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2019-12-11
Il farmacista mette sugli scaffali medicine e finanza
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In questo contesto il ruolo da protagonista ce l'ha Credifarma, la finanziaria che dal 1987 sopporta le farmacie, che oggi si inserisce in una generale trasformazione dell'azienda farmacia. Il farmacista è ormai anche imprenditore e il consumatore è anche un paziente, con nuovi stili di vita e abitudini. Le dinamiche socio-culturali sono mutate anch'esse alla luce dell'invecchiamento della popolazione e della pervasiva trasformazione digitale. La farmacia, dunque, si sta trasformando e si sta aprendo a nuovi servizi e a un'offerta diversificata rivolta al cittadino-paziente. Credifarma, per stare al passo con i tempi, si propone come punto di riferimento per il supporto finanziario al servizio del settore delle farmacie, anche con l'utilizzo di strumenti innovativi.
Credifarma non è solo finanza, ma fa anche consulenza ed è partner dell'imprenditore-farmacista nelle sue sfide di business. Tra i suoi fiori all'occhiello c'è il progetto Inspiring The future Pharmacy, presentato da poco a Roma, che nasce da alcuni focus group condotti su tutto il territorio nazionale con i farmacisti. Dalla raccolta dei loro bisogni e dalla volontà del Gruppo Banca Ifis - che controlla il 70% di Credifarma - si è arrivati ad azionare nuove leve anche nei confronti delle farmacie, così come già accade per i clienti Pmi e le imprese della manifattura e del Made in italy. Si tratta di progetti ad hoc per stimolare nuove idee e possibili scenari per una metamorfosi della farmacia come ambiente, ma anche dei suoi prodotti e servizi.
Un altro progetto è Credifarma on the road, in partnership strategica con Federfarma. Esso è nato per far conoscere sul territorio la forte specializzazione della società per la farmacia e permette ai farmacisti di approfondire il contesto sociale ed economico, ricevere suggerimenti di gestione finanziaria e di conoscere le migliori soluzioni per le esigenze del settore. Si tratta di un tour in tutta Italia, nelle associazioni provinciali di Federfarma, che permette un dialogo diretto con il territorio. Il punto di partenza del futuro della Farmacia italiana, con 50 tappe già fatte in tutta Italia.
In Italia il ricambio generazionale in azienda rappresenta spesso un problema e certamente non aiuta il livello dimensionale delle imprese stesse: più la società è piccola, minore è la propensione a preparare il "piano di successione". La Farmacia italiana rientra pienamente nella tipologia di aziende di dimensioni contenute e a perimetro familiare; circa 59% delle farmacie è costituito da ditte individuali. Credifarma ha messo in piedi Next Generation Pharmacy, un finanziamento fino a 5 anni dedicato a supportare le farmacie nel conferimento aziendale in occasione del passaggio generazionale e non solo. La soluzione serve a coprire l'imposta sostitutiva dovuta all'erario in caso di affrancamento dell'avviamento di aziende conferite in società, sfruttandone i vantaggi fiscali.
Dati finanziari: Credifarma è tornata all'utile con il Bilancio 2018. La società ha archiviato il 2018 con un risultato positivo netto di 1 milione e 759.000 euro, evidenziando un buon andamento di gestione soprattutto a partire dal terzo trimestre dello scorso anno, grazie all'acquisizione della maggioranza della società da parte di Banca Ifis completata a luglio 2018. Nel 2018 è stata strutturata un'offerta di prodotti ampia e completa sia di breve sia di medio lungo termine, in grado di accompagnare anche i momenti di discontinuità aziendale, con progetti di digital trasformation orientati al miglioramento della customer experience del farmacista. Le nuove sinergie sia di costo sia di ricavi hanno permesso a Credifarma di presentarsi al mercato delle farmacie - che nel 2018 ha registrato una contrazione del giro d'affari dell'1,8% - in modo più dinamico, evoluto e completo.
«Mettiamo a disposizione soluzioni finanziare per difendere il patrimonio sociale di una farmacia»

Maurizio Manna
Maurizio Manna è il presidente di Credifarma, una finanziaria nata da un'idea di Federfarma, la Federazione nazionale dei titolari di farmacia italiani, con l'obiettivo di sostenere i farmacisti nella scelta del finanziamento più adatto alle loro esigenze.
Dottor Manna, cos'è esattamente Credifarma e in che modo sostiene le farmacie italiane?
«Credifarma è una società del gruppo Banca Ifis, specializzata nel credito alle farmacie. Fondata nel 1987 da un'idea di Federfarma (Federazione nazionale dei titolari di farmacia) nasce proprio per dare soluzione ad un momento critico della farmacia; per consentirle, cioè, in quegli anni difficili, di attraversare indenne la lunga e gravosa stagione della sottostima dei finanziamenti della spesa farmaceutica e i conseguenti, endemici ritardi dei pagamenti da parte delle Asl».
Ma quello della farmacia è un settore da sempre travagliato, esposto alle mutevoli dinamiche politiche come alle contingenti "intemperie" economiche…
«Alla farmacia italiana, negli ultimi 30 anni, non è mai mancato un deserto da attraversare. Allo stesso modo non le è mai mancato il supporto della propria finanziaria e la sua costante assistenza dedicata. L'ingresso di Banca Ifis nella compagine sociale ha sancito un'alleanza strategica tra il gruppo bancario e Federfarma, per promuovere il ruolo di Credifarma in favore degli associati al sindacato nazionale e del mercato delle farmacie».
Con la crisi della farmacia come è cambiato il ruolo di Credifarma negli anni?
«Il ruolo, come la sua vocazione, resta aderente alla missione originaria di sostenere la farmacia italiana, accompagnandone l'evoluzione e adeguandosi, con flessibilità, alle mutate necessità del settore. In questa ottica mette, oggi, a disposizione della categoria un arsenale completo di soluzioni finanziarie per fronteggiare la forza d'urto del capitale e difendere il patrimonio sociale di una farmacia libera e indipendente».
In che modo la vostra Finanziaria può essere protagonista del futuro di una farmacia italiana libera e indipendente?
