2025-03-05
L'armata Brancaleone di Ursula
Ursula von der Leyen (Ansa)
La presidente della Commissione agita lo spauracchio di fantomatici attacchi imminenti per costringere i Paesi a indebitarsi e dotarsi di un arsenale. Il vero scopo è girarlo all’Ucraina, facendo pagare il conto a noi. Dopo l’eurotassa è in arrivo la Stinger tax.Armiamoci e partite. L’armata Brancaleone di Ursula von der Leyen non ha neppure un soldato, ma presto potrebbe avere 800 miliardi di debiti. La cifra monstre annunciata dalla presidente dell’Unione dovrebbe servire a finanziare l’acquisto di missili e carri armati che serviranno a proteggere il continente dalle minacce esterne. Ma una volta armata fino ai denti l’Europa, chi dovrà impugnare mitragliatrici e lanciamissili? Chi comanderà le truppe? E soprattutto: chi pagherà il conto? A queste banali domande la capa di Bruxelles al momento non ha risposto. Ursula von der Leyen per ora si è limitata a spiegare che viviamo in tempi pericolosi e la sicurezza europea è minacciata. Dunque, è necessario aumentare la spesa per la Difesa, sciogliendo i Paesi dell’Unione dal vincolo di rispettare il patto di stabilità. In altre parole, se le famiglie sono in difficoltà e non sanno come pagare le bollette e come saldare la retta della mensa scolastica (circa il 20% dei cittadini della Ue sono a rischio povertà secondo le statistiche ufficiali), non è faccenda che riguardi Bruxelles, perciò non si possono allentare le regole comunitarie. Se, invece, si tratta di comprare armamenti per far fronte a una minaccia, che al momento non è dichiarata ma soltanto teorizzata, allora ci si può indebitare fino al collo. Ottocento miliardi non sono poca cosa, se poi si devono reperire nel giro di quattro anni sono una montagna di soldi.Il presidente della Commissione ha spiegato che, per sostenere l’acquisto di sistemi di difesa aerea e missilistica, postazioni di artiglieria, droni e munizioni, carri armati e altro, verranno messi a disposizione dei 27 Paesi della Ue prestiti miliardari, che poi gli Stati membri potranno rimborsare in comode rate negli anni a venire.L’annuncio della Von der Leyen, oltre a sorprendere per l’entità dell’operazione, stimola diverse domande. Le prime sono ovvie: ma se l’Europa non ha un esercito comune, che senso ha un arsenale comune? Chi lo dovrà usare? Le forze armate dei singoli Paesi? E, nel caso di un improbabile attacco, chi comanderà le truppe? Bruxelles o la guida dell’esercito rimarrà in capo a ogni singolo Stato? Qualsiasi persona con un grammo di cervello, prima di acquistare un intero arsenale, si darebbe delle regole, a cominciare dalle clausole d’ingaggio da consegnare alle truppe per poi passare alle questioni del comando. Dopo di che, una volta definito l’organigramma e il perimetro entro il quale si devono muovere i militari, si decide che cosa comprare, ovvero quanti aerei, quanti missili, elicotteri e carri armati. Decidere l’arsenale prima ancora di aver stabilito quale sia la missione della difesa e chi la debba esercitare, sembra un po’ precipitoso. Anche per le parole che Ursula von der Leyen si è lasciata sfuggire annunciando il suo piano. Infatti, dopo aver strombazzato il pomposo ReArm Europe, il presidente Ue ha precisato che «naturalmente, con questa attrezzatura, gli Stati membri possono aumentare il loro sostegno all’Ucraina, girando immediatamente le armi a Kiev».Daqui si capisce una cosa, ovvero che l’Europa non si appresta a indebitarsi per 800 miliardi di euro allo scopo di far fronte a un immediato pericolo, come Von der Leyen ha sostenuto ieri, ma lo fa per continuare a regalare missili, droni e sistemi di difesa a Volodymyr Zelensky, provando a sostituire gli armamenti che l’America di Donald Trump non ha più intenzione di inviare a Kiev. Comprare armi non serve, dunque, a difendersi da un’imminente minaccia, come dice la capa di Bruxelles, ma a consentire all’Ucraina di continuare la guerra.C’è, poi, un piccolo aspetto, oltre a quelli organizzativi e di comando di cui abbiamo già parlato. La questione minore riguarda chi pagherà il debito che Ursula von der Leyen si appresta a contrarre. Cioè, una volta chiarito che quei soldi i Paesi europei non li hanno, dato che non riescono a trovare quelli per le bollette per le famiglie più indigenti, l’unico modo per recuperarli è ficcare le mani in tasca ai contribuenti. Per lo meno a quel ceto medio che ancora può permettersi di pagare le tasse. Siete sorpresi? Beh, io no. Anni fa ci fu un presidente del Consiglio, Romano Prodi, che, con la scusa dell’interesse nazionale, varò un’eurotassa che stangò gli italiani. Ora, con la scusa della minaccia nazionale, rischiamo di trovarci la Stinger tax, ovvero un bel missile puntato sui nostri risparmi. Un prelievo in nome del bene comune, proprio come le imposte sulla transizione energetica con cui la Von der Leyen sta affondando l’industria automobilistica del continente.
Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo