2021-12-17
Il palazzo del calcio sta crollando di nuovo
Caos Salernitana: rinviata la decisione sul trust per la doppia proprietà del club, ma la A ha rischiato di perdere una squadra. Dopo lo scandalo Viperetta e il bubbone plusvalenze, è chiaro che il governo del primo sport italiano è in una crisi nerissima.Il circo del pallone si compatta e decide l’unica strategia conosciuta, quella del rinvio. Per far capire il senso, se fosse un sorteggio lo ripeterebbero in stile Fantozzi. Il caso Salernitana, che per qualche giorno è stato un candelotto di dinamite pronto a deflagrare sulla Serie A, in pochi minuti è tornato un petardo bagnato. Senza un nuovo proprietario, il primo gennaio 2022 il club ceduto nominalmente da Claudio Lotito a un trust è fuorilegge. E da regolamento deve essere escluso dal campionato, con tutte le conseguenze del caso: punti azzerati anche alle avversarie, polemiche, torneo falsato. Per evitare un’omerica lite da ballatoio, ieri l’assemblea di Lega ha votato praticamente all’unanimità (astenuti Lotito e i gestori della Salernitana) una proroga perché «il trust che ha in carico il pacchetto societario del club abbia tempo fino a fine stagione per trovare un acquirente solido». Significa spostare il termine più in là (fine giugno) e significa soprattutto garantire la regolarità della Serie A.Ora la palla sgonfia arriva sulla scrivania del presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, che il 21 dicembre nel Consiglio nazionale della Figc dovrà ratificare e rendere operativa la proroga. È impensabile che ciò non accada, alla fine il rinvio conviene a tutti. Innanzitutto alla Lega, come spiega il numero uno Paolo Dal Pino: «È auspicabile che la Salernitana non venga esclusa. Per evitare problemi più gravi? Credo che i club amino lo sport, credo che questo basti e va da sé». Poi conviene agli stessi presidenti che hanno dormito sonni profondi fino all’altroieri. Per loro parla Urbano Cairo: «Penso che finire il campionato in 19 non sia una bella cosa, credo sia meglio andare avanti così. Non è neanche un momento facile per trovare acquirenti. Forse ci può stare, dare un po’ di tempo in più. Credo che sia giusto così». Infine conviene al «trustee» della Salernitana, l’avvocato Paolo Bertoli, che avrà sei mesi in più a disposizione per sciogliere il nodo proprietario. «Da parte nostra non è mai stato posto un vincolo di prezzo. La garanzia che chiediamo è che un eventuale investitore si dimostri solido, perché la squadra e i tifosi lo meritano».In tutta questa vicenda c’è un convitato di pietra che ha preferito rimanere ai margini. È l’ex comproprietario del club, Lotito (l’altro è il suo socio Marco Mezzaroma), consigliere di Lega e consigliere federale, bersaglio di una contestazione permanente da parte dei tifosi di Salerno, i primi ad essere giustamente esasperati dalla situazione. Ieri in Lega a Milano lo ha accolto uno striscione definitivo: «Liberate la Salernitana da questa gente». Il presidente della Lazio si professa estraneo: «Io ormai sono fuori, non ho nessun potere, i tifosi chiedano a chi governa il club». Lo scenario è un classico della commedia all’italiana: nessuno ha fatto nulla, nessuno muove un dito. Al massimo si rinvia. È l’eterna sospensione dell’esistenza, è la tradizione del mondo del pallone di non prendere mai alcuna decisione davanti a casi clamorosi, sotto gli occhi dell’opinione pubblica. Le regole? Volatili. C’è sempre una deroga pronta. Così la Salernitana continua ad essere una mina vagante, semplicemente perché due anni fa né Federcalcio, né Lega e neppure il Coni del divino Giovanni Malagò ebbero il coraggio di costringere Lotito a vendere, facendo valere la regola che le multiproprietà valgono per la casa vista mare ma non per i club di calcio (Lazio-Salernitana ma anche Napoli-Bari di Aurelio De Laurentiis, prossima emergenza scritta).Mentre i network digitali trasmettono nel futuro le partite, il calcio italiano sembra fermo agli anni Ottanta, fra anacronismo e immobilismo. Non è questione di volti e di nomi, è questione di metodo, sempre lo stesso: la strategia dello struzzo con la testa nella sabbia. Mai una presa di posizione frontale nel rispetto delle regole condivise; qui si tratta sempre. Un governo del pallone che non entra nel merito degli scandali, che è felice solo di archiviarli, che ha lasciato per anni Massimo Ferrero detto il Viperetta banchettare sui conti di un club storico come la Sampdoria, che delega completamente alla magistratura ordinaria il compito di vigilare sull’integrità del sistema (vediamo cosa succede allo scandalo plusvalenze). Un governo simile ha senso? Il calcio costituisce lo spettacolo sportivo più importante del Paese ed è un business pazzesco: terza azienda italiana, fatturato di 5 miliardi, 12% del Pil. Tutto ciò di nuovo in fibrillazione perché, dopo l’estate trionfale degli Europei, gli azzurri rischiano di non andare al Mondiale per la seconda volta consecutiva. È giusto che un pallone così strategico venga gestito insabbiando con una mano e rinviando con l’altra? Sicuramente il caso Salernitana non poteva essere gestito in altro modo, ma solo perché ancora una volta chi doveva assumersi la responsabilità di decidere non lo ha fatto. E di proroga in proroga (l’ultima scade il 31 dicembre) si è arrivati fuori tempo massimo. A memoria, negli ultimi tempi solo una volta il governo del calcio italiano ha preso una posizione netta, perfino muscolare: davanti alla Superlega. Allora dirigenti e presidenti non temevano di parlare di «colpo di stato» e di minacciare espulsioni esemplari. Forse perché avevano le terga protette dai governi di mezza Europa. Tifosi dei più forti, ma così è facile.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.