2022-08-01
Di Maio «civico» arruola perfino il Papa
L’ex grillino presenta oggi il nuovo partitucolo centrista con Bruno Tabacci: «Per scegliere il nome mi sono ispirato alle ultime parole di Francesco». E da ministro degli Esteri non esclude che la Russia «sostenuta dalla destra» possa lanciare un attacco all’Italia.«Impegno civico» è il nome della muova forza politica guidata dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che oggi insieme con Bruno Tabacci presenterà il simbolo. «La nuova formazione si rifà a quel principio di responsabilità civica che anche papa Francesco ieri ha evocato», ha detto Giggino in tv da Lucia Annunziata nell’ultima domenica di luglio, giornata bollente di annunci, posizionamenti e ammiccamenti in una campagna elettorale che sarà breve ma intensa e cattiva, a guardare i primi movimenti. «Ovviamente», ha proseguito Di Maio, «cito quelle parole perché il principio fondamentale di queste elezioni e di questa campagna elettorale anomala, per la prima volta si vota a settembre, deve essere il fatto che tutti quanti noi dobbiamo sentire la responsabilità di partecipare, non vale solo per i partiti che chiedono il voto, ma deve valere per tutti i cittadini, perché è un momento storico importante». «Il progetto di Impegno civico coinvolgerà tanti amministratori locali, gli eroi dei nostri territori che senza strumenti e fondi hanno trovato soluzioni per migliorare la qualità della vita degli italiani. Sarà una forza politica riformatrice con una grande attenzione alla transizione ecologica e digitale, gli assi portanti del Pnrr italiano. Deve essere una forza il più plurale possibile che aggreghi quei mondi dei territori che spesso sono ignorati. Il terzo settore, lo sport, il mondo dell’ecologia. Domani (oggi, ndr), alla presentazione, ci saranno tante sorprese», ha detto Di Maio che sembra essere sceso da Marte anziché essere un politico «scisso» che ha ripudiato il suo M5soriginario, quel Movimento nato come antisistema, che contestava il Vaticano perché non pagava l’Imu sugli immobili e che doveva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, mentre non intende lasciare la poltrona su cui ha mangiato lautamente quel tonno. I numeri del nuovo progetto politico? «Lo decideranno i cittadini», ha affermato l’ex pentastellato. Incurante di quanto Carlo Calenda, leader di Azione, critico sulla possibilità che i suoi possano votare Di Maio, negli stessi minuti lo ha criticato duramente. Nel suo intervento su Rai3, davanti a una Lucia Annunziata che gli ha steso un tappeto rosso con domande che sembravano assist, il responsabile della Farnesina ha escluso categoricamente la propria candidatura in un seggio blindato come Modena e ha aperto al dialogo con il Pd in vista delle elezioni del 25 settembre: «Smentisco. Aggiungo poi una cosa tecnica: entro il 14 agosto bisogna presentare simboli e coalizione, poi le liste. Ma se non esiste una coalizione, come si fa a trattare i collegi? Abbiamo governato insieme e condiviso progetti negli ultimi anni. Con Letta c’è un rapporto di stima reciproca. Dopo la caduta del governo Draghi, è nato un fronte draghiano che pensa che quelle politiche si debbano portare avanti. Se questo fronte è disunito vincono gli altri, quelli che hanno aperto la crisi». Di Maio ha parlato anche di obiettivi da raggiungere nel breve-medio termine. Tra questi c’è l’istituzione di una commissione d’indagine per fare luce sui rapporti di alcuni leader e partiti, Lega in primis, con mondi politici economici e finanziari russi. A proposito dei rapporti con Putin, il ministro ha agitato una grave minaccia: quella che l’Italia possa essere un obiettivo per i russi. «Putin ha detto che l’Ucraina è solo il primo passo», ha argomentato Di Maio, «e noi potremmo essere il prossimo».Inoltre il ministro vuole far firmare a tutti i leader politici una lettera alla Commissione europea per sostenere il governo Draghi, ancora in carica per affari correnti: «Vorrei chiedere a tutti i leader di sottoscrivere una lettera alla Commissione Ue, al di là delle differenze politiche per sostenere il governo Draghi sulla battaglia per il tetto al prezzo del gas». Una lettera, dunque, con le firme e l’impegno di tutti, perché «per dare forza al governo le forze politiche devono unirsi». Con il tetto, che già Draghi aveva proposto ma senza successo alla commissione Ue, passeremmo, dice Di Maio, «da 216 a 80 euro a megawatt/ora». Parlando del suo addio al M5s non è mancata la stoccata al «partito di Conte»: «Il M5s adesso è un partito padronale perché Conte lo ha smantellato e ne ha fatto il suo partito, Grillo se ne è accorto, in ritardo, e ora prova a intervenire». Il leader pentastellato, osserva Di Maio, «è stato presidente del Consiglio e alla guida del M5s si pensava avrebbe fatto un percorso istituzionale e invece l’ha radicalizzato e la radicalizzazione l’ha isolato. Oggi il partito di Conte è isolato». Secondo Di Maio, del M5s fondato tanti anni fa non ci è rimasto quasi nessuno anche perché con la conferma della regola dei due mandati sono molti i big in uscita. E proprio ieri il leader Giuseppe Conte ha usato un post su Facebook per attaccare chi se ne è andato: «Che vadano liberi, in pace, a cercarsi una nuova collocazione. Ma non ci rompano le scatole visto che si stanno industriando per trovare nuove collocazioni politiche».
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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