2022-05-12
Covid: la Cina inasprisce le misure e la Corea del Nord va in lockdown dopo un caso
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Il governo di Pyongyang, che sin qui aveva dichiarato zero casi di coronavirus, ammette le prime infezioni e vara chiusure drastiche. Ma è difficile capire cosa stia succedendo davvero. Intanto Pechino prosegue con la politica «zero Covid», con prezzi social altissimi.Qual è l'esatto bilanciamento tra protezione sanitaria e libertà? Quali rischi per la salute siamo disposti a correre e quali no? Quanto può spingersi oltre il controllo statale in casi di pandemia? Ecco tutta una serie di domande che, a differenza nostra, nessuno si porrà mai in Corea del Nord. La satrapia comunista retta da Kim Jong-un, dopo aver negato a lungo di aver avuto casi di Covid-19, ha decretato il lockdown totale dopo il primo caso di coronavirus. «Si è creata una grave situazione a causa dell'introduzione di un virus mutante Omicron nei nostri distretti», ha affermato l'agenzia di stampa ufficiale Kcna. Per questo Kim ha ordinato «misure di massima emergenza» con l’obiettivo di eliminare la pandemia, che ha definito una «grave emergenza nazionale». Il «leader supremo» della Repubblica popolare ha dichiarato: «L'obiettivo era quello di eliminare la radice il prima possibile», aggiungendo che «grazie alla forte consapevolezza politica della popolazione, supereremo sicuramente l'emergenza e riusciremo a portare a termine il progetto di quarantena». Il governo ha disposto controlli ancora più rigidi alle frontiere e lockdown su scala nazionale, invitando i concittadini «a bloccare completamente la diffusione del virus bloccando completamente le loro aree in tutte le città e contee del Paese». Tutte le attività commerciali e produttive saranno organizzate in modo che ogni unità di lavoro sia isolata per prevenire la diffusione della malattia. I media di Stato nordcoreani hanno parlato di un primo focolaio che sarebbe stato riscontrato nella capitale Pyongyang, non specificando però il numero dei casi. Dicono anche che il primo caso di contagio sarebbe stato riscontrato quattro giorni fa. Pare comunque che un primo lockdown sia stato introdotto in alcune aree di Pyongyang già a partire da martedì. Come tutto quello che riguarda questa nazione ermeticamente chiusa al resto del mondo, tuttavia, è difficile orientarsi, tra vigilatissima propaganda ufficiale del regime e rumors internazionali spesso fantasiosi. L'assenza di casi di Covid segnalata sin qui è apparsa a molti analisti inverosimile: è vero che il Paese ha contatti minimi con il resto del mondo, ma una delle poche nazioni con cui gli scambi sono sempre stati frequenti è la Cina, cioè la terra natale del virus, con cui peraltro il Paese condivide 1.500 chilometri di confine. In seguito all'emergenza sanitaria globale, pur ostentando sicurezza e ottimismo, il governo di Pyongyang aveva chiuso temporaneamente gli scambi anche con Pechino, aggravando ulteriormente le già misere condizioni dell'economia nazionale.Nessuna campagna di vaccinazione, tuttavia, è stata portata avanti. La Corea del Nord ha anzi rifiutato il vaccino cinese Sinovac offertole dall'Unicef e non ne ha voluto saperne di Astrazeneca. Nell'agosto del 2020, il governo ha annunciato di portare avanti lo sviluppo di un proprio vaccino contro il virus, senza fornire altre informazioni, né si sono avute notizie di ulteriori sviluppi in questo senso. Non è chiaro come Kim si comporterà adesso. Anche perché non si sa quanto il focolaio sia effettivamente esteso. È davvero credibile che un Paese tradizionalmente abituato a un'omertà ai limiti del ridicolo dichiari pubblicamente la «massima emergenza» per pochi casi di Omicron? Certo, il sistema sanitario scadente del Paese potrebbe avere difficoltà a reggere emergenze anche di carattere tenue, ma è anche vero che la stampa rigidamente controllata e degli standard di sofferenza pubblica ritenuta accettabile ben più alti dei nostri tendono a rendere la pandemia più «controllabile» in modo discreto lì che altrove.L'improvviso accendersi del focolaio nordcoreano arriva mentre la Cina è nel pieno dell'emergenza Covid più grave dai tempi di Wuhan. A Shanghai il lockdown prosegue da oltre un mese, anzi martedì le misure sono state perfino inasprite, con la chiusura delle linee metropolitane. Il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, pure ritenuto tendenzialmente amico di Pechino – cosa che ha pesato non poco sulla condiscendenza globale verso Pechino nelle prime fasi della pandemia - ha definito «non sostenibile» la politica dello «zero Covid» attuata dalle autorità cinesi, le quali hanno replicato accusandolo di «dichiarazioni irresponsabili». Di sicuro c'è solo che il Covid sa essere veramente micidiale quando si presenta in comorbilità con un'altra malattia: il comunismo.