2020-07-03
Covid negli Usa: tutta colpa di Trump? Andiamoci piano
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Se la recrudescenza epidemica che gli Stati Uniti stanno vivendo ha un colpevole, costui non può che essere Donald Trump. È questa la linea, sposata da molti democratici e da gran parte della stampa progressista: non soltanto il presidente avrebbe gestito male la crisi sanitaria, ma l'avrebbe addirittura aggravata, invocando una riapertura celere delle attività economiche. Ma le cose stanno realmente così? Forse la situazione è vagamente più complessa.Irrompendo nella campagna elettorale per le prossime presidenziali, la questione del coronavirus ha da subito mostrato forti accenti di politicizzazione negli Stati Uniti. Accenti che, tra l'altro, tendono a perdurare. L'ultimo esempio riguarda la manifestazione del 4 luglio, che il presidente terrà a Washington nel National Mall (il parco che si estende dal Lincoln Memorial al Campidoglio). I democratici sono subito andati all'attacco, accusando Trump di non rispettare le linee guida per il contrasto al virus. Eppure gli stessi democratici e vari giornali progressisti hanno cavalcato - nei giorni scorsi - la tesi, secondo cui le proteste di Black Lives Matter, verificatesi nell'ultimo mese, non avrebbero contribuito a un incremento dei contagi né quindi alla recrudescenza in atto. Lo scorso 18 giugno, il Guardian spiegò la cosa, sostenendo che i manifestanti indossassero le mascherine e - soprattutto - che quelle proteste fossero avvenute all'aperto, risultando per questo "più sicure". Partendo da simili premesse, non si capisce allora per quale ragione le manifestazioni di Black Lives Matter all'aperto non risulterebbero dannose sul fronte del coronavirus, laddove gli eventi proposti da Trump si rivelerebbero invece rischiosi. Sottolineiamo, tra l'altro, che le celebrazioni del 4 luglio si terranno all'aperto e che - secondo quanto riferito da Cnn - il Dipartimento dell'Interno ha garantito la distribuzione in loco di 300.000 mascherine, l'installazione di oltre 100 postazioni per detergere le mani e che sarà fatto rispettare il distanziamento sociale (quel distanziamento sociale che, di contro, in molte manifestazioni di Black Lives Matter è stato violato). Insomma, il sospetto di doppiopesismo non è alla fine così infondato.Più in generale, Trump ha sicuramente commesso degli errori nella gestione della crisi epidemica: le minimizzazioni iniziali, le difficoltà nei test durante le prime settimane dell'emergenza, uno scetticismo esagerato nei confronti delle mascherine (che adesso sta ritrattando). Ciò detto, le cose vanno anche riportate alle giuste proporzioni. Anche perché, a fianco degli errori, il presidente ha messo in campo anche delle risposte energiche. Non dimentichiamo infatti che, tra marzo e aprile, la Casa Bianca - coordinandosi con il Congresso a livello bipartisan - ha approvato uno stanziamento complessivo di quasi tre trilioni di dollari: una cifra di gran lunga superiore agli 800 miliardi usati nel 2009 contro gli effetti della Grande Recessione. Ora, se una parte di questi fondi è andata al sostegno di individui, famiglie e imprese in difficoltà, un'altra parte è stata invece destinata al circuito sanitario. Questi stanziamenti sono stati infatti indirizzati alla ricerca per il vaccino, alla possibilità di effettuare tamponi gratuiti, al sostegno delle strutture ospedaliere e al potenziamento dei programmi sanitari federali (a partire da Medicare).Qualcuno replicherà forse che tutto questo conti poco, visto che Trump - esortando una riapertura celere delle attività economiche - sarebbe il responsabile della recrudescenza in atto. Ora, ammesso e non concesso che la causa del recente aumento dei contagi sia esclusivamente ascrivibile alla ripresa degli esercizi commerciali (e non anche alle manifestazioni di Black Lives Matter), c'è da ricordare un elemento: se è vero che Trump si sia sempre detto favorevole a una riapertura relativamente rapida, è altrettanto vero che la responsabilità politico-amministrativa dei lockdown ricade sotto l'autorità dei singoli governatori (non del presidente). Ora, dei circa 40 Stati che stanno vedendo una recrudescenza, svariati sono a guida democratica. La vulgata che vuole quindi attribuire il disastro a Trump non regge più: perché a fianco di alcune aree repubblicane duramente colpite (come Florida e Texas), ce ne sono altre amministrate dai democratici, come California e Michigan. Quello stesso Michigan che - giovedì scorso - ha registrato l'incremento di contagi più alto dal 29 maggio. Quel Michigan in cui la governatrice democratica, Gretchen Whitmer, aveva imposto misure particolarmente restrittive. Misure che aveva rimosso a inizio giugno, appellandosi a dati positivi (e non certo agli auspici di Trump). Tra l'altro, la governatrice annunciò il 1° giugno la fine del lockdown per l'8 giugno successivo, specificando comunque l'importanza del distanziamento sociale. Distanziamento che fu lei stessa tuttavia a violare, quando - il 4 giugno - ha preso parte a una manifestazione di Black Lives Matter, tenutasi a Detroit. E pensare che la Whitmer è considerata tra le papabili candidate alla vicepresidenza a fianco di Joe Biden: quello stesso Joe Biden che si fa riprendere e fotografare rigorosamente in mascherina e che invoca ripetutamente l'importanza del distanziamento sociale. Evidentemente ci sono distanziamenti di seria A e di serie B. "Miracoli" del doppio standard.