«All'indomani della Legge 124 del 2017, che ha modificato le dinamiche del mercato, i grandi gruppi, nazionali e multinazionali, sono in marcia per conquistare il settore. La più facile chiave di accesso alla proprietà della farmacia è il debito, commerciale e finanziario, che le imprese hanno accumulato negli anni. Il 'vaccino' per prevenire il contagio del capitale di acquisizione è rappresentato dalla ristrutturazione del debito, terapia in grado di rimettere in salute la farmacia consentendole di difendere e sviluppare la propria autonoma gestione professionale. Le soluzioni proposte da Credifarma supportano a 360 gradi l'attività dei farmacisti attraverso l'accesso a prodotti specializzati e a un team di professionisti esperti».
Quali sono le sfide per il futuro?
«La sfida è già cominciata, anzi non è mai finita e mette in campo, oggi, un catalogo di servizi finanziari tagliati su misura in funzione delle diversificate esigenze dei colleghi, privilegiando l'attività a medio e lungo termine (con mutui fino a 15 anni) necessaria per contrastare la colonizzazione del sistema farmacia da parte delle grandi catene. In questa logica, Credifarma è anche impegnata in una strategica azione di supporto alle attività di cooperazione nonché di collaborazione con Federfarma per realizzare una rete di protezione contro la penetrazione delle catene di farmacie e, soprattutto, per impedire che le farmacie finiscano in catene».
In che modo l'entrata di Banca Ifis nel capitale di Credifarma ha cambiato la sua mission?
«Il suo ingresso nella compagine sociale è stato provvidenziale nella misura in cui è intervenuto in un momento cruciale per la categoria. Pressoché coetanea di Credifarma, Banca Ifis ha messo a fattor comune una lunga specializzazione, maturata negli anni, sul fronte dell'assistenza finanziaria in favore della piccola e media impresa. Ma, soprattutto, ha reso possibile la necessaria conversione e la attualizzazione dei servizi finanziari erogati dalla società, dotandola di congrue linee di credito, coerenti con la innovata esigenza di offrire al mercato prodotti di medio e lungo periodo destinati a rendere sostenibile l'indebitamento delle farmacie, al fine di prevenire fenomeni di penetrazione e mettendo in sicurezza proprietà e indipendenza del sistema farmaceutico italiano».
Lo stato di salute delle farmacie

Marco Cossolo (Ansa)
Marco Cossolo, 54 anni, torinese, è presidente di Federfarma dal maggio del 2017. Il numero uno della Federazione nazionale che rappresenta le oltre 16.000 farmacie private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale fa un bilancio sullo stato di salute delle farmacie italiane.
Dottor Cossolo, qual è lo stato di salute delle farmacie italiane alla luce delle ultime novità legislative?
«Da un punto di vista economico la situazione delle farmacie italiane non è più la stessa di alcuni anni fa, ma ciò non è sempre chiaro né al decisore pubblico né ai farmacisti. Purtroppo la Farmacia ha subito la legittima riduzione del fatturato del Servizio sanitario nazionale derivante dalla legittima aspirazione di risparmio».
La cosiddetta entrata dei Capitali nella Farmacia che impatto ha avuto?
«In realtà non ha influenzato molto il mercato delle farmacie se pensiamo che le farmacie acquistate dal Capitale sono sì e no il 2%. Le farmacie in cui la maggioranza è detenuta da non farmacisti è circa il 2% e in queste rientrano anche le famiglie in cui magari il padre è farmacista e i figli no, quindi non si può parlare esattamente di capitale. Escludendo le farmacie già di proprietà del Capitale a seguito della vendita delle comunali, quelle che sono veramente di proprietà delle catene oggi sono intorno a un centinaio, anche meno».
Quindi non c'è pericolo che i Capitali creino una sorta di monopolio?
«Si tratta di fenomeni che hanno un avvio molto lento, ma poi c'è il rischio che prendano, in un secondo momento, un abbrivio molto veloce, che abbiano una crescita esponenziale. Bisogna che noi interveniamo prima che questo fenomeno diventi appetibile. Il dato interessante è che da quanto risulta da studi non a carattere scientifico, laddove soggetti investitori hanno comprato le farmacie il vicino non si è mai lamentato».
Cosa intende?
«Che la forza del rapporto fiduciario tra farmacista e clientela non è stato ancora surrogato dalla capacità organizzativa e dalle economie di scala del Capitale. Questo secondo me però è solo una questione di tempo, nel senso che poi la tendenza potrebbe invertirsi e non avremo questo vantaggio competitivo in eterno».
Dovete quindi usare questo tempo per riorganizzarvi…
«Alla luce della perdita di reddittività sono due scelte che si possono fare. Diventare la farmacia drugstore, se si ha superficie sufficiente e posizione. In questo caso però c'è una perdita di ruolo e il rischio è di mettersi a competere sul terreno in cui le società di Capitali e i grandi gruppi sono molto più organizzati. La seconda scelta è puntare su un recupero della professionalità e mettere al centro il ruolo del farmacista attraverso i servizi che verranno correlati alla dispensazione del farmaco. In questo modo si ha la possibilità di spostare l'attenzione da una risposta richiesta-prodotto, tipica del delivery, a una centralità della persona che poterà la farmacia a rispondere a un bisogno con una soluzione. In economia soluzione per definizione è prodotto + servizio, quindi è l'accoppiata di prodotto + servizio che fa soluzione, tutta fondata sulla professionalità del farmacista. Da questo secondo me può derivare una redditività nuovamente soddisfacente».
Si parla di Farmacia dei servizi: cos'è?
«Si tratta di una serie di servizi per gestire completamente il paziente. In questa gestione del paziente post-medico la farmacia eroga servizi cognitivi, di aderenza alle terapie, di presa in carico del paziente. Così si potranno portare più ricavi e saremo più competitivi sul mercato».
Passiamo alla remunerazione: come funziona oggi?
«Attualmente la prestazione del farmacista è legata al prezzo del farmaco e rappresenta il 20-25% di esso. In un sistema deflattivo, che cala dal 2010 in maniera sensibile, questo meccanismo penalizza fortemente le farmacie. Dobbiamo perciò cambiare remunerazione. Non è pensabile che i prezzi riprendano a crescere, quindi la remunerazione deve andare sulla prestazione professionale del farmacista. Al ministero della Salute c'è un tavolo aperto in cui si sta discutendo di questo».
