Domani il vertice: Kkr vuol acquisire il diritto a cablare le zone grigie. Però se le cede il gruppo concorrente rischia grosso.
Domani il vertice: Kkr vuol acquisire il diritto a cablare le zone grigie. Però se le cede il gruppo concorrente rischia grosso.Domani riunione fondamentale per il futuro delle aree connesse e a cascata per la rete unica. Sotto la sorveglianza del dipartimento dell’innovazione di Palazzo Chigi, guidato dal sottosegretario Alessio Butti, si incontrano i rappresentanti di Open Fiber, di Fibercop e i delegati di Mef e Cdp. Oggetto, la richiesta di Fibercop di acquisire le zone grigie e portare avanti la propria attività in blocco anche su quelle. La proposta sarebbe quella di subentrare al costo di investimento valutando solamente i clienti attivi. Successivamente scatterebbe la due diligence e al termine verrebbe definito il prezzo finale. Open Fiber, controllata al 60% da Cdp, non sarebbe dell’idea. Ritenendo che per i consensi delle banche (che hanno erogato prestiti miliardari) e le vertenze sindacali servirebbero mesi. Evidentemente si ritiene che il costo di investimento non è un parametro idoneo per avviare la pratica. D’altro canto, viste anche le tensioni pregresse legate al conteggio esatto dei civici raggiunti, Open Fiber sarebbe pronta a ribattere con una contro proposta. Cioè chiedere la riduzione del numero complessivo dei civici da cablare (tra i 200 e i 250.000), con uno storno dei contributi che potrebbe essere usato da Infratel per versare a Open Fiber extra fondi legati alla progressione dell’inflazione. A metà partita entra anche la questione dei civici di prossimità che consentirebbe il raggiungimento dei milestone in tempi più rapidi, in particolare in regioni come la Toscana. Anche qui ci sono contenziosi incrociati con tanto di segnalazioni all’autorità della Concorrenza e del Mercato. Senza però entrare in altri dettagli, un nulla di fatto domani apre una serie di strade che rischierebbero di impattare sull’intero piano Italia 1 giga. Per allungare il progetto servirebbero svariate centinaia di milioni oppure si metterebbe in crisi il percorso collegato al Pnrr. Senza contare che esiste un problema di manodopera specializzata, problema che sommato agli altri temi contribuisce al ritardo complessivo. Gli ultimi dati registrano circa 300 pratiche per 500 chilometri di rete in ritardo, soprattutto nell’area Nord Ovest e Centro Italia. Così da portare alla data del 30 aprile scorso il numero complessivo dei civici collegati da Open Fiber a 1 milione circa e 800.000 quelli in pancia a Fibercop. È chiaro che la tensione politica attorno al progetto fatica a stemperare. Non solo perché ci sono in ballo i fondi del Pnrr, ma anche perché dalle parti del Mef hanno ben chiaro che in ballo c’è la partita delle rete unica che a sua volta coinvolge i grandi fondi che sono entrati nella partita come Kkr. D’altro canto Open Fiber senza l’intero blocco delle aree grigie sarebbe costretta a rivedere il valore complessivo degli asset di proprietà con la conseguente rivalutazione della sostenibilità del debito. I nodi rischiano di arrivare al pettine dopo anni di rilancio e di tentativi di mediazione. Va ricordato che Fibercop è una costola di Tim, il risultato di un’operazione da 18,8 miliardi di euro, conclusa lo scorso luglio, che ha generato una platea di azionisti con obiettivi misti, se non contrapposti. A capo c’è il fondo americano Kkr con il 37,8 per cento; al 17,5 seguono un fondo pensionistico canadese e un fondo sovrano emiratino; al 16 il ministero dell’Economia; a 11,2 il fondo infrastrutturale italiano F2i. A tutto ciò si aggiunge un contratto pluriennale con Tim e una valorizzazione di circa 2 miliardi. Se l’obiettivo del Mef è quello di raggiungere la soluzione che porti a una rete unica è facile immaginare che in qualche modo Open Fiber e Fibercop trovino una sorta di consolidamento. E su questo la Commissione Ue non dovrebbe intervenire né a gamba tesa né con particolari osservazioni. La componente industriale resta però predominante e la battaglia sui civici è l’elemento decisivo. Con l’ingresso di Poste in Tim, il governo ha scongiurato situazione complesse con azionisti stranieri, ma chiaramente non basta per riorganizzare il quadro della rete unica. A questo punto vedremo che succederà domani e come reagiranno le parti in causa. Di certo c’è che le telecomunicazioni rimangono una partita bollente su uno sfondo in continuo tumulto tecnologico.
Ansa
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