2023-03-28
«Cospito sta male per colpa sua» Rigettata la richiesta dei domiciliari
Il Tribunale di sorveglianza smonta l’istanza dei suoi avvocati: «Sta rifiutando coscientemente il protocollo di rialimentazione».Per l’anarco-insurrezionalista Alfredo Cospito è arrivato un altro no ai sogni di libertà. Anche il tribunale di Sorveglianza di Milano (come quello di Sassari) con un’ordinanza di ieri, 27 marzo, ha rigettato la sua istanza di lasciare il 41 bis e andare ai domiciliari per ragioni di salute poiché lo sciopero della fame è frutto di una libera scelta, che non può giustificare, per ovvi motivi logici prima ancora che giuridici, la concessione dei benefici penitenziari previsti dalla legge.I giudici, richiamandosi all’indirizzo granitico della Corte di Cassazione, rimarcano come quella di Cospito sia una «condizione di sofferenza autoprodotta dal condannato, realizzata mediante comportamenti come la mancanza di collaborazione per lo svolgimento di terapie» e che la «strumentalità della condotta che ha dato corso alle patologie oggi presenti è assolutamente certa». Per le toghe è evidente come il rifiuto dell’alimentazione e delle cure abbia generato il precario stato di salute del Cospito, che comunque conserva i parametri vitali. Quindi il Tribunale attribuisce allo sciopero della fame messo in atto dal bombarolo una finalità «strumentale» e la decisione del collegio per questo appare non solo scontata, ma anzi obbligata poiché colui che volontariamente mette in pericolo la propria integrità fisica non può invocare l’applicazione di norme pensate a difesa di chi sta male per cause indipendenti dalla propria volontà. Insomma, «l’autolesionismo» del detenuto non può ricevere alcuna tutela e tantomeno essere «premiato» con i benefici penitenziari. Per il tribunale, infatti, non ci sono elementi da cui dedurre che «la scelta di Cospito di intraprendere e, attualmente, proseguire nello sciopero della fame, possa essere ricondotta a tratti disfunzionali di personalità». Infatti «Cospito è lucido, collaborante» e «non emergono alterazioni della percezione, né acuzie psichiatriche». Non basta. Per il collegio «la motivazione dello sciopero della fame, rinnovata e gestita in maniera altalenante (sic, ndr), con assunzione al bisogno, ovvero occasionale degli integratori e comunque di acqua, sale e zucchero, è frutto di un ragionamento preordinato e consapevole».I magistrati, pur non mettendo in dubbio le precarie condizioni di Cospito, sottolineano pure che il presunto attacco cardiaco di cui sarebbe stato vittima nei giorni scorsi sarebbe stato «valutato come artefatto». Si sarebbe trattato di una erronea valutazione di un segnale della strumentazione a cui era attaccato Cospito. I magistrati hanno anche ricordato che all’anarco-insurrezionalista «quotidianamente viene proposto dai sanitari un protocollo di rialimentazione dopo digiuno prolungato» e che gli viene ribadito che «il proseguimento del regime dietetico lo espone a gravi rischi per la propria salute», ma che «il paziente, che comprende, rifiuta coscientemente».Il collegio non dimentica di evidenziare «l’estrema pericolosità sociale del detenuto in ragione dei suoi collegamenti con l’associazione terroristica denominata Fai/Fri, attualmente ancora operativa, e in considerazione delle recenti rivendicazioni da parte della stessa sigla di gravi fatti, quali il rinvenimento (lo scorso 23 febbraio, ndr) di un ordigno esplosivo all’ingresso del tribunale di Pisa».Una conclusione a cui i magistrati sono giunti dopo l’attenta lettura dei pareri della Procura generale di Torino e della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, dei decreti ministeriali che hanno mandato e mantenuto il guru dell’insurrezionalismo al 41 bis e anche delle argomentazioni sviluppate dal Tribunale di sorveglianza di Roma e dalla Cassazione.Dall’ordinanza apprendiamo anche che quando il presidente del collegio lo ha invitato a «cessare lo sciopero della fame a tutela delle sue condizioni di salute», il terrorista ha replicato che «avrebbe desistito solo se fossero stati scarcerati “quei quattro vecchi malati che ci sono in Sai (Servizio assistenza intensificata del carcere di Opera, ndr)“ e comunque di non poter vivere nel regime di 41 bis».I «quattro vecchi malati» sarebbero mafiosi condannati al regime speciale.C’è stata, infine, una valutazione sulla dimora presso la quale aveva chiesto di andare a scontare gli arresti domiciliari. Si tratta della residenza viterbese della sorella Claudia, nata a Ortona nel 1969. Una scelta singolare, considerando che la stessa è stata già processata e assolta dall’accusa di associazione eversiva insieme con il compagno, Stefano Del Moro, e che a casa dei due anarchici era stata arrestata nel 2016 l’ex compagna di Cospito, Anna Beniamino. Claudia, la persona che più assiduamente ha fatto visita in carcere al fratello, è la stessa a cui Cospito, aveva annunciato in anteprima l’intenzione di iniziare lo sciopero della fame e a cui aveva chiesto di far sapere all’esterno che «dopo la dieta sicuramente lo toglieranno dal regime speciale del 41 bis». Le aveva raccontato di aver scritto alle sette chiese e di aver organizzato con il suo avvocato una conferenza stampa: «Io spero che la gente venga [...] questa lotta che far ha un senso se sono in compagnia, se sono da solo, nessuno se la fila, muoio in silenzio!», aveva esclamato a colloquio con la donna. Poi si era augurato che «se ne parlasse in giro» e non soltanto in ambienti anarchici. Un obiettivo che è stato certamente raggiunto. Ma a sconsigliare la scarcerazione e i domiciliari della sorella anarco-insurrezionalista è stata anche la valutazione fatta dalla questura di Viterbo sull’appartamento dove la donna abita con i due figli minorenni: «L’abitazione è ubicata in uno stabile (nel quale insistono altri tre appartamenti) cui si accede tramite un vicolo stretto di larghezza appena sufficiente al transito di autovetture di piccole dimensioni». Infine il Tribunale di sorveglianza ha rigettato - anziché dichiarare il non luogo a provvedere - la richiesta del procuratore generale di Milano, Francesca Nanni, di collocare in modo permanente Cospito nel reparto di Medicina protetta dell’ospedale San Paolo di Milano, poiché tale richiesta deve essere vagliata dal magistrato di Sorveglianza (organo monocratico) e non dal Tribunale.
La sede della Corta penale internazionale dell’Aia (Ansa)