2020-06-07
Da ateo difendo la famiglia naturale. La legge anti omofobia è liberticida
Non credo in Dio, ma nella natura che ci ha dato uomo e donna per portare avanti la specie. Lotterò per il mio diritto di dire ciò che penso in barba alla sinistra che vuole mettere fuori legge chi non si allinea.Io sono ateo. Non credo in un dio e non sono condizionato da alcun valore religioso. Credo, invece, nella natura. Sì, proprio quella natura in cui un essere umano biologicamente maschile si unisce a un essere umano biologicamente femminile per procreare un altro essere umano, da allevare ed educare, cui è affidato il compito di garantire la continuazione della specie. Credo, quindi, da ateo, che si possa parlare di famiglia solo all'interno della relazione tra un'esemplare maschio e un esemplare femmina della razza umana e che la prole debba essere allevata da una figura maschile e da una figura femminile. Uomo e donna sono differenti non perché lo dice un determinato contesto culturale e sociale, o perché lo dica un dio e qualche religione, ma semplicemente perché così ha stabilito la natura. Tutta questa premessa per dire che io vorrei continuare, da ateo, a professare pubblicamente le opinioni e le idee in cui credo. Consta, infatti, che ci siano ben cinque proposte di legge depositate alla Camera dei deputati che vorrebbero, invece, far considerare discriminatorie le mie opinioni e le mie idee. Mi riferisco, in particolare alle proposte che portano i nomi dei relativi primi firmatari, ossia Boldrini, Scalfarotto, Zan, Perantoni, Bortolozzi. Bene, questi signori vorrebbero estendere il reato che oggi punisce chi fa propaganda o istiga alla discriminazione per alcuni motivi, tra cui quelli razziali ed etnici, anche a chi «discriminerebbe» per ragioni legate all'orientamento sessuale o all'identità di genere. Negare agli omosessuali l'istituto del matrimonio o dell'adozione sarebbe considerato discriminazione. Ora, premesso che io non ho nessun giudizio di carattere morale nei confronti degli omosessuali o dei transessuali, qualcosa non torna. Per quanto mi riguarda ognuno sotto le lenzuola di casa sua può fare quello che vuole, può portarsi a letto chi vuole, può convivere con chi vuole dato che siamo solo esseri biologici e che il peccato - invenzione delle religioni - non esiste. Per me un uomo può convivere con un altro uomo, o con due, o con quattro o altri nove, se riescono a stare tutti in un appartamento. Ma una simile comunità non può definirsi famiglia. Si può chiamare come si vuole, ma non può essere la «società naturale fondata sul matrimonio» di cui parla l'articolo 29 della nostra laicissima Costituzione. Primo, perché dieci uomini non potrebbero comunque mai generare nulla unendosi carnalmente tra di loro, secondo perché non potrebbero educare nessun figlio con una piena complementarietà, visto che mancherebbero quelle funzioni che la natura - non la società né tantomeno un dio - ha attribuito all'essere umano biologicamente femminile. È vero che esistono anche gli orfani, ma queste sono disgrazie che possono purtroppo capitare, ma che non si augurano a nessun bambino. Sull'idea, poi, che uno possa sentirsi maschio o femmina indipendentemente dalla propria struttura biologica, sessuale, cromosomica e dal proprio Dna, non voglio neppure esprimermi. Dico, da ateo e convinto naturalista, che questa idea è semplicemente delirante.Sempre da ateo, e d'accordo con molte femministe, vorrei anche precisare che sono assolutamente contrario a quella barbara pratica definita «utero in affitto» che presuppone lo sfruttamento del ventre di una donna e degrada l'essere umano a oggetto di una transazione commerciale. Non vorrei, anche per questo, essere considerato un razzista qualora dovessero venire approvate le summenzionate e assurde proposte di legge.Ma non si tratta solo della mia libertà d'opinione. Io ho un figlio di sette anni e vorrei educarlo secondo una prospettiva che rispecchia quello in cui credo. Vorrei insegnargli, da ateo, che cosa è una vera famiglia naturale, che cosa sono un padre e una madre biologicamente differenti, e che non è giusto sfruttare una donna per creare esseri umani da vendere a ricche coppie etero o omosessuali che siano. I signori delle menzionate proposte di legge vorrebbero quindi restringere anche il mio sacrosanto diritto all'educazione dei miei figli, garantito non solo dalla Costituzione italiana, ma anche dall'articolo 26, terzo comma, della Dichiarazione universale dell'uomo. Io mi diletto anche a scrivere articoli e vorrei continuare a farlo senza essere limitato da norme che vorrebbero equiparare gli omofobi ai razzisti. In questo caso, le citate proposte di legge all'esame del Parlamento, qualora approvate, limiterebbero il diritto costituzionale alla libertà di stampa.Devo confessare che non sono l'unico ateo a pensarla così. Siamo in diversi, e con alcuni amici, in particolare, abbiamo deciso di costituire un'associazione per difendere in maniera assolutamente laica l'idea che abbiamo di famiglia, di educazione dei figli, di natura, di libertà. Scopro, invece, che sempre i signori delle citate proposte di legge vorrebbero negarci anche questa possibilità. Esattamente come per i razzisti, infatti, sarebbe «vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione per motivi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere». Ma in questo modo verrebbe violata anche la libertà di associazione garantita dall'articolo 18 della Costituzione. Mi dicono che le dette proposte di legge stiano procedendo a tappe forzate e con un'inusitata accelerazione anche nel particolare momento storico che stiamo vivendo. Mi chiedo se questa possa davvero essere considerata una priorità assoluta per il nostro Paese e mi domando perché i politici non si preoccupino piuttosto di aiutare chi è davvero in difficoltà e sta aspettando ancora dal mese di marzo fantomatici contributi che - pare per problemi burocratici - ancora il governo non riesce a far recapitare ai destinatari. Mi chiedo, inoltre, se ci sarà anche il tempo per un serio dibattito pubblico su una questione così delicata che attiene alla libertà di milioni di nostri concittadini.Io non sono omofobo, né tantomeno razzista, ma sono molto, molto geloso della mia libertà e mi batterò, da ateo e laico quale sono, per difendere fino alla morte le libertà fondamentali di tutti gli italiani, a cominciare da quelle riconosciute, garantite e tutelate dalla Costituzione: la libertà di opinione (articolo 21), la libertà di educazione (articolo 30), la libertà di associazione (articolo 18), la libertà di stampa (articolo 21).Ciascuno faccia del proprio corpo e della propria vita ciò che vuole. Ma le sue voglie e la sua libertà devono finire dove cominciano le libertà fondamentali riconosciute costituzionalmente a favore di tutti gli altri membri della società. Mi pare una considerazione elementare.
Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco
Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.
Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».
La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.
Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.
«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».
Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.
Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.
Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».
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