2019-05-27
Così Di Maio si è buttato sotto il Carroccio
Quella degli ultimi mesi è stata una tattica suicida: punita la bagarre contro l'alleato. Vinsero Caltanissetta, ma si giocarono l'Italia. Le proiezioni che si succedono nella notte sono sempre più impietose per il M5s. Scende sotto il 20 per cento, 12 punti in meno rispetto al voto dell'anno scorso, sotto anche alle europee del 2014, e soprattutto sotto al Pd. In pratica, sotto un treno. Anzi, sotto un Carroccio. E nelle orecchie di Luigi Di Maio, probabilmente, risuona una domanda insistente. E la domanda è: ne valeva la pena? Valeva la pena impostare una campagna elettorale durissima, anche e soprattutto contro il proprio alleato di governo? Valeva la pena brandire la questione morale come un'arma contundente, a costo di lasciare ferite non più rimarginabili nei rapporti con la Lega? Valeva la pena sollevare una polemica all'ora, litigare un giorno sì e l'altro anche, attaccare a testa bassa come nemmeno le opposizioni hanno mai fatto, paralizzare il Consiglio dei ministri, bloccare l'attività amministrativa, affibbiare un colpo probabilmente definitivo alla maggioranza del cambiamento? Valeva la pena per questo risultato? La storia è nota. I grillini hanno deciso di andare all'assalto quando hanno visto le terrificanti rilevazioni dei vari Pagnocelli che davano la Lega volare intorno al 35 per cento e loro, invece, pericolosamente sotto il 20 per cento. Dopo i risultati deludenti in Abruzzo e in Sardegna, dopo aver messo da parte Alessandro Di Battista (rientrato dal Centro America con l'incarico di salvatore e prontamente messo nel congelatore), dopo aver subito per mesi la crescita di Matteo Salvini, gli strateghi della Casaleggio e associati avevano elaborato la nuova strategia. Modello ariete. Avanti a testa bassa. Soprattutto contro la Lega. Botte da orbi. Parola d'ordine: non gliene lasceremo passare più una.L'inchiesta sul sottosegretario Armando Siri è stata l'occasione per accendere la miccia. Ma poi le esplosioni si sono ripetute giorno dopo giorno, su ogni argomento, con ogni pretesto. Lotta alla droga? Non va bene. Foto con il mitra? Orrore orrore. Decreto sicurezza bis? Da rimandare. Le navi con gli immigrati? Bisogna farle sbarcare. Salvini dice bianco? Di Maio dice nero. Salvini dice nero? Di Maio dice bianco. Salvini dice grigio? Il grigio fa schifo. Salvini telefona a Berlusconi per sapere come sta dopo un'operazione? Scandalo mondiale. Salvini fa un selfie? Scandalo intergalattico. Salvini mangia un panino? Roba da vergognarsi. Salvini respira? Ecco perché l'aria è inquinata… Se Salvini avesse detto, a un certo punto, per paradosso: «Voto 5 stelle», bene, probabilmente gli avrebbero rinfacciato pure quello.La guerriglia elettorale sembrava aver dato qualche risultato alle regionali in Sicilia di un mese fa, quando il M5s ha conquistato qualche città (Caltanissetta, per l'appunto, e anche Castelvetrano. Roba forte, si capisce) e ha esultato per aver fatto perdere alla Lega Gela e Mazara del Vallo (sono soddisfazioni). Ma ora? Il Movimento, stando alle proiezioni, non ha oltrepassato la fatidica quota 20, lontanissimo da quel 32 per cento conquistato appena 15 mesi fa. Allora fu un successo travolgente. Adesso gli unici che rischiano di essere travolti sono il governo. E il medesimo Di Maio. Vinsero Caltanissetta, per l'appunto, ma si giocarono l'Italia…Se infatti dovessero confermarsi i foschi presagi delle proiezioni, quelli per cui il M5s risulta decisamente superato dal Pd di Nicola Zingaretti, il quale al contrario ha fatto un campagna elettorale così insipida che in confronto la minestrina dell'ospedale Niguarda è roba da gourmet, beh, allora per Di Maio potrebbe mettersi davvero male: il capo politico del Movimento, infatti, ha accentrato su di sé tutta la campagna elettorale, ha cantato e portato la croce, ha voluto su di sé tutti i riflettori, ha scelto la strategia d'attacco e l'ha perseguita con determinata ostinazione. Se il risultato finale fosse davvero quello di essere superato dall'anonima zingarettiana non sarebbe facile per lui tenere le anime ribelli che già si muovono assai dentro l'universo grillino. Qualcuno ipotizza che alla sua porta potrebbe presto presentarsi un Di Battistascongelato ma anche Roberto Ficoprobabilmente non resterebbe a guardare.Povero Di Maio. Voleva rallentare l'ascesa della Lega, voleva opporsi alla crescita inarrestabile di Salvini. Per questo s'è lanciato in una campagna elettorale tostissima, acuminata, urticante, ha riempito la vigilia del voto di polemiche, l'ha condita di bisticci, di ripicche quotidiane, di punzecchiature continue, con la conseguente paralisi dell'attività dei ministeri, l'inerzia dell'azione di governo. Sperava di guadagnare voti e di farli perdere al suo alleato di governo. Invece è successo esattamente il contrario. Così, sempre se le proiezioni saranno confermate fino in fondo, potremmo trovarci di fronte all'immagine classica del marito che si taglia i coglioni per far dispetto alla moglie. O, se volete, al kamikaze che si butta sotto le ruote del Carroccio per rallentarne un po' la corsa. E invece lo fa andare ancora più veloce. Facendosi, però, stritolare sotto le ruote.
Alberto Stefani (Imagoeconomica)
(Arma dei Carabinieri)
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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