2020-05-22
Da Putin 8 jet ad Haftar, ma è l’ultimo regalo
Attraverso la Siria, la Russia invia i caccia a supporto degli uomini del generale sempre più in disarmo. Campanello d'allarme per i nostri soldati a Misurata, obiettivo alla portata di possibili raid dall'aria. Intanto le truppe di Serraj continuano ad avanzare.Alla faccia del Ramadan, dell'embargo Onu (che la missione Ue Irini a guida italiana dovrebbe far rispettare) e della crisi da coronavirus, il conflitto in Libia si sta intensificando di giorno in giorno, con la Turchia sempre più massicciamente al fianco del Governo di accordo nazionale di Fayez Al Serraj e con la Russia decisa a sostenere l'uomo (che fu) forte della Cirenaica, Khalifa Haftar. L'autoproclamato Esercito nazionale libico guidato da Haftar, che negli ultimi giorni ha perso il controllo di diversi aree strategiche attorno alla capitale, ha annunciato che «continuerà a combattere contro l'invasione turca», parlando di «1.500 soldati turchi presenti oggi in Libia» e di «altri 2.500 in arrivo».Da Tripoli, invece, si è levata la voce del potente ministro dell'Interno, Fathi Bashagha, che, intervistato da Bloomberg ha denunciato, l'invio da parte della Russia di almeno sei aerei da guerra Mig-29 e due caccia Su-24 alle forze di Haftar. All'agenzia statunitense Bashagha aveva dichiarato che i caccia sarebbero stati dislocati dalla base aerea siriana di Hmeimim, controllata dalle forze armate russe. Una dichiarazione che sembrava rafforzare quanto minacciato dal capo dell'aeronautica militare di Haftar, Saqr Al Jaroushi, che aveva annunciato la «più grande campagna aerea nella storia della Libia» in arrivo nelle prossime ore.Gli aerei russi potrebbero però rappresentare una minaccia anche per l'Italia. Infatti, ieri sera Ahmed Al Haddad, leader delle forze governative, ha spiegato all'Agenzia Nova che i jet sarebbero nella base di Jufra, nel Sud della Libia. Il che significa che le forze Haftar, con gli aerei russi, possono arrivare a bombardare la città di Misurata, dove l'Italia è presente con un'ospedale da campo e quasi 300 uomini del personale militare sanitario.Ma sull'asse Bengasi-Damasco-Mosca si muove anche altro. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani basato a Londra, Mosca starebbe reclutando combattenti siriani nelle zone controllate dal governo di Bashar Al Assad da inviare come mercenari in Libia al fianco di Haftar. Si tratta, secondo l'organizzazione, di almeno 215 uomini provenienti dalle città di Al Raqqah, Homs, Latakia e Al Hasakah, portati nella base militare russa di Hmeimim per poi essere trasferiti in Libia. Il tutto per uno stipendio di 1.000 dollari al mese. Non è comunque la prima volta che si parla di mercenari siriani in Libia: prima era stata la Turchia, schierata con Serraj, a reclutare uomini in quella regione.E il filo rosso del conflitto libico arriva fino in Iran, Paese alleato di Russia e Siria ma rivale di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, i principali sponsor di Haftar. Il ministero dell'Interno di Tripoli ha puntato il dito contro due voli della Cham Wings, compagnia aerea privata siriana, giunti lo scorso 20 maggio a Bengasi. Uno proveniva da Teheran e ha fatto scalo a Damasco. A bordo, secondo il ministero (ma anche secondo l'inviato israeliano alle Nazioni Unite Danny Danon), combattenti ed esperti siriani con collegamenti con il gruppo russo di mercenari Wagner, miliziani di Hezbollah e anche consiglieri dei Pasdaran, cioè i Guardiani della rivoluzione iraniana.Ieri pomeriggio, intanto, le forze del governo di Serraj hanno conquistato altro terreno entrando nella cittadina di Asbi'ah, 120 chilometri a Sud della capitale, e occupando la zona di Jandouba. Nei prossimi giorni è attesa l'ultima, probabilmente decisiva, offensiva: quella contro l'ultima roccaforte degli uomini di Haftar in Tripolitania, Tarhuna. E in questo quadro va letto il fatto che Tripoli abbia respinto la tregua unilaterale annunciata dal portavoce di Haftar, Ahmed Al Mismari, in vista della festa di fine Ramadan prevista per domenica.Mentre continuano i combattimenti sul campo, la diplomazia è al lavoro. Dopo la telefonata tra i presidenti Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan del 18 maggio, ieri si sono sentiti i due capi delle diplomazia di Mosca e Ankara, rispettivamente Sergej Lavrov e Mevlut Cavusoglu. «Le parti hanno sottolineato l'importanza di porre immediatamente fine alle ostilità e di una ripresa di un processo politico sotto l'egida delle Nazioni unite con la partecipazione doverosa delle parti libiche al fine di risolvere la crisi, sulla base delle decisioni prese con la conferenza di Berlino, che sono state approvate da una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite», si legge nella dichiarazione. Ma subito dopo, tanto per aggiungere altro caos anche a livello diplomatico, Ankara ha avvertito: «Se verranno colpiti interessi turchi in Libia, le forze del generale Khalifa Haftar saranno ritenute obiettivi legittimi».Se Egitto ed Emirati Arabi Uniti sembrano dare già per sconfitto Haftar, la Russia rimane al suo fianco per evitare che la Turchia metta le mani sulla Mezzaluna petrolifera. Il tutto mentre l'Unione europea e l'Italia appaiono sempre più lontani dalla partita che si combatte sulla sponda Sud del Mediterraneo.