2021-09-24
Se critichi la religione del vaccino sei pazzo e pure genitore degenere
L'ultimo stadio della guerra mossa dallo «scienziato unico» a chi ha dubbi o sceglie i tamponi è inquadrarlo come uno squilibrato. Con un odioso carico ulteriore: metterne in dubbio la capacità di crescere un figlio.Mancava in effetti l'ultimo tassello per completare il mosaico del mostro no vax. I refrattari alla puntura sono stati prima indicati come assassini, poi come fascisti, poi come terroristi. Adesso le loro posizioni - legittime e protette dalla Costituzione - vengono definitivamente patologizzate: il no vax può essere trattato a tutti gli effetti come un malato di mente, e con lui chiunque si opponga al green pass (lasciapassare e vaccino, nella narrazione dominante, sono divenuti una cosa sola) o osi criticare l'esondazione governativa degli ultimi giorni. Sul Corriere della Sera, con il consueto tono beffardo, Goffredo Buccini se la prende con chi sostiene che esistano cure efficaci (magari non totalmente risolutive, ma efficaci) contro il Covid. Spiega che si tratta di una manica di complottisti e descrive il «fazioso digitale» come «un monomaniaco compulsivo che passa il tempo a cercare evidenze per le proprie teorie», definizione che per altro si adatta perfettamente alla grandissima parte dei talebani vaccinisti (medici e non) che imperversano sui media.Su Repubblica prende la parola addirittura uno psichiatra, Vittorio Lingiardi. Costui attacca spiegando che l'Oms «indica la diffidenza verso i vaccini come una delle dieci principali minacce contemporanee alla salute pubblicata»(così viene subito ribadito il concetto: i presunti no vax sono pericolosi). Poi, per far capire che sta dicendo una cosa molto seria - scientifica - Lingiardi cita la Annual Review of Public Health e sottolinea che «il problema ha un nome ufficiale», ovvero vaccine hesitancy and refusal. Non è scritto esplicitamente, ma è facile cogliere il messaggio: chi rifiuta il vaccino soffre di gravi problemi, e andrebbe curato. Soprattutto, bisogna monitorare attentamente i soggetti devianti che non vogliono vaccinare i loro figli, in quanto vittime «di false credenze, di tipo magico o politico». Lingiardi fornisce anche un utile identikit dei «genitori no vax»: «Apprensivi, angosciati, ideologici, male informati, antimedici arrabbiati, medicamente alternativi». Insomma, individui un po' disturbati. Che fare, con costoro? Facile: si deve «riconoscere e intercettare (con l'aiuto di pediatri e psicologi) le loro titubanze e i loro pregiudizi». Chiaro? Bisogna che questi no vax siano esaminati da esperti, i quali - supponiamo - dovrebbero essere chiamati a valutare il loro stato mentale. Qui bisogna prestare molta attenzione. Lo psichiatra di Repubblica non si limita a dire che i presunti no vax sono sostanzialmente anormali. Egli, sottilmente, riduce a «no vax» i genitori dubbiosi o apprensivi. Giova ricordare che non sono «i malati di mente» ad essere contrari all'iniezione per i più piccoli, ma fior di pediatri, ricercatori, luminari della medicina di livello internazionale. Ovviamente, però, Lingiardi preferisce non tenerne conto: molto meglio raccontare l'esistenza di una platea di persone fragili, complottiste e turbate che vanno aiutate e ritrovare la retta via. Lo psichiatra arriva addirittura a sostenere che «i pregiudizi vaccinali dei genitori compromettono lo sviluppo della fiducia di base, ma anche la costruzione dei legami tra pari». In buona sostanza, siamo a un passo dall'affermare - come ha fatto nei giorni scorsi un'ex vicesindaco di sinistra milanese - che ai no vax andrebbero tolti i figli. Di regimi politici pronti a mettere la prole contro i genitori ne abbiamo visti alcuni, e non erano granché piacevoli. C'è poi un aspetto laterale ma curioso della faccenda. Lingiardi