
Il Tap è indispensabile al resto del Paese, per questioni energetiche, e al Sud stesso. Non si può pensare di raggiungere lo sviluppo economico pensando solo agli uliveti.Come si può, tra canto di cicale, profumo di ulivi, azzurro del mare, farsi molestare dall'idea di una modifica costituzionale? È quanto mi è successo nella splendida Puglia, dove villeggio tra natura, arte e antichi costumi. L'idea è questa: aggiungere nella Carta l'obbligo di ogni regione a fare la propria parte nell'interesse del Paese senza accampare scuse. Altrimenti, col piffero che avrà un solo soldo nella redistribuzione statale dei redditi. A guastarmi vacanze e sangue è stato nei giorni scorsi il neo ministro dell'Ambiente, Sergio Costa. Costui ha rimesso in forse l'approdo in Puglia del gasdotto Trans-Adriatico, noto come Tap (Trans-Adriatic pipeline). Dubita dell'utilità dell'opera. Inoltre, vestendo i panni naturalisti, dice che rivaluterà l'impatto sull'ambiente. Cosa strafatta negli anni passati, tanto che la Consulta ha respinto i ricorsi della regione e del suo sanguigno presidente, Michele Emiliano. Mettendo così a tacere gli ecologisti che difendono i 200 olivi di San Foca. Olivi che saranno trapiantati poco più in là dal punto di emersione della tubatura in arrivo dal Mar Caspio. Si è già riso abbastanza su queste fronde trattate come reliquie che dovrebbero prevalere su un gigante ingegneresco che servirà diverse nazioni dell'Europa meridionale. Non so da dove Costa tragga l'uzzolo di dichiarare inutile il gasdotto. Forse gli risulta che siamo sommersi di energia e che le nostre bollette non siano, come invece sono, le più care d'Europa. Il grillino, è un generale della ex Forestale accorpata di recente alla Benemerita dal genio amministrativo del fu ministro, Marianna Madia. Soprattutto, è un napoletano che è sempre stato di stanza nel Sud. Probabilmente si è immedesimato nei costumi del Mezzogiorno al quale, preso com'è dai fatti propri, il concetto di dovere nazionale è ignoto. La Puglia è specialista nel chiamarsi fuori. Ricordate la vicenda del rigassificatore di Brindisi? Risale all'inizio del millennio. Una società inglese, Gb, incoraggiata da tutti, aveva avviato la costruzione di un terminale per ritrasformare in gas il liquido delle petroliere. Quando l'opera era a buon punto e diventava oneroso rinunciarci, furono poste innumerevoli condizioni, trascinando l'iter oltre la decenza. Dopo 11 anni di balletto e 250 milioni di euro buttati al vento, gli inglesi scapparono. Insieme, evaporarono 1.000 posti di lavoro in un territorio ai vertici della disoccupazione. Altro capitolo è quello del South Stream, il gas russo intubato sulle coste del Mar Nero. Anch'esso doveva approdare in Puglia quando a governarla era il rifondazionista, Nichi Vendola. Mentre montavano le preoccupazioni di Nichi e dei soliti Verdi per gli ulivi e per le acciughe, il progetto abortì da sé. Fu infatti annullato nel 2014 per sculacciare Putin che aveva incorporato la Crimea. Matteo Renzi, obbedientissimo a Berlino e felice di togliersi le future querimonie baresi, rinunciò senza un bisbiglio. Tiriamo le somme. La Puglia senza terminali, gru e altre diavolerie, ha l'aria fina e il mare blu. Neanche una città pugliese è nella lista di Legambiente tra quelle sommerse di polveri sottili. Manca pure Taranto che, stando al battage locale, pare l'inferno in terra a causa dell'Ilva, che non piace come i gasdotti. E che, con buona pace degli indiani, finirà per chiudere. Le 39 città sopraffatte dallo smog sono - salvo Frosinone, Avellino, Terni e Napoli - tutte nel ricco e industre Centro-Nord. Il somaro da fatica dell'Italia. Lombardia, Veneto, Piemonte respirano l'ariaccia delle loro fabbriche, sfruttano ogni occasione per creare ricchezze e lavoro, si coprono di polveri, ceneri, agenti patogeni. Probabilmente, sono degli imbecilli. Ma sono ricchi e 100 miliardi delle tasse che pagano vanno a colmare i deficit erariali del Sud. Per stare al tema: la Puglia che, a parità di abitanti, produce poco più della metà del Pil piemontese (70 miliardi contro 125), è un debitore netto del Settentrione. Annualmente, riceve da Roma 12,5 miliardi di euro. Ogni pugliese si becca 3.085 euro in servizi che non potrebbe permettersi ma che invece gode grazie ai polentoni. I quali, poiché l'industria inquina, respirano smog per consentire ai sudditi di Emiliano di difendere gli ulivi e fare gli schizzinosi con le opere pubbliche che gli competono. Il tutto senza pagare pegno. Ecco perché vorrei in Costituzione un trafiletto che dica: chi non risica non rosica.
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