Sono sempre di più le farmacie che chiudono e che falliscono: il motivo è solo questo?
«Io sono nato e cresciuto nella farmacia e ho notato che già dai primi anni Settanta, quando si sono consolidate le mutue, la logica su cui si reggeva il sistema farmacie non era di mercato. C'era il medico che prescriveva il farmaco, il farmacista che vendeva, il cliente che prendeva, ma chi pagava? Nessuno dei tre, perché c'era un quarto che lo faceva e cioè lo Stato. Questa era una dinamica commerciale distorta che ha all'epoca ha creato benessere nel settore. Nel frattempo nei primi anni Duemila le cose sono iniziate a cambiare, quando la marginalità si è ridotta notevolmente per una serie di interventi statali, e i farmacisti sono stati costretti ad attingere al credito. Poi con la crisi economica le banche hanno cominciato a stringere la cinghia e le farmacie si sono trovate in difficoltà finanziaria».
Cosa è accaduto?
«Le banche non prestavano più soldi alle condizioni di prima e la farmacia, da quel momento, è iniziata a essere considerata un'azienda a tutti gli effetti. Il titolare ha dovuto aggiungere alle proprie competenze professionali, per le quali ha studiato, anche quelle da imprenditore, ma non tutti erano preparati per questa metamorfosi».
La farmacia ai tempi di Amazon e delle grandi catene

Con la legge sulla concorrenza (n. 124 del 2017), nel mondo della farmacia è cambiato lo scenario. Dall'entrata in vigore della norma, anche le società di capitali e chi non è farmacista può detenere quote di una farmacia. Il testo permette a questi soggetti di possedere fino al 20% delle farmacie di una regione, ma è un limite non limite, in quanto nessuno impedisce a una singola società di porsi in una sorta di monopolio locale di fatto, per esempio in una singola città di quella regione. La Verità ne ha parlato con Marco Cossolo, presidente di Ferderma, che ha spiegato quanto sia cambiato il panorama della farmacia italiana di fronte a una norma che è stata troppo generosa con le società di capitali e va ripensata creando qualche forma di sbarramento, perché appunto quelli attuali sono limiti troppo leggeri. Per esempio nel solo Lazio un singolo soggetto potrebbe avere 320 farmacie e tutte a Roma. Come si potrebbe risolvere? L'idea del numero uno del sindacato datoriale è di fissare un limite territoriale più ristretto, su base non più regionale ma comunale, per arginare il rischio di monopolio di pochi che concentri gli investimenti solo in zone appetibili con una continua e progressiva marginalizzazione delle farmacie rurali e un conseguente e grave depauperamento del servizio nelle zone economicamente meno vantaggiose a livello commerciale del Paese. Passando ai temi legati alla Rete, il farmacista può vendere online liberamente tutti i prodotti del parafarmaco (prodotti igienici, dietetici, cosmetici o in qualche modo considerati connessi alla salute, venduti prevalentemente nelle farmacie, ndr), mentre i farmaci da banco possono essere venduti previa registrazione al ministero della Salute con il vincolo di dover applicare gli stessi prezzi della sua farmacia fisica. Agli italiani tuttavia non piacciono molto le farmacie online, per ora preferiscono quella fisica. Arrivando alla questione Amazon, a una farmacia oggi è vietato mettere un proprio spazio di vendita sul marketplace e a proposito del rischio, in prospettiva, che le cose cambino e che un domani possa non esserci più solo il tema delle società di capitali e i colossi della grande distribuzione dilaganti, ma che forse anche Amazon vorrà vendere i farmaci, secondo Cossolo ogni pericolo lo si affronta non competendo sul terreno del concorrente, ma sul proprio. Inseguire un competitor in un mercato in cui è più forte, dunque, sarebbe un errore. La farmacia non è un negozio e inoltre si sta trasformando da farmacia del prodotto a farmacia della relazione. Già oggi e tradizionalmente la farmacia si basa proprio sulla relazione come risposta ai bisogni delle persone. Ma il farmacista è pronto per la sfida degli scenari che cambiano? Lo è , ma ovviamente deve formarsi, deve studiare, anche per venire in contro alle esigenze del cliente che è prima di tutto paziente. Si tratta di una innovazione culturale che sta andando di pari passo con l'implementazione dei servizi nelle farmacie e tutto questo va anche negli interessi dei cittadini.
