2024-02-01
Se osi criticare Amato sei un fascista
Giuliano Amato (Imagoeconomica)
L’ex capo della Consulta ci fa la morale: «Si contestano le opinioni, non le persone». Non è vero: un’idea cammina sulle gambe degli uomini ed è giusto valutare questi ultimi. E poi è lui stesso a contraddirsi, visto che ci accusa di essere dei manganellatori.Si può criticare un tizio che, con il favore delle tenebre, ti ha messo le mani in tasca e scippato i risparmi? Si può dire che il suddetto tizio ha cambiato tutte le casacche possibili, passando dal Psi al Psiup perché contestava l’alleanza con la Dc, per poi ritornare nel Psi una volta fallito il Psiup e da qui, per completare l’opera, tentare l’approdo a un partito fondato da un ex democristiano? No, perché se critichi il soggetto in questione sei un fascista. È questo il succo dell’intervista a doppia pagina che Giuliano Amato ha rilasciato per l’ennesima volta a Repubblica. Ennesima in quanto quella di ieri è almeno la terza lenzuolata che ci viene offerta in pochi mesi. Prima, l’ex premier si è ricordato con quarant’anni di ritardo che a far cadere l’aereo dell’Itavia nel mare di Ustica fu un missile francese. Poi, in anticipo sui tempi, si è incaricato di affossare la riforma costituzionale del governo Meloni, evocando pericoli per la democrazia. Infine, eccolo qui, con l’accusa di fascismo nei confronti di chiunque lo critichi e dunque principalmente nei nostri confronti, che non abbiamo risparmiato appunti all’ex presidente della Corte costituzionale (eh sì, Amato è un ex tutto, e proprio per tale ragione sta sempre in tutte le camarille) e per questo siamo chiamati in causa e accusati di essere manganellatori.Prima di entrare nel merito, viene però spontanea una domanda: ma a Repubblica sono davvero così a corto d’argomenti da dover ogni mese intervistare Amato? Forse non sanno più come riempire le pagine, visto che l’ottuagenario dottor Sottile, per illustrare il suo pensiero, ne occupa sempre due. Ma a parte queste considerazioni, come si motiva l’accusa di fascismo nei nostri confronti? La colpa, come detto, sarebbe stata quella di aver messo Amato alla berlina più volte. Prima sulla vicenda di Ustica, dove l’ex premier si è presentato come una specie di super testimone salvo poi fare retromarcia quando la faccenda è diventata argomento da Procura. Poi con la storia della deriva autoritaria per una riforma che attribuisce più poteri al presidente del Consiglio, dimenticando che nel passato fu lui stesso a sollecitare un cambiamento della Costituzione in tal senso. Ai nostri giudizi, certamente severi, Amato ha replicato ieri scomodando addirittura Pietro Nenni, storico segretario del Partito socialista nel dopoguerra, l’uomo che tenne a battesimo il centrosinistra da cui proprio l’ex presidente del Consiglio si dissociò. «Se avete una critica da muovere, criticate sempre le idee e mai le persone, perché questo lo facevano i fascisti e noi siamo diversi». Eh già, siamo alla superiorità morale della sinistra. Peccato che le idee viaggino sulle gambe degli uomini e quelle di Amato siano storpie da decenni. Ribadisco: come si fa a dimenticare che con un colpo di mano, da premier in carica alla fine della prima Repubblica, mentre già il sistema iniziava a scricchiolare, lui ne approfittò per svaligiare i conti correnti non dei grandi gruppi, ma delle vecchiette che li avevano lasciati incustoditi in banca? E come si possono dimenticare le giravolte che lo hanno portato ad allearsi con tutti salvo poi voltar loro le spalle al momento giusto? Oltre ad aver occupato ogni poltrona, godendo i frutti di numerosi trattamenti previdenziali, è stato servitore di più padroni. I francesi quando i nostri cugini erano in auge, i tedeschi quando se ne presentò l’occasione, gli italiani quando al governo c’era la sinistra, ma senza in precedenza aver mai fatto grande differenza fra socialisti e democristiani.Ma per seguire il ragionamento dell’ex premier, lasciamo da parte per un attimo la sua storia, che già parla da sola, e concentriamoci sulle idee, omettendo che camminino sulle sue gambe. Che dice Amato, che si devono criticare le opinioni? Ebbene, se noi critichiamo lui per le sue opinioni (su Ustica, sulla riforma costituzionale e sui pericoli di una deriva autoritaria della nostra Repubblica), perché ci insulta, accusandoci di essere fascisti? Se è vietato dire che lui ha cambiato spesso casacca e ha scippato i risparmi (cose peraltro vere), perché invece di replicare nel merito dev’essere legittimo per lui sostenere che siamo fascisti (cosa peraltro falsa)? Di sé l’ex presidente della Consulta dice che non sa usare la clava, ma preferisce il bisturi. Gli italiani lo sanno, avendolo visto nelle sue mani nel 1992. Ma ora egli vorrebbe usarlo per incidere pesantemente la democrazia, recidendo con un taglio netto quella parte della Costituzione che stabilisce la sovranità della Repubblica in capo al popolo. Infatti, nell’intervista a Repubblica Amato sostiene che la Consulta ha il compito di sindacare le leggi, e fin qui ci siamo. Poi però aggiunge che le leggi le fanno le maggioranze parlamentari, «quindi la Corte costituzionale ha il compito di sindacare le maggioranze». No, le maggioranze le decidono gli elettori, non quindici nominati che non hanno una legittimità popolare. Loro sono chiamati a valutare la rispondenza fra le leggi e la Costituzione. Nulla di più. Perché se così non fosse sarebbero quindici autocrati, con un potere assoluto che non deriva da un mandato popolare. Lo so che questo è ciò che lui e altri come lui, a cominciare da Marta Cartabia, vorrebbero: poter sindacare direttamente le maggioranze, ovviamente di centrodestra, per impedire cambiamenti della Costituzione nonostante un mandato popolare. Questo sì, però, che si chiama fascismo. Il fascismo di una minoranza nominata da un establishment che si sente sovrano.
Eugenia Roccella (Getty Images)
Carlotta Vagnoli (Getty Images)