2019-05-15
Coro a sinistra contro il manifesto che chiede solo di difendere la vita
Da Francesco Laforgia a Enrico Mentana invocata la rimozione di Michelino, immagine di un feto affissa dai pro life a Roma su un palazzo. Lo stesso «clan dei diritti» che ha accusato il governo di censurare le lenzuola contro Matteo Salvini.Questo vogliono rimuoverlo. Dopo aver trascorso 24 ore a stracciarsi le vesti, ad accusare il ministero dell'Interno, la polizia e pure i vigili del fuoco di prove tecniche di totalitarismo a pila per avere tolto - sbagliando per eccesso di zelo - da un balcone di Brembate un lenzuolo con lo slogan «Qui non sei il benvenuto» (riferimento a Matteo Salvini in zona), ecco che improvvisamente per gli uomini e le donne di sinistra ogni manifesto non è bello a mamma sua. Gli stessi campioni ieri disposti a incendiarsi vivi (come sempre a parole) per difendere il diritto di dissenso orobico, oggi questo dissenso vorrebbero farlo a pezzi, bruciarlo con il lanciafiamme, chiamare quei pompieri di Brembate e offrire loro un posto in prima fila alla prossima Festa dell'Unità pur di vederli all'opera a sbullonare, disintegrare, trasformare in coriandoli Michelino.Michelino è un feto di sette piani, grandezza 250 metri quadrati, protagonista di un immenso manifesto Pro life, quindi contro l'aborto, affisso nottetempo sulla fiancata di un palazzo in via Tiburtina a Roma e accompagnato dallo slogan: «Cara Greta, se vuoi salvare il pianeta salviamo i cuccioli d'uomo. #Scelgolavita». Il riferimento è alla recente visita nella capitale della giovane Greta Thurnberg, testimonial del marketing planetario progressista legato ai pericoli del riscaldamento globale. Toni Brandi e Jacopo Coghe, leader del movimento Pro vita e promotori del Congresso mondiale delle famiglie di Verona, spiegano: «Noi scegliamo Michelino, feto di 11 settimane, e ci battiamo per la vita di tutti, senza discriminazione in base all'età o alla fase di sviluppo. Non ci fermeranno». Il manifesto, che per la grandezza rappresenta un record sull'argomento in Italia, vuol essere il lancio della Marcia per la Vita in programma proprio a Roma sabato prossimo con partenza da piazza della Repubblica (ore 14). In giornata è stato replicato al Portuense e in via Cristoforo Colombo. Tre manifesti non a Ebbing, ma a Roma. Egualmente tosti.I leader del movimento hanno precisato che l'affissione è arrivata dopo la sentenza favorevole del Tar in merito al ricorso contro la rimozione dei manifesti antiaborto decisi dal sindaco di Magione (Perugia), Giacomo Chiodini, effettuata con una motivazione così sgangherata («Messaggi cruenti che ledono la sensibilità delle donne che hanno vissuto un'esperienza traumatica») da indurre i giudici a invalidare l'ordinanza. Parte così, a due settimane dalle elezioni, la campagna per sostenere i candidati al Parlamento europeo contrari all'aborto. In prima fila c'è anche la fondazione Citizengo, fra i promotori del Family day e titolare degli altri due manifesti che rappresentano un feto femminile con un fiocco rosa in testa. Trasparente lo slogan: «Lei si candida a nascere, dalle fiducia!». Il direttore di Citizengo, Filippo Savarese, lancia la sfida: «Continueremo a scuotere le coscienze sui temi fondamentali della vita, della famiglia e della libertà educativa, delegando la nostra rappresentanza politica solo ai candidati che metteranno la loro faccia sui nostri valori e firmando il nostro manifesto». Poi una postilla non scontata: «Al sindaco Virginia Raggi che ci ha già censurato lanciamo un messaggio chiaro, stavolta tenga le mani a posto e rispetti la libertà di opinione».Il blitz notturno, il messaggio a Greta con appropriazione indebita del tema, i crismi di legalità dopo la sentenza del Tar, la serena determinazione, il giù le mani alla Raggi: ci sono tutti gli ingredienti per far impazzire la maionese gauchiste. E infatti il vespaio ha subito cominciato ad agitarsi, a confondere i piani, a chiedere interventi dall'alto e censure al grido: rimuovere, rimuovere, rimuovere. Per stemperare la tensione nell'ora più buia, nelle librerie Feltrinelli qualcuno ha fischiettato Bella Ciao. Il senatore Francesco Laforgia (la Sinistra) ha subito mandato un anatema: «La 194 non si tocca, questo fanatismo medioevale non può mettere in discussione la libertà delle donne e la civiltà giuridica di questo paese. Il manifesto va rimosso». Marta Bonafoni, capogruppo della lista civica Zingaretti alla Regione Lazio, ha ampliato la cortina fumogena postideologica: «Il movimento per la vita torna in piazza con l'affermazione del ddl Pillon e la cancellazione della legge 194. Rimuovere». Massimiliano Smeriglio, ex vicepresidente alla regione Lazio e candidato con il Pd alle Europee, si concentra sul dito invece che sulla luna: «Chi è contro Greta Thurnberg è contro milioni di giovani che si battono per la salvaguardia del pianeta. Togliere di lì». Poi c'è Enrico Mentana che, lanciando su Facebook il servizio di Open sul tema, commenta: «Il congresso mondiale delle famiglie di Verona non è stata una parentesi. Sabato, otto giorni prima del voto, a Roma c'è in programma una marcia nazionale, anticipata da questo eloquente, enorme manifesto». Al Campidoglio i vertici sono in riunione permanente per vedere come far togliere i manifesti. Non è facile, perché quello sulla Tiburtina è stato affisso su un palazzo privato tramite concessionaria. Tutto regolare, cercasi cavillo democratico e resistenziale per far sparire il Michelino finto. Così come vengono eliminati i Michelini veri.