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L'evoluzione del comparto grazie agli istituti di credito specializzato. Tra le richieste anticipo del credito verso le Asl, finanziamenti a medio e lungo termine per la ristrutturazione dei debiti di fornitura e acquisto, credito per apertura di nuove sedi, leasing e finanziamenti per esigenze di cassa o approvvigionamento. Per crescere non basta più la conoscenza tecnica, ci vuole la leva finanziaria. Il presidente di Credifarma Maurizio Manna: «Ci stiamo impegnando per contrastare la colonizzazione del sistema farmacia da parte delle grandi catene». Marco Cossolo, presidente di Federfarma sullo stato di salute delle farmacie italiane: «Fatturati in calo, ma lavoriamo al rilancio». Store online su Amazon: agli italiani non piace l'online, per ora preferiscono i luoghi fisici e a oggi è ancora vietato mettere uno spazio di vendita sul marketplace. Lo speciale contiene quattro articoli. In questo contesto il ruolo da protagonista ce l'ha Credifarma, la finanziaria che dal 1987 sopporta le farmacie, che oggi si inserisce in una generale trasformazione dell'azienda farmacia. Il farmacista è ormai anche imprenditore e il consumatore è anche un paziente, con nuovi stili di vita e abitudini. Le dinamiche socio-culturali sono mutate anch'esse alla luce dell'invecchiamento della popolazione e della pervasiva trasformazione digitale. La farmacia, dunque, si sta trasformando e si sta aprendo a nuovi servizi e a un'offerta diversificata rivolta al cittadino-paziente. Credifarma, per stare al passo con i tempi, si propone come punto di riferimento per il supporto finanziario al servizio del settore delle farmacie, anche con l'utilizzo di strumenti innovativi. Credifarma non è solo finanza, ma fa anche consulenza ed è partner dell'imprenditore-farmacista nelle sue sfide di business. Tra i suoi fiori all'occhiello c'è il progetto Inspiring The future Pharmacy, presentato da poco a Roma, che nasce da alcuni focus group condotti su tutto il territorio nazionale con i farmacisti. Dalla raccolta dei loro bisogni e dalla volontà del Gruppo Banca Ifis - che controlla il 70% di Credifarma - si è arrivati ad azionare nuove leve anche nei confronti delle farmacie, così come già accade per i clienti Pmi e le imprese della manifattura e del Made in italy. Si tratta di progetti ad hoc per stimolare nuove idee e possibili scenari per una metamorfosi della farmacia come ambiente, ma anche dei suoi prodotti e servizi. Un altro progetto è Credifarma on the road, in partnership strategica con Federfarma. Esso è nato per far conoscere sul territorio la forte specializzazione della società per la farmacia e permette ai farmacisti di approfondire il contesto sociale ed economico, ricevere suggerimenti di gestione finanziaria e di conoscere le migliori soluzioni per le esigenze del settore. Si tratta di un tour in tutta Italia, nelle associazioni provinciali di Federfarma, che permette un dialogo diretto con il territorio. Il punto di partenza del futuro della Farmacia italiana, con 50 tappe già fatte in tutta Italia. In Italia il ricambio generazionale in azienda rappresenta spesso un problema e certamente non aiuta il livello dimensionale delle imprese stesse: più la società è piccola, minore è la propensione a preparare il "piano di successione". La Farmacia italiana rientra pienamente nella tipologia di aziende di dimensioni contenute e a perimetro familiare; circa 59% delle farmacie è costituito da ditte individuali. Credifarma ha messo in piedi Next Generation Pharmacy, un finanziamento fino a 5 anni dedicato a supportare le farmacie nel conferimento aziendale in occasione del passaggio generazionale e non solo. La soluzione serve a coprire l'imposta sostitutiva dovuta all'erario in caso di affrancamento dell'avviamento di aziende conferite in società, sfruttandone i vantaggi fiscali. Dati finanziari: Credifarma è tornata all'utile con il Bilancio 2018. La società ha archiviato il 2018 con un risultato positivo netto di 1 milione e 759.000 euro, evidenziando un buon andamento di gestione soprattutto a partire dal terzo trimestre dello scorso anno, grazie all'acquisizione della maggioranza della società da parte di Banca Ifis completata a luglio 2018. Nel 2018 è stata strutturata un'offerta di prodotti ampia e completa sia di breve sia di medio lungo termine, in grado di accompagnare anche i momenti di discontinuità aziendale, con progetti di digital trasformation orientati al miglioramento della customer experience del farmacista. Le nuove sinergie sia di costo sia di ricavi hanno permesso a Credifarma di presentarsi al mercato delle farmacie - che nel 2018 ha registrato una contrazione del giro d'affari dell'1,8% - in modo più dinamico, evoluto e completo. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/credifarma-2641567090.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="mettiamo-a-disposizione-soluzioni-finanziare-per-difendere-il-patrimonio-sociale-di-una-farmacia" data-post-id="2641567090" data-published-at="1766780146" data-use-pagination="False"> «Mettiamo a disposizione soluzioni finanziare per difendere il patrimonio sociale di una farmacia» Maurizio Manna Maurizio Manna è il presidente di Credifarma, una finanziaria nata da un'idea di Federfarma, la Federazione nazionale dei titolari di farmacia italiani, con l'obiettivo di sostenere i farmacisti nella scelta del finanziamento più adatto alle loro esigenze.Dottor Manna, cos'è esattamente Credifarma e in che modo sostiene le farmacie italiane?«Credifarma è una società del gruppo Banca Ifis, specializzata nel credito alle farmacie. Fondata nel 1987 da un'idea di Federfarma (Federazione nazionale dei titolari di farmacia) nasce proprio per dare soluzione ad un momento critico della farmacia; per consentirle, cioè, in quegli anni difficili, di attraversare indenne la lunga e gravosa stagione della sottostima dei finanziamenti della spesa farmaceutica e i conseguenti, endemici ritardi dei pagamenti da parte delle Asl».Ma quello della farmacia è un settore da sempre travagliato, esposto alle mutevoli dinamiche politiche come alle contingenti "intemperie" economiche…«Alla farmacia italiana, negli ultimi 30 anni, non è mai mancato un deserto da attraversare. Allo stesso modo non le è mai mancato il supporto della propria finanziaria e la sua costante assistenza dedicata. L'ingresso di Banca Ifis nella compagine sociale ha sancito un'alleanza strategica tra il gruppo bancario e Federfarma, per promuovere il ruolo di Credifarma in favore degli associati al sindacato nazionale e del mercato delle farmacie».Con la crisi della farmacia come è cambiato il ruolo di Credifarma negli anni?