2021-09-27
Giorgio Cremaschi: «Il green pass è solo un’arma di distrazione dalla realtà»
Il leader di Potere al popolo: «Ci nascondono licenziamenti, crisi e delocalizzazioni. Non si risolve tutto con i vaccini. E perché eravamo così impreparati alla pandemia?».«Io vedo il mondo con gli occhi del metalmeccanico, il 95% dei nostri candidati sono giovani precari. E vi dico che il green pass è una grande arma per distrarci dai problemi reali. Licenziamenti, delocalizzazioni, crisi occupazionali».Giorgio Cremaschi, leader di Potere al popolo, lei che si dichiara orgogliosamente rivoluzionario, si inchina al totem del green pass? «La guerra tra pro e contro il green pass ci allontana dalla domanda fondamentale: perché abbiamo avuto 130.000 morti? Perché siamo stati e siamo ancora così impreparati?». Già, perché? «Io sono ultravaccinista, abito a Brescia, ho perso molti amici. La storia della dittatura sanitaria la considero roba per complottisti. L'emergenza esiste ed è serissima». Però?«Però non possiamo continuare a pretendere di risolvere tutto con i vaccini. Il green pass non può essere la scusa per non fare le cose che servono: mettere in sicurezza le scuole, aumentare i treni per i pendolari, costruire un sistema di tracciamento. Chiedono il lasciapassare al lavoratore, che però per arrivare in fabbrica deve prendere un autobus iperaffollato. Che senso ha?».Da chi dovremmo imparare?«Io sono un socialista, per me il sistema cinese è il migliore». Guardi che in Cina ci sono i soldati a guardia dei condomini.«Intanto hanno avuto meno problemi, così come in Australia. Tamponi a tappeto, tracciamento, isolamento immediato delle zone colpite, lockdown mirati. In Italia non si è mai fatto nulla del genere, neanche quando si aveva il tempo di farlo. Penso al potenziamento della medicina territoriale: è rimasta solamente una promessa. E poi c'è una frase che non sopporto».Quale? «“Dobbiamo imparare a convivere con il virus". Ma quando mai? Semmai dobbiamo reagire, assumere personale, investire risorse. Rimediare ai tagli alla sanità e alle privatizzazioni degli anni passati. Insomma, non possiamo limitarci al green pass. Se oggi arrivasse un'altra variante, saremmo al punto di partenza. Questo è inaccettabile». Vige un obbligo vaccinale surrettizio? «Difatti io chiedo l'obbligo vaccinale alla luce del sole. Perlomeno per le categorie a rischio. Se imponiamo l'obbligo ai sanitari, perché non obblighiamo anche gli ultracinquantenni a vaccinarsi? Del resto, sono loro i più fragili no? Però, fino a quel momento, i tamponi devono essere gratuiti». Lo storico Alessandro Barbero dice: «È rischioso che siano le aziende a controllare i lavoratori».«E ha ragione. I controlli dovrebbe farli lo Stato. Ma sappiamo bene quanto è complicato: infatti siamo il Paese democratico con il più alto numero di infortuni mortali sul lavoro. Più che alla salute dei cittadini, il governo si preoccupa della salute degli industriali». Intanto senza le industrie farmaceutiche private oggi non avremmo un vaccino. «È una vergogna che si faccia profitto sul vaccino, per giunta sulla base di finanziamenti pubblici. Noi siamo scesi in piazza per chiedere di eliminare il brevetto, come avvenne per il vaccino contro la polio». Insomma vuole anche il vaccino di Stato? «Mettiamola così: se il vaccino è pubblico, nessuno ci mangia sopra. Quelli che hanno dei dubbi sull'efficacia del vaccino saprebbero perlomeno che non ci sono affari dietro. È un caso che la bufera abbia colpito proprio Astrazeneca, il cui vaccino costa 3 euro, mentre il modello Pfizer ne costa 20?».Tutti questi dubbi intaccano la fiducia nei vaccini?«Non puoi fare la parata in stile Figliuolo quando c'è un'opacità di fondo sugli interessi economici legati al vaccino. È un regalo ai no vax. Se entreremo in un regime di vaccinazioni periodiche e ripetute, come avviene per l'influenza, è evidente che il prodotto dovrà essere pubblico e senza scopo di lucro. Vogliamo davvero trasformare i manager delle industrie farmaceutiche nei nuovi Jeff Bezos?». Come può lo Stato produrre da solo vaccini?«A Cuba ci sono riusciti». A Cuba? Un altro dei suoi modelli? «Esatto, un Paese sotto sanzioni economiche ha prodotto il vaccino in autonomia, rispettando i requisiti Oms. Se ce l'hanno fatta loro, come può non farcela l'Europa, con la sua potenza di fuoco? Ci sono 13 vaccini riconosciuti validi dall'Oms: ma noi ne riconosciamo solo 4, guarda caso quelli che fanno capo alle multinazionali». Evoca complotti?