è noto soprattutto per i suoi scritti in materia di gender, è un grande sostenitore della causa trans, tiene lezioni sulla disforia di genere ed è favorevole all'uso di farmaci bloccanti della pubertà sui ragazzi. Direte: che c'entra col vaccino? Beh, c'entra eccome. Perché se si comincia a ritenere inadatto il genitore che rifiuta un trattamento sanitario al figlio oggi, domani allo stesso genitore potrebbe essere impedito di opporsi alla medicalizzazione del pargolo convinto di cambiare sesso. Le questioni sono ovviamente diverse, ma la linea di pensiero è fondamentalmente la stessa, e le argomentazioni utilizzate sono le medesime: chi non si piega a «Lascienza» è un deviante, un pericoloso oscurantista, uno che non può crescere bambini equilibrati. E vai con l'interdizione, con l'espulsione. Viene da pensare che avesse ragione René Girard quando scriveva che «la compassione obbligatoria in vigore nella nostra società autorizza nuove forme di crudeltà». Il no vax, ormai da mesi, è stato scelto come capro espiatorio, ne emana l'odore nauseabondo. Come è noto, tradizionalmente il capro va al più presto allontanato dalla città - cioè espulso dal consesso civile - onde liberare tutti gli altri (e, nel nostro caso, soprattutto il governo) dai loro peccati. Scriveva sempre Girard che oggi «vogliamo tutti convincerci di nutrire soltanto risentimenti legittimi e odi giustificati». In realtà, fin troppo spesso, e senza rendercene conto, stiamo semplicemente partecipando alla frenesia dionisiaca del sacrificio, all'orgia di violenza collettiva. Una violenza alimentata quotidianamente da personaggi come Roberto Burioni. Il noto castigatore di somari di recente ha scritto su Twitter: «Se uno non si lava e puzza non viola alcuna norma, ma la gente lo scansa. Vale lo stesso per chi si tampona per evitare il vaccino. Bene così giusto così». Siamo esattamente dalle parti del capro espiatorio di Girard, cattivo odore compreso. Secondo Burioni, «chi non si vaccina e ottiene il green pass con il tampone […] rispetta la legge, ma non può pretendere di evitare la riprovazione morale e sociale di chi vaccinandosi il proprio dovere l'ha fatto». Vale la pena soffermarsi un secondo su tale discorso, oggi molto in voga. Per prima cosa, occorre ricordare che - non essendoci obbligo vaccinale a norma di legge - rifiutare l'iniezione è concesso, anzi è un diritto costituzionale. Chiaro: come spesso accade, può essere che la legge tolleri ciò che la morale disapprova. Da qui una delle applicazioni della «moral suasion»: non ti impedisco di fare qualcosa, ma cerco di convincerti a non farla. Il problema è che, nella logica di Burioni, la bastonata diventa persuasione. L'invito è a trattare da paria chi, appunto, rispetta la legge. Riprendiamo l'esempio utilizzato nel caso di Lingiardi: pensate a che cosa succederebbe se lo stesso metodo fosse utilizzato con i transessuali, esattamente con la stessa foga dimostrata da Burioni. Cambiare sesso è consentito dalla legge, ma i comuni cittadini, per mostrare la loro riprovazione, potrebbero costringere i trans a «cenare da soli», potrebbero trattarli come gente «che puzza». Dopo tutto, legge e morale non devono per forza coincidere, no? Viene poi da chiedersi, in conclusione, quale sia la morale a cui fa riferimento il castigatore di somari. Come noto, i grandi sistemi religiosi e ideologici dell'Occidente sono da tempo in crisi. La morale predominante, oggi, è quella espressa da «Lascienza», riassumibile così: «È concesso (anzi: si deve) fare tutto ciò che la tecnica permette di fare». E allora dove sta il limite? Se seguiamo questo sentiero chi ci potrà impedire, domani, di deplorare un'altra bioclasse? Brutti, grassi, malati… C'è solo l'imbarazzo della scelta. Di capri espiatori, da quando il mondo esiste, ce n'è sempre in abbondanza.