«Il ruolo, come la sua vocazione, resta aderente alla missione originaria di sostenere la farmacia italiana, accompagnandone l'evoluzione e adeguandosi, con flessibilità, alle mutate necessità del settore. In questa ottica mette, oggi, a disposizione della categoria un arsenale completo di soluzioni finanziarie per fronteggiare la forza d'urto del capitale e difendere il patrimonio sociale di una farmacia libera e indipendente».In che modo la vostra Finanziaria può essere protagonista del futuro di una farmacia italiana libera e indipendente?«All'indomani della Legge 124 del 2017, che ha modificato le dinamiche del mercato, i grandi gruppi, nazionali e multinazionali, sono in marcia per conquistare il settore. La più facile chiave di accesso alla proprietà della farmacia è il debito, commerciale e finanziario, che le imprese hanno accumulato negli anni. Il 'vaccino' per prevenire il contagio del capitale di acquisizione è rappresentato dalla ristrutturazione del debito, terapia in grado di rimettere in salute la farmacia consentendole di difendere e sviluppare la propria autonoma gestione professionale. Le soluzioni proposte da Credifarma supportano a 360 gradi l'attività dei farmacisti attraverso l'accesso a prodotti specializzati e a un team di professionisti esperti».Quali sono le sfide per il futuro?«La sfida è già cominciata, anzi non è mai finita e mette in campo, oggi, un catalogo di servizi finanziari tagliati su misura in funzione delle diversificate esigenze dei colleghi, privilegiando l'attività a medio e lungo termine (con mutui fino a 15 anni) necessaria per contrastare la colonizzazione del sistema farmacia da parte delle grandi catene. In questa logica, Credifarma è anche impegnata in una strategica azione di supporto alle attività di cooperazione nonché di collaborazione con Federfarma per realizzare una rete di protezione contro la penetrazione delle catene di farmacie e, soprattutto, per impedire che le farmacie finiscano in catene».In che modo l'entrata di Banca Ifis nel capitale di Credifarma ha cambiato la sua mission? «Il suo ingresso nella compagine sociale è stato provvidenziale nella misura in cui è intervenuto in un momento cruciale per la categoria. Pressoché coetanea di Credifarma, Banca Ifis ha messo a fattor comune una lunga specializzazione, maturata negli anni, sul fronte dell'assistenza finanziaria in favore della piccola e media impresa. Ma, soprattutto, ha reso possibile la necessaria conversione e la attualizzazione dei servizi finanziari erogati dalla società, dotandola di congrue linee di credito, coerenti con la innovata esigenza di offrire al mercato prodotti di medio e lungo periodo destinati a rendere sostenibile l'indebitamento delle farmacie, al fine di prevenire fenomeni di penetrazione e mettendo in sicurezza proprietà e indipendenza del sistema farmaceutico italiano». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/credifarma-2641567090.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="lo-stato-di-salute-delle-farmacie" data-post-id="2641567090" data-published-at="1766780146" data-use-pagination="False"> Lo stato di salute delle farmacie Marco Cossolo (Ansa) Marco Cossolo, 54 anni, torinese, è presidente di Federfarma dal maggio del 2017. Il numero uno della Federazione nazionale che rappresenta le oltre 16.000 farmacie private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale fa un bilancio sullo stato di salute delle farmacie italiane.Dottor Cossolo, qual è lo stato di salute delle farmacie italiane alla luce delle ultime novità legislative?«Da un punto di vista economico la situazione delle farmacie italiane non è più la stessa di alcuni anni fa, ma ciò non è sempre chiaro né al decisore pubblico né ai farmacisti. Purtroppo la Farmacia ha subito la legittima riduzione del fatturato del Servizio sanitario nazionale derivante dalla legittima aspirazione di risparmio».La cosiddetta entrata dei Capitali nella Farmacia che impatto ha avuto?«In realtà non ha influenzato molto il mercato delle farmacie se pensiamo che le farmacie acquistate dal Capitale sono sì e no il 2%. Le farmacie in cui la maggioranza è detenuta da non farmacisti è circa il 2% e in queste rientrano anche le famiglie in cui magari il padre è farmacista e i figli no, quindi non si può parlare esattamente di capitale. Escludendo le farmacie già di proprietà del Capitale a seguito della vendita delle comunali, quelle che sono veramente di proprietà delle catene oggi sono intorno a un centinaio, anche meno». Quindi non c'è pericolo che i Capitali creino una sorta di monopolio?«Si tratta di fenomeni che hanno un avvio molto lento, ma poi c'è il rischio che prendano, in un secondo momento, un abbrivio molto veloce, che abbiano una crescita esponenziale. Bisogna che noi interveniamo prima che questo fenomeno diventi appetibile. Il dato interessante è che da quanto risulta da studi non a carattere scientifico, laddove soggetti investitori hanno comprato le farmacie il vicino non si è mai lamentato».Cosa intende?«Che la forza del rapporto fiduciario tra farmacista e clientela non è stato ancora surrogato dalla capacità organizzativa e dalle economie di scala del Capitale. Questo secondo me però è solo una questione di tempo, nel senso che poi la tendenza potrebbe invertirsi e non avremo questo vantaggio competitivo in eterno». Dovete quindi usare questo tempo per riorganizzarvi… «Alla luce della perdita di reddittività sono due scelte che si possono fare. Diventare la farmacia drugstore, se si ha superficie sufficiente e posizione. In questo caso però c'è una perdita di ruolo e il rischio è di mettersi a competere sul terreno in cui le società di Capitali e i grandi gruppi sono molto più organizzati. La seconda scelta è puntare su un recupero della professionalità e mettere al centro il ruolo del farmacista attraverso i servizi che verranno correlati alla dispensazione del farmaco. In questo modo si ha la possibilità di spostare l'attenzione da una risposta richiesta-prodotto, tipica del delivery, a una centralità della persona che poterà la farmacia a rispondere a un bisogno con una soluzione. In economia soluzione per definizione è prodotto + servizio, quindi è l'accoppiata di prodotto + servizio che fa soluzione, tutta fondata sulla professionalità del farmacista. Da questo secondo me può derivare una redditività nuovamente soddisfacente». Si parla di Farmacia dei servizi: cos'è?«Si tratta di una serie di servizi per gestire completamente il paziente. In questa gestione del paziente post-medico la farmacia eroga servizi cognitivi, di aderenza alle terapie, di presa in carico del paziente. Così si potranno portare più ricavi e saremo più competitivi sul mercato». Passiamo alla remunerazione: come funziona oggi?«Attualmente la prestazione del farmacista è legata al prezzo del farmaco e rappresenta il 20-25% di esso. In un sistema deflattivo, che cala dal 2010 in maniera sensibile, questo meccanismo penalizza fortemente le farmacie. Dobbiamo perciò cambiare remunerazione. Non è pensabile che i prezzi riprendano a crescere, quindi la remunerazione deve andare sulla prestazione professionale del farmacista. Al ministero della Salute c'è un tavolo aperto in cui si sta discutendo di questo». Sono sempre di più le farmacie che chiudono e che falliscono: il motivo è solo questo?