Dai banchi a rotelle a Bianchi senza rotelle

Dai banchi a rotelle a Bianchi senza rotelle
Patrizio Bianchi (Ansa)

«Stiamo lavorando con presidi e Garante della privacy per avere uno strumento semplice e facile che permetta ai presidi tutte le mattine di controllare chi ha il disco verde e chi il disco rosso». Patrizio Bianchi, ministro dell'Istruzione, ieri a Morning news, la trasmissione in onda su Canale 5, l'ha fatta facile.

Le parole che ha sparso erano rassicuranti, senza dubbi, quasi che tutto fosse sotto controllo. In realtà, a un paio di settimane dall'inizio delle lezioni, di sicuro c'è ben poco, se non che sono trascorsi più di sei mesi da quando il professore di Ferrara ha preso il posto di Lucia Azzolina, ma grandi cambiamenti non si sono registrati. In particolare, nulla si sa di come al ministero intendano evitare un ritorno alla famigerata Dad, la didattica a distanza che tanto ha condizionato gli andamenti scolastici nell'ultimo anno. La verità è che, nonostante il ministro diffonda messaggi rasserenanti, gli strumenti con cui verrà affrontata la situazione di emergenza venutasi a creare con la pandemia ancora non ci sono. Sì, il governo ha introdotto l'obbligo del green pass per i docenti e per il personale scolastico, ma i controlli nessuno sa a chi saranno affidati. Ieri Bianchi ha parlato di un'applicazione «semplice e facile» che consentirà ai dirigenti d'istituto di conoscere chi ha il certificato verde e chi no. Tuttavia, visti i precedenti in materia di controlli online, si fa fatica a non diffidare, soprattutto quando la piattaforma arriva all'ultimo minuto prima che suoni la campanella. Ricordate la app Immuni, quella che doveva tracciare i contagiati? Beh, non ha mai funzionato, tanto che all'improvviso, prima ancora che cadesse Giuseppe Conte, è scomparsa dai radar. Qualche problema si registra anche con l'app che verifica il green pass, ma diciamo che questi al momento non preoccupano. Che succederà però quando ogni giorno si dovranno verificare i certificati di oltre 1 milione di persone? Soprattutto, come si distingueranno i green pass rilasciati dopo che il docente o il collaboratore scolastico si è vaccinato da quelli frutto di un tampone vaccinale effettuato 48 ore prima di recarsi a scuola?

Vi sembrano problemi di lana caprina? Mica tanto, perché uno dei paletti messi dal Garante della privacy e soprattutto dai sindacati è che non si possono discriminare gli insegnanti, né violare la riservatezza dei dati sanitari. Dunque, l'applicazione non può svelare se si è vaccinati o meno, ma solo dire se si è abilitati all'ingresso nell'istituto scolastico oppure no. Perciò ogni giorno qualcuno (il preside, una segretaria o un bidello) dovrà prendersi la briga di scorrere l'elenco del corpo docente e di accertare che possa entrare in aula. Ma come la mettiamo con un insegnante non vaccinato che sabato mattina si sia fatto un tampone e risulti dunque essere in regola per fare lezione? Se il tampone è fatto alle 9 di sabato, alle 8 di lunedì, quando varcherà l'ingresso della scuola, per dirla con Bianchi avrà disco verde. Ma già alle 9.15 il suo green pass sarà scaduto e dunque che facciamo in questo caso, lo rimandiamo a casa? E con i docenti che hanno il certificato verde perché hanno fatto la prima dose ma non la seconda, come ci comportiamo? Per non dire poi del personale che non è tenuto a esibire il lasciapassare, ovvero quei dipendenti ausiliari che non rientrano nelle disposizioni ministeriali, ma che circoleranno all'interno della scuola senza assicurare nessuna immunizzazione. Infine, ci sono circa 8 milioni di studenti per i quali non è previsto nulla, se non la raccomandazione di tenere le finestre aperte anche d'inverno in modo che le aule siano sempre ben arieggiate e il virus non ristagni nei locali.

Bastano queste semplici descrizioni per capire che ancora una volta quello che ci attende non sarà un anno scolastico normale, perché c'è il rischio che si ripeta quanto accadde nel 2020, con il ritorno in aula. Dopo le rassicurazioni del ministro Azzolina, l'acquisto dei banchi a rotelle e le disposizioni per misurare la febbre a casa, le lezioni furono sospese a causa dell'aumentare dei contagi. Qualcuno a questo punto potrebbe chiedersi che cosa fare in luogo del giornaliero controllo del green pass. Beh, magari evitare gli affollamenti, ridurre il numero di studenti nelle classi e differenziare pure gli orari di ingresso, tutte cose di buon senso che però ai sindacati, cioè ai veri padroni della scuola, non piacciono, preferendo soluzioni di facciata. Bianchi ieri ha anche detto che il ministero ha un controllo millimetrico di ciò che accade e ha aggiunto che le classi pollaio sono solo il 2,9 per cento, per il resto non si superano i 27 studenti. Ci fa piacere, ma dal responsabile dell'Istruzione vorremmo sapere quanto sono grandi le aule e, soprattutto, perché in sei mesi non ha fatto in modo che quel 2,9 per cento di classi sovraffollate non ci fosse. Già, perché non basta eliminare i banchi a rotelle ordinati dal duplex Azzolina-Arcuri. Poi le rotelle bisogna anche farle funzionare.

Fece morire di fame la figlia di 18 mesi. Ma i giudici in appello le tolgono l’ergastolo
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.

L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.

Roberto Crepaldi: «Altro che deriva autoritaria, la riforma dà troppi poteri ai pm»
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».

È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.

Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.

Antonella Sberna (Totaleu)

Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.

«In Nigeria il genocidio dei cristiani che il mondo finge di non vedere»
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».

Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.

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