Del decreto per ora c’è solo la bozza. L’estensione del super pass ai trasporti consente ai «tamponati» di lavorare ma non di salire sui mezzi verso uffici e fabbriche. E chi vive nelle piccole isole non potrà recarsi sulla terraferma nemmeno per andare in ospedale.
Del decreto per ora c’è solo la bozza. L’estensione del super pass ai trasporti consente ai «tamponati» di lavorare ma non di salire sui mezzi verso uffici e fabbriche. E chi vive nelle piccole isole non potrà recarsi sulla terraferma nemmeno per andare in ospedale.Non sappiamo se nel mese di gennaio, cioè da domani, il governo intenderà togliere nuovo spazio vitale ai non vaccinati. Di certo, le ultime misure liberticide sono ancora una volta prive di giustificazione scientifica, non arrestano la circolazione di virus e relativa variante sudafricana, in compenso rendono impossibile vivere, lavorare, spostarsi su di un mezzo pubblico. Il nuovo anno non è ancora iniziato ma già vorremmo spostare indietro le lancette, rimandare quell’assurdo appuntamento con il super dei super green pass programmato per il 10 gennaio. Da quella data, il caos regnerà sovrano. I cittadini senza lasciapassare potranno continuare ad andare al lavoro dopo aver fatto il tampone, ma servendosi solo di auto private, biciclette, motorini, monopattini. Se non vaccinati o privi del certificato medico di guarigione dal Covid, avranno accesso sbarrato a tram, autobus, metro, treni, navi, aerei. Una decisione folle, perché se permetti l’entrata nel luogo di lavoro con un test negativo, non si comprende perché lo stesso test non valga anche su un mezzo di trasporto. I colleghi di ufficio o di fabbrica sarebbero meno esposti a possibili contagi, rispetto a compagni di viaggio in una breve o lunga percorrenza? Il nuovo decreto legge, approvato il 29 dicembre da un Consiglio dei ministri super preoccupato di «contenere l’epidemia» riducendo all’inverosimile i diritti di chi lavora, paga le tasse, non si aggira come un untore e si controlla più dei vaccinati facendosi tamponi obbligati, prevede misure che dureranno fino alla cessazione dello stato di emergenza, ovvero il 31 marzo. Il decreto - la bozza, invero - è spuntata solo nella serata di ieri: cinque articoli, da cui si evince che le nuove regole sul super green pass scatteranno dal 10 gennaio. La norma entrerà in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale - e da quel momento, partirà anche la nuova disciplina sulle quarantene. Saranno dunque vietati ai non vaccinati gli alberghi e le strutture ricettive, le piste da sci, i ristoranti all’aperto (prima era loro consentito di ghiacciarsi, aspettando a fine dicembre un piatto di bucatini sventolando il tampone negativo), piscine e centri di benessere, centri ricreativi e sociali. Potranno salutare gli sposi dopo la cerimonia in chiesa o in Comune, ma in quanto possibili untori verranno esclusi da pranzi e feste dove potranno invece circolare vaccinati con doppia dose, anche se esposti forse peggio alla variante Omicron. Sottigliezze, il governo mica può pensare a tutti gli immunizzati positivi e ai reinfettati. Tampone inutile pure per partecipare a congressi e fiere, nemmeno alla sagra di paese si potrà fare una scappata senza lasciapassare da vaccinato o da guarito. Stadi off limits per chi non ha il green pass rafforzato, per gli altri la capienza è ridotta al 50% se all’aperto, al 35% al chiuso. Già con queste nuove misure, ai non vaccinati che mettono a rischio solo sé stessi (visto che la stragrande maggioranza ha fatto la doppia dose di anti Covid), si sta dicendo: potete lavorare, andare in chiesa, fare la spesa e un po’ di sport individuale in cortile o ai giardinetti. Per il resto, vita sociale, ricreativa, culturale, zero. E pazienza. Anzi, nessuna pazienza ma fin tanto che un magistrato coraggioso non si decide a richiamare all’ordine governo e Parlamento, si continua a subire. Invece no, non bastava, bisognava tagliare le gambe ai lavoratori, ai pendolari, agli studenti non vaccinati proibendo loro di spostarsi sui mezzi pubblici. Diventa obbligatorio, infatti, il green pass rafforzato sul trasporto pubblico locale e regionale. Un salasso per chi si ritrova a poter utilizzare solo l’auto per andare al lavoro (alla faccia del green) e somma le spese della benzina a quelle per i tamponi, una violenza enorme nei confronti di chi non può contare su altri mezzi al di fuori di quelli pubblici. Molti saranno costretti a vaccinarsi per non perdere il lavoro o il diritto allo studio. Su questo punta l’ulteriore, pessima manovra del governo, che nei prossimi giorni (probabilmente ci sarà un Cdm il 5 gennaio) ha in mente anche nuove misure restrittive. Magari un’estensione dell’obbligo vaccinale a più categorie lavorative. Insomma, una coercizione dietro l’altra. Intanto si è deciso di mettere in ginocchio milioni di cittadini a partire dal 10 gennaio. Ma il premier Mario Draghi ha idea di che cosa succederà nelle isole e isolette? Come si potranno muovere le persone se nemmeno dopo previo tampone potranno prendere il traghetto? ll leader del Movimento diritti civili, Franco Corbelli, ha denunciato «il dramma dei non vaccinati, per paura e per motivi di salute, “prigionieri” nelle piccole isole che non possono lasciare nemmeno per andare a farsi operare negli ospedali italiani, come nel caso di una insegnante di Procida che non potrà sottoporsi a un intervento chirurgico, già programmato dopo le feste, perché non essendo vaccinata non potrà lasciare l’isola per raggiungere la terraferma». Se tra una decina di giorni si abbatterà la scure del super lasciapassare sui mezzi di trasporto pubblici, moltiplicando i problemi anche per ristoratori, titolari di strutture alberghiere, ricreative, sportive, da subito si applicano invece le nuove regole sulla quarantena. Appena pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, entrano in vigore le nuove misure che prevedono la sola «autosorveglianza» per chi ha fatto la terza dose o è guarito. Anche se può essere contagioso dopo il contatto con un positivo (i casi si moltiplicano ogni giorno, però vengono silenziati), basta che il super vaccinato indossi la Ffp2. Non deve fare la quarantena, che tocca invece (5 giorni) al vaccinato da più di quattro mesi con obbligo di tampone finale, e al non vaccinato (10 giorni). Una scelta richiesta dalle Regioni, per evitare troppe persone a casa in quanto positive, ma che non è una decisione saggia sotto il profilo della salute pubblica. I vaccinati sono esposti a Omicron e possono contagiare, figuriamoci quanto potranno autosorvegliarsi. Le mascherine all’aperto sono obbligatorie; nei cinema, teatri, stadi e sui mezzi di trasporto pubblico servono le Ffp2, care, introvabili in molte città e che hanno fatto schizzare i prezzi alle stelle. La bozza del decreto annuncia un «protocollo d’intesa con le associazioni di categoria» di farmacie e altri rivenditori e un monitoraggio dei prezzi attraverso «relazioni del commissario». Online, ad oggi, le Ffp2 si possono ancora acquistare a 80 centesimi, certo non in confezioni da quattro; però il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, ha assicurato che avranno il prezzo calmierato di 1 euro. A chi andrebbe la differenza?
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