«Io sono nato e cresciuto nella farmacia e ho notato che già dai primi anni Settanta, quando si sono consolidate le mutue, la logica su cui si reggeva il sistema farmacie non era di mercato. C'era il medico che prescriveva il farmaco, il farmacista che vendeva, il cliente che prendeva, ma chi pagava? Nessuno dei tre, perché c'era un quarto che lo faceva e cioè lo Stato. Questa era una dinamica commerciale distorta che ha all'epoca ha creato benessere nel settore. Nel frattempo nei primi anni Duemila le cose sono iniziate a cambiare, quando la marginalità si è ridotta notevolmente per una serie di interventi statali, e i farmacisti sono stati costretti ad attingere al credito. Poi con la crisi economica le banche hanno cominciato a stringere la cinghia e le farmacie si sono trovate in difficoltà finanziaria». Cosa è accaduto?«Le banche non prestavano più soldi alle condizioni di prima e la farmacia, da quel momento, è iniziata a essere considerata un'azienda a tutti gli effetti. Il titolare ha dovuto aggiungere alle proprie competenze professionali, per le quali ha studiato, anche quelle da imprenditore, ma non tutti erano preparati per questa metamorfosi». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/credifarma-2641567090.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="la-farmacia-ai-tempi-di-amazon-e-delle-grandi-catene" data-post-id="2641567090" data-published-at="1766780146" data-use-pagination="False"> La farmacia ai tempi di Amazon e delle grandi catene Con la legge sulla concorrenza (n. 124 del 2017), nel mondo della farmacia è cambiato lo scenario. Dall'entrata in vigore della norma, anche le società di capitali e chi non è farmacista può detenere quote di una farmacia. Il testo permette a questi soggetti di possedere fino al 20% delle farmacie di una regione, ma è un limite non limite, in quanto nessuno impedisce a una singola società di porsi in una sorta di monopolio locale di fatto, per esempio in una singola città di quella regione. La Verità ne ha parlato con Marco Cossolo, presidente di Ferderma, che ha spiegato quanto sia cambiato il panorama della farmacia italiana di fronte a una norma che è stata troppo generosa con le società di capitali e va ripensata creando qualche forma di sbarramento, perché appunto quelli attuali sono limiti troppo leggeri. Per esempio nel solo Lazio un singolo soggetto potrebbe avere 320 farmacie e tutte a Roma. Come si potrebbe risolvere? L'idea del numero uno del sindacato datoriale è di fissare un limite territoriale più ristretto, su base non più regionale ma comunale, per arginare il rischio di monopolio di pochi che concentri gli investimenti solo in zone appetibili con una continua e progressiva marginalizzazione delle farmacie rurali e un conseguente e grave depauperamento del servizio nelle zone economicamente meno vantaggiose a livello commerciale del Paese. Passando ai temi legati alla Rete, il farmacista può vendere online liberamente tutti i prodotti del parafarmaco (prodotti igienici, dietetici, cosmetici o in qualche modo considerati connessi alla salute, venduti prevalentemente nelle farmacie, ndr), mentre i farmaci da banco possono essere venduti previa registrazione al ministero della Salute con il vincolo di dover applicare gli stessi prezzi della sua farmacia fisica. Agli italiani tuttavia non piacciono molto le farmacie online, per ora preferiscono quella fisica. Arrivando alla questione Amazon, a una farmacia oggi è vietato mettere un proprio spazio di vendita sul marketplace e a proposito del rischio, in prospettiva, che le cose cambino e che un domani possa non esserci più solo il tema delle società di capitali e i colossi della grande distribuzione dilaganti, ma che forse anche Amazon vorrà vendere i farmaci, secondo Cossolo ogni pericolo lo si affronta non competendo sul terreno del concorrente, ma sul proprio. Inseguire un competitor in un mercato in cui è più forte, dunque, sarebbe un errore. La farmacia non è un negozio e inoltre si sta trasformando da farmacia del prodotto a farmacia della relazione. Già oggi e tradizionalmente la farmacia si basa proprio sulla relazione come risposta ai bisogni delle persone. Ma il farmacista è pronto per la sfida degli scenari che cambiano? Lo è , ma ovviamente deve formarsi, deve studiare, anche per venire in contro alle esigenze del cliente che è prima di tutto paziente. Si tratta di una innovazione culturale che sta andando di pari passo con l'implementazione dei servizi nelle farmacie e tutto questo va anche negli interessi dei cittadini.
MR. BRAINWASH, Banksy thrower, opera unica su carta, 2022
Contrariamente a quanto si possa pensare, la street art, così straordinariamente attuale e rivoluzionaria, affonda le sue radici negli albori della storia: si può dire che parta dalle incisioni rupestri (i graffiti primitivi sono temi ricorrenti in molti street artist contemporanei) e millenni dopo, passando per le pitture murali medievali, i murales politici del dopoguerra e il « muralismo » messicano di Diego Rivera, José Clemente Orozco e David Alfaro Siqueiros, approdi nella New York ( o meglio, nel suo sottosuolo…) di fine anni ’60, dove tag, firme e strani simboli si moltiplicano sui treni e sui muri delle metropolitane, espressione di quella nuova forma d’arte che prende il nome di writing, quell’arte urbana che è la «parente più prossima » della street art, meno simbolica e più figurativa.
E quando si parla di street art, il primo nome che viene in mente è in assoluto quello di Banksy, la figura più enigmatica della scena artistica contemporanea, che ha fatto del mistero la sua cifra espressiva. Banksy è «l‘ artista che non c’è » ma che lascia ovunque il segno del suo passaggio, con una comunicazione che si muove con intelligenza tra arte e media: i suoi profili social sono il primo canale di diffusione e le sue opere, spesso realizzate con stencil (una maschera normografica su cui viene applicata una vernice, così da ottenere un'immagine sullo spazio retrostante), sono interventi rapidi nello spazio urbano, capaci di coniugare arte e messaggio politico. Quella di Bansky è un’arte clandestina, quasi abusiva, fulminea, che compare dal nulla un po’ovunque, in primis sui grandi scenari di guerra, dal muro che divide Israele e Palestina ai palazzi bombardati in Ucraina. Le sue immagini, dall’iconica Balloon Girl (la ragazzina con un palloncino rosso a forma di cuore) ai soldati che disegnano il segno della pace, dai bambini con maschere antigas, alle ragazzine che abbracciano armi da guerra, sono ironiche e dissacranti, a volte disturbanti, ma lanciano sempre messaggi politici e chiare invettive contro i potenti del mondo.
Ed è proprio il misterioso artista (forse) di Bristol il fulcro della mostra a Conegliano, curata da Daniel Buso e organizzata da ARTIKA in collaborazione con Deodato Arte e la suggestiva cittadina veneta.
