
Accertamenti dei giudici sugli abbattimenti selvaggi (e costosi) ordinati dalla giunta che aveva promesso un milione di piante in piùEra l’estate del 2021 e Roberto Gualtieri del Pd, candidato sindaco di Roma, in campagna elettorale, annunciava: «Pianterò un milione di alberi». Com’è finita? Ufficialmente in 2 anni (fine 2021-fine 2023) ne ha fatti abbattere 17.825, senza contare quelli buttati giù da settembre 2023 ad oggi, e ne ha ripiantati solo 2.403, cambiando di fatto i connotati alla capitale. Ma sulla sua amministrazione si è abbattuta una scure più affilata: quella della Corte dei conti. L’organo incaricato di vigilare sulla pubblica amministrazione ha bocciato il progetto del Pnrr per la piantumazione a Roma di 302.000 nuove alberature entro il 2026 - definito «irrealizzabile» - e soprattutto ha istituito una commissione ad hoc per fare luce su tutte le inefficienze capitoline che sconfessano totalmente le promesse green di Gualtieri. I magistrati si sono messi in moto dopo gli ultimi selvaggi abbattimenti eseguiti ad aprile per conto del sindaco e dell’assessore al verde Sabrina Alfonsi nell’area tutelata del Pincio di Roma: 49 grandi alberi, tra i quali sei pini monumentali a vista sani, abbattuti in poche settimane e in totale inosservanza del Regolamento del verde, che vieta questi interventi in periodo di nidificazione e ripresa vegetativa. Secondo i tecnici, erano «malati» o «morti in piedi», ma a seguito di una richiesta di accesso agli atti del Grig (Gruppo intervento giuridico) è emerso che non tutte le verifiche sono state effettuate con la strumentazione adeguata e in quota: molte perizie sono state soltanto visive; le ditte incaricate di farle sono le stesse che poi eseguono gli abbattimenti e gestiscono anche gli appalti per lo smaltimento (ogni albero, se sano, frutta migliaia di euro in legna). Eppure gli alberi, molti dei quali ufficialmente demoliti perché colpiti dalla cocciniglia Toumeyella, più spesso per danni da potatura, si sarebbero potuti salvare con soluzioni rapide, efficaci e meno onerose, ossia le cure endoterapiche, che costano 60 euro ad albero circa, rispetto agli abbattimenti che fruttano alle ditte incaricate dai 600 ai 2.000 euro a esemplare. Esborsi che non saranno sfuggiti alla Corte dei conti. Non è tutto: in base ai controlli eseguiti dai carabinieri, gran parte dei pochi alberi piantati sono stati ritrovati secchi. A Roma si parla del 50 per cento circa. Tra i vari dubbi sollevati dai magistrati contabili, inoltre, l’equiparazione della messa a dimora di alberi con la semina nei vivai. «È uno scandalo assoluto», lamenta la responsabile del comitato Difendiamo i Pini di Roma Jacopa Stinchelli.I grandi alberi di Roma, insomma, non muoiono per malattia ma per incuria. Il substrato culturale che fa da sfondo alla distruzione del verde romano è, ancora una volta, l’ideologia. Secondo Gualtieri, «gli alberi invecchiano, non sono eterni»; secondo gli esperti il ciclo vitale di un pino è il doppio di quanto indicato dal sindaco. Sullo sfondo, il business. «A Roma, nuovi Neroni si accreditano distruggendo gli alberi. Il Pnrr è stato una sciagura», ha dichiarato l’agronomo ed esperto nazionale Daniele Zanzi, «un treno carico di soldi che ha provocato un vero e proprio attacco alla diligenza da parte di chi specula sul green per accaparrarsi i soldi. In nome dell’ambiente, distruggono la vita».
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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2025-09-17
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