2019-01-17
Crediti svenduti, nuova inchiesta su Etruria
I due ex commissari della banca indagati per abuso d'ufficio. L'accusa: autorizzarono la cessione di 300 milioni di sofferenze a Fonspa, valutandole meno del valore di mercato. Gli sbancati: «Così hanno privato l'istituto di 70 milioni di potenziali rimborsi».Per capire com'è che i due ex commissari di Bankitalia, Antonio Pironti e Riccardo Sora, che gestirono la fase di risoluzione di Banca Etruria, siano finiti sott'inchiesta ad Arezzo per abuso d'ufficio, è importante tenere a mente due numeri: il 16% e il 36,3%.Al centro delle indagini, per le quali il gip ha autorizzato una proroga di sei mesi nell'ottobre scorso, c'è la presunta svendita di un pacchetto di crediti deteriorati di Banca Etruria (valore nominale 301,7 milioni) al Credito Fondiario-Fonspa avvenuta il 16 novembre 2015, cinque giorni prima della messa in liquidazione dell'istituto, di cui era vicepresidente all'epoca Pierluigi Boschi, il papà del ministro Maria Elena. Il pacchetto viene ceduto, con l'ok della Banca d'Italia, per soli 49,2 milioni di euro, cioè con una valutazione del 16% della massa creditizia. Si tratta di 1.860 posizioni riferite per due terzi a esposizioni chirografarie (quindi senza nessuna garanzia reale o personale) e un terzo a esposizioni con garanzia ipotecaria. Il che significa, stando ai calcoli contenuti nell'esposto depositato in Procura l'8 luglio 2016 da Letizia Giorgianni e Vincenzo Lacroce, in rappresentanza rispettivamente dell'associazione «Vittime del salvabanche» e degli «Amici di Banca Etruria», che una parte dei crediti sarebbero stati «coperti tra l'86 e il 97%». Tutt'altro che in sofferenza, insomma. Appena due mesi prima, gli stessi crediti erano stati valorizzati nel bilancio dell'istituto al 30 settembre 2015 con una valutazione del 36,3%. In appena 8 settimane, il valore dei crediti in sofferenza era letteralmente precipitato. Possibile?«È stata una svalutazione della svalutazione», commenta con la Verità Letizia Giorgianni, «che ha privato la banca di circa 70 milioni di euro, in pratica quanto sarebbe stato sufficiente per rimborsare almeno gli obbligazionisti che, invece, hanno perso tutto». La cessione pro-soluto dei crediti a Fonspa per 49,2 milioni è ancor più incomprensibile alla luce del fatto che Bankitalia, appena pochi giorni dopo la chiusura del contratto, riterrà congrua una valutazione prudenziale delle sofferenze più alta rispetto a quella autorizzata dai commissari (16%) di sei punti percentuali (22,4%). A dimostrazione che condizioni più vantaggiose potevano probabilmente essere strappate nella trattativa.Oltre a danneggiare la banca, che successivamente sarà dichiarata fallita e ceduta a 1 euro a Ubi, e a offrire una straordinaria occasione di profitto al Credito Fondiario, l'operazione di cessione dei crediti in sofferenza ha ripercussioni anche sull'assetto bancario nazionale. E questo perché il prezzo stabilito per i crediti in sofferenza di Banca Etruria diventa la quotazione di riferimento per stabilire le sofferenze degli altri tre istituti interessati dal salvabanche (Banca Marche, Carife e CariChieti). Quotazione, è opportuno specificare, molto al di sotto di qualsiasi altro calcolo di settore che oscilla, come abbiamo visto, tra il 20 e il 30% di media.Per questo motivo, la Procura di Arezzo (guidata dal procuratore Roberto Rossi) ha deciso di approfondire modalità e procedure della cessione del pacchetto di 301,7 milioni. Ipotizzando, a carico dei due ex commissari, che la vendita sarebbe avvenuta «a prezzi, condizioni contrattuali e tempi» tali da violare quanto disposto dal Testo unico bancario in materia di poteri dei commissari. Non solo, Pironti e Sora - secondo quanto anticipato da La Stampa di ieri - avrebbero violato il dettato costituzionale sull'imparzialità dei pubblici funzionari «tenuto conto delle disponibilità e delle offerte avanzate da terzi». Oltre a Credito Fondiario, era giunta infatti la proposta del finanziere Davide Serra di Algebris, da sempre molto vicino a Matteo Renzi. Serra avrebbe offerto 39 milioni per l'acquisto dei crediti deteriorati, avrebbe assunto i 60 dipendenti dell'istituto e si sarebbe impegnato a trovare sul mercato i fondi (400 milioni di euro) per una ricapitalizzazione della società in cambio, però, dell'azzeramento dei bond subordinati. Circostanza, quest'ultima, che in ogni caso si è verificata a tutto danno degli investitori. In Credito Fondiario-Fonspa (ora del fondo Elliott) sono passati nomi molti importanti del salotto buono della finanza nazionale e internazionale: da Piero Gnudi all'ex Bce Lorenzo Bini Smaghi (considerato di simpatie renziane), a Jean Baptiste de Franssu, presidente dello Ior. Tra i soci ci sono stati Alessandro Benetton, la famiglia De Agostini e Umberto Quadrino, ex Fiat ed ex Edison. «Noi risparmiatori di Banca Etruria», dichiara Moreno Gazzarrini, 60 anni, ex ufficiale di riscossione di Equitalia, membro del comitato empolese, «vorremmo che i colpevoli di questa incresciosa storia fossero puniti. Anche se siamo consapevoli che il processo per bancarotta è in procinto di andare in prescrizione, e quindi tutto si chiuderà in un nulla di fatto. Fa male sapere che gli unici a pagare saremo noi».
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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