La Mostra, Keith Haring e Obey
Ricca di 80 opere, con focus sulla figura di Bansky ( particolarmente significativa la sua Kids on Guns, un'opera del 2013 che rappresenta due bambini stilizzati in cima a una montagna di armi, simbolo della lotta contro la violenza), la mostra si articola attorno a quattro grandi temi - ribellione, pacifismo, consumismo e critica al sistema – ed ospita, oltre all’enigmatico artista britannico, altri due guru della street art: Keith Haring e Shepard Fairey, in arte Obey.
Convinto che «l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi: l’arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio lavorare» Haring (morto prematuramente nel 1990, a soli 32 anni, stroncato dall’AIDS) ha creato un nuovo linguaggio comunicativo caratterizzato da tematiche legate alla politica e alla società, facendo degli omini stilizzati e del segno grafico nero i suoi tratti distintivi; Fairey, in arte Obey, attualmente uno degli street artist più importanti ( e discussi) al mondo, si è fin da subito reso conto di come la società in cui è nato e cresciuto lo abbia condotto all’obbedienza senza che lui se ne rendesse conto: da qui la scelta di chiamarsi Obey , che significa obbedire.
Bansky, Haring , Obey, praticamente la storia della street art racchiusa in una mostra che non è solo un'esposizione di opere d'arte, ma anche un'occasione per riflettere sulle contraddizioni di questo oramai popolarissimo movimento artistico e sul suo ruolo nella società contemporanea. Alla domanda se un’arte nata per contestare il sistema possa oggi essere esposta nei musei, venduta all’asta e diventare oggetto di mercato, non vengono offerte risposte, ma contributi per stimolare una riflessione personale in ogni visitatore. Perché, in fondo, anche questa è la forza della Street Art: porre questioni più che dare certezze...
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Da sx in alto: americani della 92ª Divisione, alpini della Divisione «Monterosa», paracadutisti tedeschi e la frazione di Sommocolonia oggi. Garfagnana, 26 dicembre 1944
La battaglia della Garfagnana, nota come Operazione «Wintergewitter» (tempesta invernale) fu l’ultima controffensiva delle forze dell’Asse sul fronte italiano. Iniziò la notte tra Natale e Santo Stefano del 1944 per terminare tre giorni più tardi. L’obiettivo, pur presentando scarse se non nulle possibilità di raggiungerlo, era quello di arrestare l’avanzata alleata lungo il fronte della linea Gotica allora in stallo per l’inverno rallentando l’avanzata degli angloamericani che puntavano verso Bologna e la Pianura Padana. Il teatro delle operazioni fu la valle del Serchio nella Garfagnana, in provincia di Lucca, dove gli americani del 92° Infantry Regiment, i famosi «Buffalo Soldiers» a maggioranza afroamericana, si erano acquartierati nei giorni precedenti al Natale, ritenendo le ostilità in pausa. L’effetto sorpresa era proprio il punto cardine dell’operazione pianificata dal comando tedesco guidato dal generale Otto Fretter-Pico. Le forze dell’Asse consistevano sostanzialmente di reparti da montagna, i «Gebirgsjaeger» tedeschi e gli alpini italiani della Divisione «Monterosa», uno dei primi reparti addestrati in Germania dopo la nascita della Repubblica Sociale. L’attacco fu fissato per la mezzanotte, tra il 25 e il 26 dicembre e procedette speditamente. I reparti speciali tedeschi e gli alpini iniziarono una manovra di accerchiamento da Montebono per Bobbio, Tiglio e Pian di Coreglia, mentre un reparto leggero prendeva in poche ore Sommocolonia. Contemporaneamente tutti i reparti si muovono, compreso un nucleo del Battaglione «San Marco», che in poco tempo occupava Molazzana. Entro la sera di Santo Stefano la linea dei Buffalo Soldiers era sfondata, mentre i reparti americani arretravano in massa. I prigionieri erano circa 250, mentre numerose armi e munizioni venivano requisite. Anche vettovaglie e generi di conforto cadevano nelle mani degli attaccanti.
Gli americani praticamente non reagirono, ma si spostarono in massa verso la linea difensiva di Bagni di Lucca. Per un breve tempo sembrò (soprattutto agli italiani, mentre i tedeschi sembravano paghi della riuscita sorpresa) che il fronte potesse cedere fino in Versilia e verso Livorno. L’ordine di Fretter-Pico di arrestare l’avanzata fu una doccia fredda. Le ragioni dell'arresto risiedevano principalmente nella difficoltà di mantenere le posizioni, la scarsità ormai cronica di uomini e munizioni (c’era solo l’artiglieria, nessun carro armato e soprattutto nessun supporto dall’Aviazione, praticamente sparita dai cieli del Nord Italia). Gli americani invece avevano il dominio assoluto del cielo, con i cacciabombardieri che potevano decollare dai vicini aeroporti della Toscana occupata, come quelli di Grosseto e Rosignano. Tra il 27 e il 30 dicembre 1944 i P-47 Thunderbolt dell’Usaf bombardarono a tappeto, mietendo vittime soprattutto tra la popolazione civile. La linea difensiva dell’Asse ritornò nei giorni successivi alle posizioni di partenza, mentre il fronte si assestava fino all’inizio del febbraio 1945 quando gli alleati lanciarono l’operazione «Fourth Term», che portò in pochi giorni alla conquista della Garfagnana. Durante l’operazione «Wintergewitter» lo scontro più violento si verificò nell’abitato di Sommocolonia dove la guarnigione americana perse quasi tutti gli uomini, compreso il proprio comandante tenente John R. Fox che, vistosi ormai circondato dai tedeschi, chiese all’artiglieria della 92ª di sparare sull’abitato nel tentativo disperato di rallentare l’attacco a sorpresa. Morì sotto le macerie della sua postazione e solamente nel 1997 fu insignito della medaglia d’onore.
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Lee Raybon avrebbe ambizioni da detective. Non da investigatore tout court. Piuttosto, vorrebbe essere un reporter, di quelli capaci - forti solo delle proprie risorse - di portare a termine indagini e inchieste, di dar forma alle notizie prima ancora che queste vengano diffuse dalle autorità competenti.