«Nessun complotto. È tutto fin troppo chiaro. Siamo di fronte al governo dei padroni, nel senso tecnico del termine». Quali padroni? «Sul piano economico, Draghi è più a destra di chiunque altro nella storia repubblicana, nel senso che guida il governo più favorevole alla grande borghesia industriale. Ecco perché la platea di Confindustria l'altro giorno lo ha accolto come una rockstar». Una rockstar?«Sì, quell'ovazione è la fotografia dell'oggi. E la dice lunga sullo stato di salute della nostra democrazia. Abbiamo un governo da statuto sabaudo. Come quando il re nominava il premier senza che il Parlamento mettesse bocca. Viviamo l'involuzione verso un sistema autoritario». Costituzione sospesa? «La Costituzione è sospesa da tempo, e non certo per via della pandemia. L'hanno sospesa con i vincoli europei, con lo smantellamento della sanità pubblica, con le missioni militari all'estero». Come fa a dire che questo è un governo di destra? Guardi che nella maggioranza ci sono anche Speranza, Letta, Bersani…«Per come la vedo io, il quadro politico è dominato da due destre. Quella tecnocratica di Draghi e dei partiti che lo appoggiano. E poi c'è la destra reazionaria di Giorgia Meloni, alla quale però do ragione su una cosa: non è accettabile che un governo appoggiato da quasi tutto il Parlamento pretenda di procedere a colpi di questioni di fiducia e decreti legge. Con le due Camere ridotte al ruolo di esecutore. Non si può accettare». E la sinistra? «Il problema è proprio quello. Siamo l'unico Paese europeo in cui il campo della sinistra è occupato comunque dalla destra. Quella che santifica Draghi ogni giorno, che è invidiosa del suo stile, che vorrebbe stare al suo posto. Mi dia retta, quelli che in questo periodo stanno perdendo il posto di lavoro certamente non santificano il premier». Ddl Zan, ius soli, patrimoniale: non sono forse battaglie di sinistra portate avanti dal Pd?«Sono chiacchiere. Bandiere di partito per accaparrarsi voti. Come quelle di Salvini sulla legittima difesa o sull'immigrazione. Se andiamo oltre le dichiarazioni e guardiamo ai fatti, non cambia mai nulla». Il suo partito correrà anche a Siena, dove Letta non ha presentato il simbolo del Pd. «Non lo ha fatto perché sa bene che in quella città il Pd è associato al disastro del Monte dei Paschi. I grandi partiti sono come i ladri di Pisa: litigano di giorno ma poi di notte, quando parlano di banche, si trovano sempre d'accordo». E i sindacati? Si sono piegati al green pass troppo in fretta?«Si sono fatti prendere a schiaffoni dal governo. Hanno dato una risposta assolutamente inadeguata. L'11 ottobre noi scenderemo in piazza con i sindacati di base contro la politica economica del governo. Se Cgil, Cisl e Uil si decidessero a seguirci, le cose in Italia cambierebbero. Abbiamo bisogno di tornare alla lotta di classe, sfruttati contro sfruttatori». Più di 6 miliardi nel Recovery per finanziare le politiche del lavoro. Non sono pochi. «Per finanziare cosa? La formazione e l'inclusione? Andate a dirlo ai lavoratori dell'Embraco di Torino, l'ultimo grande successo di Carlo Calenda. Hanno sperimentato quelle stesse misure e adesso sono in mezzo alla strada. Quelli sono soldi distribuiti a pioggia che si traducono in affari per pochi anziché lavoro per tutti. Il problema non è formare i lavoratori, ma creare posti di lavoro e garantire quelli che ci sono già. E mettere un argine alle delocalizzazioni». Lei cosa propone? «L'unica scelta seria è quella di finanziare una riduzione dell'orario di lavoro. La settimana di 4 giorni, che stanno già sperimentando nei Paesi nordici. Che vuol dire assumere disoccupati e trasferire personale dai settori in crisi a quelli fiorenti. La verità sa qual è?».Sentiamo. «È sotto gli occhi di tutti che il capitalismo è al tramonto. Non ha più futuro. Dobbiamo riprendere il cammino del socialismo, magari aggiornandolo al presente. Ma non possiamo più pensare che la vita delle persone sia affidata esclusivamente al profitto e al mercato. Non è giusto, e soprattutto, non funziona».
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Giancarlo Tancredi (Ansa)