2024-12-03
Le sfide di Stellantis: riavvicinarsi a Trump e non farsi mangiare dalle case di Pechino
La linea di montaggio della Jeep (Getty Images)
Il futuro si gioca negli Usa tra rischio dazi e vendite ai minimi. Poi c’è la Cina che drena quote e stringe alleanze con il gruppo.Ieri il presidente dell’Uaw il potente sindacato dei metalmeccanici americani, Shawn Fain ha brindato alle dimissioni di Carlos Tavares, definendole un «importante passo nella giusta direzione per l’azienda». In una nota, ha spiegato che «in migliaia», nel sindacato hanno chiesto a Stellantis di licenziare Tavares a causa della sua «sconsiderata cattiva gestione». E quindi, ha aggiunto, «siamo lieti di vedere che l’azienda ha risposto alle pressioni e ha corretto la rotta». Difficile che l’addio del manager basti a ricucire i rapporti ormai ai minimi termini non solo con il sindacato ma anche con i concessionari Usa che hanno criticato aspramente le strategie commerciali del gruppo a causa dei listini troppo alti e del degrado dei marchi, accusando l’azienda di aver preso decisioni di breve termine che hanno ridotto le quote di mercato e danneggiato Jeep, Ram, Dodge e Chrysler. Tanto che l’Uaw ha parlato di speculazione sui prezzi e di non rispetto dei contratti sindacali.Sullo sfondo ci sono i dati delle vendite: Stellantis ha registrato un rallentamento degli ordini e quindi sono aumentate le difficoltà per i concessionari nel ridurre i propri stock di veicoli. Nei primi nove mesi del 2024, le vendite complessive negli Stati Uniti sono crollate del 17%. Nel terzo trimestre, le consegne sono state pari a 299.000 unità, in netto calo rispetto alle 470.000 dello stesso periodo dell’anno precedente. I ricavi sono così scesi da 21,5 a 12,4 miliardi di dollari. Secondo il quotidiano The Detroit News, tra luglio e settembre le vendite dei principali marchi nordamericani sono andate ancora più giù: Jeep ha segnato un calo del 6%, Ram Trucks ha perso il 19%, mentre Chrysler ha subito un tracollo del 47%. Perfino modelli di punta come la Jeep Wrangler e la Jeep Grand Cherokee hanno accusato rispettivamente una flessione del 14% e del 6%. Secondo i dati forniti dai concessionari, servono 131 giorni di domanda per smaltire le scorte del Ram 1500 pickup, 41 giorni più della concorrente Chevrolet Silverado. La Jeep Wagoneer ha scorte nei piazzali per 137 giorni di domanda, 22 giorni più della Ford Expedition. A poco è servito riorganizzare, ad ottobre, il vertice nordamericano sostituendo il responsabile di mercato, Carlos Zarlenga, e la direttrice finanziaria, Natalie Knight. Il motivo principale della rottura tra Tavares e gli azionisti, da Exor al governo francese, sarebbero proprio i deludenti risultati ottenuti in Nord America, una regione strategica per i profitti del gruppo.La notizia delle dimissioni non è del tutto una sorpresa ma lascia l’azienda senza amministratore delegato in un momento in cui è necessario prendere una serie di «decisioni critiche». Chiunque prenderà la guida del gruppo al posto di Tavares dovrà inoltre gestire le possibili controversie commerciali minacciate dal presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, che vuole inasprire i dazi. Nel corso di un comizio elettorale in Michigan Trump aveva spiegato che in caso di vittoria avrebbe imposto dei dazi del 100% qualora Stellantis dovesse decidere di spostare parte della sua forza lavoro negli Stati Uniti in Messico dove vengono attualmente prodotti le Jeep Wagoneer e i pick-up del marchio Ram. A ottobre, inoltre, circa 80 membri del Congresso hanno esortato il gruppo nato dalla fusione tra Fca e Psa ad onorare gli impegni di investimento presi con il sindacato. Minacciando di ritirare i fondi statali se gli accordi non verranno rispettati.Intanto, per almeno sei mesi, il comitato di «guerra» presieduto da Elkann - che guarda caso ieri era proprio negli Stati Uniti - dovrà impegnarsi a ricucire molti rapporti su entrambe le sponde dell’Atlantico (giusto pochi giorni fa Tavares aveva anche annunciato la chiusura dello storico stabilimento di Luton, in Gran Bretagna).La sopravvivenza di Stellantis si gioca soprattutto negli Usa, dove c’è un enorme problema fatto di accumulo di scorte e forte calo della domanda, ma dipende anche dalla Cina. Non è un caso che John Elkann l’altra sera abbia comunicato telefonicamente le dimissioni di Carlos Tavares non solo alla premier Giorgia Meloni (con tutti i bonus e incentivi presi dal gruppo negli anni ci mancava solo che non informasse Palazzo Chigi) ma anche al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Una cortesia istituzionale? Non solo. Perché solo qualche settimana fa, il 9 novembre, proprio mentre in America saliva la tensione con i sindacati, il presidente di Stellantis era volato in Cina e insieme al presidente Mattarella aveva inaugurato la Cattedra Agnelli di cultura italiana, istituita presso l’università di Pechino. Una cattedra che prevede una rotazione ogni sei mesi e il primo incarico è stato assegnato all’ex premier Romano Prodi, presente a Pechino al fianco di Elkann e Mattarella. Nel frattempo, le case automobilistiche cinesi non retrocedono. Da Byd a XPeng, fino all’ultimo gigante che ha debuttato nel mercato delle auto elettriche, Xiaomi, i dati sulle consegne del mese di novembre superano le attese con incrementi a doppia cifra. Anche Leapmotor, partner di Stellantis in Europa (alleanza che ha fatto storcere il naso sia a Bruxelles sia agli Stati Uniti), ha visto crescere le vendite del 5,22% nel mese di novembre a 40.169 unità; da inizio anno, la quota si attesta a 251.207 unità, sopra il target annuale di 250.000 unità fissato dal management.