L'ambizione, tuttavia, è rimasta tale, nel corso di un'esistenza che ha costretto Raybon a ripiegare su altro per il mero sostentamento. Si è reinventato libraio, Lee Raybon, gestendo di giorno un negozio di libri rari. La notte, però, ha continuato a seguire il cuore, dando spazio alle sue indagini scalcagnate. Qualcuna è riuscito a trasformarla in articolo di giornale, venendola alle pagine di cronaca locale di Tulsa, città che ospita il racconto. E sono i pezzi ritagliati, insieme ai libri ormai giallognoli, ad affollare l'apportamento di Raybon, che la moglie ha mollato su due piedi, quando ben ha realizzato che non ci sarebbe stato spazio per altro nella vita di quell'uomo. Raybon, dunque, è rimasto solo. Non solo come il crime, per lo più, ha raccontato i suoi detective. Non è, cioè, una solitudine disperata, quella di Raybon. Non c'è tristezza né emarginazione. C'è passione, invece: quella per un mestiere cui anche la figlia dell'uomo sembra guardare con grande interesse.
Francis, benché quattordicenne, ha sviluppato per il secondo mestiere del padre una curiosità quasi morbosa, in nome della quale ha cominciato a seguirlo in ogni dove, partecipando lei pure alle indagini. Cosa, questa, che si ostina a fare anche quando la situazione diventa insolitamente complicata. Lee Raybon ha messo nel mirino i Washberg, una tra le famiglie più potenti di Tulsa. Ma uno di loro, Dale, si è tolto la vita, quando l'articolo di Raybon sulle faccende losche della dinastia è stato pubblicato su carta. Perché, però? Quali segreti nascondo i Washberg? Le domande muovono la nuova indagine di Raybon, la sostanziano. E, attorno alla ricerca di risposte, si dipana The Lowdon, riuscendo a bilanciare l'irrequietezza del suo protagonista, il suo cinismo, con il racconto di una dinamica familiare di solito estranea al genere crime.
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Secondo i calcoli di Facile.it, il 2025 si chiuderà con un calo di circa 50 euro per la rata mensile di un mutuo variabile standard, scesa da 666 euro di inizio anno a circa 617 euro. Un movimento coerente con il progressivo rientro delle componenti di costo indicizzate (Euribor) e con l’aspettativa di stabilizzazione di breve periodo.
Sul versante dei mutui a tasso fisso, il 2025 è stato invece caratterizzato da un lieve aumento dei costi per i nuovi mutuatari, in larga parte legato alla risalita dell’indice IRS (il riferimento tipico per i fissi). A gennaio 2025 l’IRS a 25 anni è stato in media pari a 2,4%; nell’ultimo mese è arrivato al 3,1%. L’effetto, almeno parziale, si è trasferito sulle nuove offerte: per un finanziamento standard la rata risulta oggi più alta di circa 40 euro rispetto a inizio anno.
«Il 2025 è stato un anno positivo sul fronte dei tassi dei mutui: i variabili sono scesi a seguito dei tagli della Bce, mentre i fissi, seppur in lieve aumento, offrono comunque buone condizioni per chi vuole tutelarsi da possibili futuri aumenti di rata. Oggi, quindi, l’aspirante mutuatario può godere di un’ampia offerta di soluzioni: scegliere il tasso variabile significa partire con una rata più contenuta, ma il vantaggio economico iniziale può essere ritenuto da molti ancora non sufficiente per giustificare il rischio connesso a questo tipo di finanziamento. Per chi non è disposto a rischiare, invece, i fissi garantiscono comunque condizioni favorevoli, oltre alla certezza che la rata resti uguale per tutte la durata del mutuo. Non esiste in assoluto una soluzione giusta o sbagliata, la scelta va presa da ciascun richiedente secondo le proprie caratteristiche; un consulente esperto può essere d’aiuto per valutare pregi e difetti di ciascuna proposta e identificare quella più adatta», spiegano gli esperti di Facile.it
Guardando in avanti, un’indicazione operativa sui variabili arriva dai Futures sugli Euribor (aggiornati al 10 dicembre 2025): per il 2026 non vengono prezzate grandi variazioni. L’Euribor a 3 mesi, oggi sotto il 2,1%, è atteso su livelli simili anche nel prossimo anno.
«In questo momento il mercato non prevede ulteriori tagli da parte della BCE nel 2026 e al netto di qualche piccola oscillazione al rialzo verso fine anno, nei prossimi 12 mesi le rate dovrebbero rimanere tendenzialmente stabili», continuano gli esperti di Facile.it
Lo snodo resta l’inflazione: se dovesse tornare ad accelerare, non si potrebbero escludere nuove mosse restrittive della Bce, con un impatto immediato sugli indici e quindi sulle rate dei variabili. Più difficile, invece, «leggere» i fissi: finché i rendimenti dei titoli europei resteranno in salita, è complicato immaginare una traiettoria diversa per gli Irs e, a cascata, per i mutui collegati.
Per chi deve scegliere adesso, lo scenario è nettamente diverso rispetto a inizio anno. Nel 2025, il tasso variabile è tornato mediamente più conveniente. Secondo l’analisi** di Facile.it sulle migliori offerte online, per un mutuo da 126.000 euro in 25 anni (LTV 70%) i variabili partono da un TAN del 2,54%, con rata di 554,5 euro. A parità di profilo, i fissi partono da un TAN del 3,10%, con rata di 604 euro: circa 50 euro in più al mese.
«Scegliere oggi un tasso variabile significa partire con una rata più contenuta, ma il vantaggio economico iniziale può essere ritenuto da molti ancora non sufficiente per giustificare il rischio connesso a questo tipo di finanziamento. Per chi non è disposto a rischiare, invece, i fissi garantiscono comunque condizioni favorevoli, oltre alla certezza che la rata resti uguale per tutte la durata del mutuo. Non esiste in assoluto una soluzione giusta o sbagliata, la scelta va presa da ciascun richiedente secondo le proprie caratteristiche; un consulente esperto può essere d’aiuto per valutare pregi e difetti di ciascuna proposta e identificare quella più adatta», concludono gli esperti di Facile.it.
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