2018-11-21
Damien Hirst e i pro life che non ti aspetti
L'artista ribelle inglese realizza in Qatar un'installazione raffigurante tutte le fasi di sviluppo del feto: un «viaggio miracoloso» che celebra la forza della vita. Proprio come il nuovo film di Edoardo De Angelis, che mostra una madre combattiva di nome Maria. Anche dalle terre apparentemente più lontane e straniere giungono, talvolta, bagliori di luce inaspettati. È stupefacente la capacità dell'arte di creare sconcerto, suscita perenne ammirazione la potenza delle opere, che sono sempre più grandi di quanto la vita dell'artista possa far immaginare. Probabilmente non vedremo mai Damien Hirst, la vera celebrity dell'arte mondiale, partecipare a un evento in difesa della vita. Non lo sentiremo mai esprimersi contro l'aborto o l'utero in affitto. Anzi, è più facile che accada il contrario: dopo tutto, quando si frequenta il jet set e si fa parte della casta intellettuale, esibire certe idee è praticamente un obbligo. Tutto questo, però, non importa. Perché il geniaccio britannico - considerato più una pop star che un creativo a tutti gli effetti - ha realizzato uno dei più imponenti manifesti pro life che il mondo abbia mai visto. È una mastodontica installazione intitolata Miraculous Journey, composta da 14 sculture in bronzo che raffigurano tutte le fasi di sviluppo di un feto nel ventre materno. L'ultima scultura, la conclusione del «viaggio miracoloso» è un neonato alto ben 14 metri. L'opera è del 2013, ma è stata scoperta solo in questi giorni, perché bisognava attendere che fosse completato l'ospedale Sidra di Al Rayyan, situato in Qatar, di fronte al quale l'installazione è esposta. Già, Miraculous Journey è stata finanziata per lo più dalla Qatar foundation. Secondo But Layla Ibrahim Bacha, consulente della succitata fondazione, il lavoro di Hirst «riflette molto bene la missione di Sidra, prendersi cura della salute delle donne e dei bambini». L'artista, parlando con Doha News, ci ha scherzato su: «Il mio feto è la prima scultura pubblica nuda in Medio Oriente. È molto coraggioso». E, in effetti, l'installazione ha suscitato non poche perplessità e polemiche nel mondo arabo. Già questo fatto basterebbe a far riflettere sull'importanza del lavoro di Hirst. Il fatto, però, è che l'ex ragazzaccio lanciato dal pubblicitario Charles Saatchi non crea scandalo solo in Medio Oriente, ma pure in Occidente. E il motivo è semplice: Miraculous Journey ha tutta l'aria di un inno alla vita. «In definitiva, il viaggio che un bambino attraversa prima della nascita è più grande di qualsiasi cosa possa sperimentare nella sua vita di essere umano», ha spiegato Hirst presentando il lavoro. «Spero che la scultura instillerà nello spettatore un senso di stupore e meraviglia per questo straordinario processo umano». Pensateci: non è molto facile trovare un artista che non si dichiari a favore di un «diritto delle donne» come l'aborto. E proprio mentre le istanze abortiste avanzano a livello globale, ecco che il nostro inglese scodella la celebrazione della gravidanza portata a termine. Non a caso, già nel 2013 numerosi commentatori pro life anglofoni si sono trovati a elogiare il sulfureo Damien, mentre quotidiani e riviste «impegnate» e di gran moda (ad esempio Quartz ma pure il New York Times) hanno espresso parecchi dubbio sul «viaggio miracoloso».critiche rabbiose Quartz, in particolare, ha rimproverato Hirst di aver celebrato la nascita in una terra come il Qatar dove le donne non hanno il diritto di abortire. Il Guardian ha provato addirittura a rigirare la frittata, spiegando che le statue di Hirst servono a mostrare come davvero si sviluppa una gravidanza. In questo modo, contribuiscono a sbriciolare le false credenze diffuse nel mondo islamico. Insomma, in realtà il lavoro dell'artista sarebbe un contorto modo di sostenere l'aborto. Al di là delle polemiche, che lasciano il tempo che trovano, la potenza dell'opera è indubbia. E sarà pure posizionata in Qatar, ma dà un bello scossone anche noi. Una punzecchiatura inaspettata, perché di Hirst sentiamo parlare, per lo più, come dell'esponente di punta dell'arte divenuta gingillo per oligarchi russi e ricconi annoiati di mezzo pianeta. In realtà - come questo giornale ha avuto modo di notare qualche tempo fa - la cultura cattolica ha sempre esercitato un'influenza fondamentale sull'artista britannico. Benché egli si dichiari ateo, è cresciuto da cristiano. Il suo teschio di diamanti, la sua costante riflessione sulla vanità dell'esistenza, la presenza costante del tema della morte nella sua opera si devono proprio all'immaginario cristiano, da cui Hirst (senza farne mistero) pesca a piene mani. inno alla madre Da qualche tempo, poi, ha preso a occuparsi della maternità. Nel 2012 ha creato Verity, una statua di oltre 20 metri posizionata a Ilfracombe, nel Devon, in Inghilterra. Raffigura una donna incinta, con il feto ben visibile nel ventre, che regge in mano una spada. Secondo alcuni critici è un inno ai «diritti delle donne», ma è difficile non pensare a un tributo alle madri combattive, quelle che lottano per i bimbi che hanno in grembo. Alla maternità è dedicata pure The virgin mother, del 2005. Di nuovo, è una statua che raffigura una donna gravida, con tanto di richiamo a Maria vergine. E già che parliamo di Maria, vale la pena di soffermarsi su un'altra opera «inaspettata», ovvero Il vizio della speranza, il film di Edoardo De Angelis in uscita domani (accompagnato dal libro omonimo appena edito da Mondadori). De Angelis è uno dei più celebrati registi italiani «emergenti», come si usa dire. Comunista in gioventù, ha affrontato argomenti che piacciono molto alla sinistra di casa nostra. Viene da Napoli, e si è occupato dei territori martoriati della Campania. Si è concentrato su Castel Volturno, terra di immigrazione clandestina e sfruttamento. Insomma, ha toccato i tasti che mandano in sollucchero l'intellighenzia nostrana. Il suo nuovo film è una sorpresa. Racconta di Maria (altro riferimento alla Madonna), una donna vittima di violenza che vive appunto a Castel Volturno, e di mestiere aiuta le prostitute - per lo più straniere - a liberarsi dei figli. Bimbi che vengono venduti, o trasformati in fornitori di organi dalla mafia nigeriana. Maria, dopo lo stupro, non può avere figli. Eppure un giorno «uno strano calore dolce la pervade». Come la Madonna, è rimasta incinta. E, a quel punto, decide di combattere fino alla fine per tenere quel bambino. È potente e feroce, questo film. Parla di maternità surrogata, di figli strappati alle madri naturali povere e disperate. Parla anche di una donna provata dall'esistenza che ritrova sé stessa nella maternità, decidendo di compiere un cammino difficile pur di far venire alla luce il figlio che ha dentro. Si chiama Maria, e il suo è un «viaggio miracoloso». Proprio come quello raccontato da Damien Hirst.
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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