel culto è fondata. Il fatto che in questo momento il Vaticano stia proibendo, ma il termine corretto è azzannando, la messa di sempre, quella comprensibile a tutte le latitudini, quella che ha attraversato i secoli, la messa che è impropriamente detta «in latino», fingendo quindi che la lingua sia l'unica differenza con quell'attuale, tutta questa animosità dimostra che le due messe sono completamente diverse e celebrare l'una o l'altra, la prima che ha al centro Dio, o la seconda che ha al centro l'uomo e che a Dio volta letteralmente le spalle, modifica il cattolicesimo, rendendolo opinabile e porzionabile, distruggendo cioè il principio che la verità è una, che una sola strada porta a Dio. Il fatto che non si legga più il Vangelo di San Giovanni ha fatto sì che tutti dimenticassimo che solo credendo in Cristo siamo figli di Dio. Abbiamo perso Dio, di conseguenza abbiamo perso verità, bellezza e giustizia. Abbiamo perso la verità, che non è più una, e la verità non può essere plurima. Abbiamo perso la logica aristotelica e tomistica, uccisa da Hegel che ci spiega che il pensiero vince sulla realtà: se un uomo si sente donna deve essere considerato una donna, e deve poter portare pene e testicoli all'interno di uno spogliatoio femminile. Ne nasce tutta la dissociazione dalla realtà che ci spinge verso la bruttezza, alla perdita delle libertà più elementari, inclusa quella di non farsi inoculare un siero in fase sperimentale che, come stanno dimostrando sempre più studi, sembra stimolare la produzione di anticorpi teoricamente antispike, che si legano a una proteina presente sulla superficie delle piastrine denominata fattore piastrinico 4 (Pf4), scatenando l'aggregazione piastrinica e la formazione dei trombi con conseguente piastrinopenia ed emorragia. Un cultura che in nome della libertà totale, del vietato vietare, ha annientato la religione, non ha nemmeno sconsigliato la promiscuità sessuale quando l'Aids mieteva vittime, ora distrugge la libertà di andare in chiesa, di lavorare, di abbracciare gli amici, di sposarsi invitando più di otto persone (perché in occasione di una festa di matrimonio lo stesso virus che evidentemente non circola ai Pride e quando muore Maradona, può diventare devastante). Che renda obbligatorio un farmaco dubbio dal punto di vista etico, essendo state utilizzate cellule di feto abortito, e pericoloso dal punto di vista trombotico, sembra paradossale ma è l'ovvia conseguenza.Persi i valori, si perde tutto: il diritto alla libertà di movimento, alla scuola, al lavoro, alla sanità, ma soprattutto, persi i valori, si alzerà il vento e ci porterà via. Ritroviamo quei valori subito.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
Continua a leggereRiduci
Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.