2020-08-28
Contate come morte di covid
anche le vittime di incidenti
Per il ministero della Salute tutti i positivi al virus (guariti compresi) deceduti per qualunque motivo vanno sommati al totale dei soggetti uccisi dalla pandemia. Un pasticcio statistico che spiega il picco del Veneto.Il bollettino con i dati del Veneto diffuso dalla Protezione civile mercoledì svela che nel conteggio dei decessi per coronavirus finiscono perfino i guariti e i negativizzati: basta essersi beccati il Covid in passato e poi, qualsiasi sia la causa della morte, si va ad alimentare la casella della pandemia. A portare la macabra conta sono l'Istituto superiore di sanità e l'Istat. La parte di testo con le indicazioni è questa: «L'alto numero di decessi, 11, registrati nel bollettino Covid della Regione Veneto comprende soggetti, quasi tutti anziani, morti sul territorio (non in ospedale) negli ultimi giorni, e conteggiati solo oggi. Si tratta in gran parte inoltre di pazienti contagiati dal virus nei mesi scorsi, nel frattempo negativizzatisi, ma che su indicazione del ministero della Sanità vanno registrati comunque come soggetti con infezione da Covid». Gli 11 morti veneti finiti nel bollettino, insomma, non sono morti in ospedale. Quindi non erano pazienti con una diagnosi grave. Anzi, a leggere il bollettino, nel frattempo si erano negativizzati. Quindi risultavano tra i guariti. Sono morti a casa loro, probabilmente per l'aggravarsi di patologie preesistenti. Ma siccome nella loro storia clinica è presente il coronavirus, secondo il ministero della Salute devono sommarsi ai deceduti per Covid-19. È come se gli ammalati di influenza spagnola tra il 1918 e il 1920 risultati guariti e poi morti molti anni dopo fossero finiti nella conta dei morti per la Spagnola. Ora, paradossalmente, se un ex paziente Covid, magari asintomatico, si pianta con l'auto contro un guard rail e ci lascia le penne il suo nome viene piazziato, per volere del ministero della Salute, tra i morti per coronavirus, andando a rimpolpare la già non esigua statistica. Seguendo questo principio i 263.949 «casi accertati» del bollettino di ieri saranno in futuro tutti morti per coronavirus. Una casistica che inevitabilmente farà sballare tutti gli studi statistici. La disposizione del ministero, però, cozza pure con l'ultimo rapporto dell'Istituto guidato dal professor Silvio Brusaferro e dell'Istat, che risale al 16 luglio 2020 e che riporta come al 25 maggio il Covid-19 era «la causa direttamente responsabile della morte nell'89 per cento dei decessi di persone positive al test Sars-CoV-2, mentre per il restante 11 le cause di decesso sono le malattie cardiovascolari (4,6 per cento), i tumori (2,4 per cento), le patologie del sistema respiratorio (1 per cento), il diabete (0,6 per cento), le demenze e le malattie dell'apparato digerente (rispettivamente 0,6 e 0,5 per cento). Nel caso del Veneto, però, gli ex contagiati sono finiti tutti nella voce decesso per Covid. Dall'ufficio stampa dell'Iss, contattato dalla Verità, dopo una veloce consultazione con gli esperti dell'Istituto, fanno sapere che «è una malattia ancora in fase di studio», «che non si conoscono bene le conseguenze a lungo termine di questo virus» e che «i pazienti contagiati, seppur negativizzati, potrebbero morire dopo diverso tempo comunque per i danni causati dal coronavirus». E c'è una seconda questione: «Non è certo che i pazienti risultati negativi al tampone abbiano poi totalmente debellato il virus». La collega dell'ufficio stampa spiega: «Il tampone rinofaringeo potrebbe non rilevarlo perché si ferma in superficie, mentre il virus potrebbe ancora essere annidato all'interno dei polmoni». E ancora: «Il monitoraggio di chi è stato paziente Covid continua anche sul lungo periodo, perché il virus potrebbe fare danni a lungo termine». Il ministero della Salute, quindi, ritiene di dover inserire tra i morti di Covid anche i pazienti negativizzati. L'Istat ha inviato ai medici un modello parzialmente precompilato per la «scheda di morte», con allegate lunghissime indicazioni. Ecco la premessa: «Per adottare corrette misure di salute pubblica e condurre analisi epidemiologiche riguardanti la grave crisi sanitaria, per i decessi correlati al Covid-19 è fondamentale disporre di statistiche di qualità». E poco oltre è spiegato: «È importante riportare sempre l'informazione, confermata o sospetta, della presenza di Covid-19. Se si ritiene che il Covid-19 abbia causato direttamente il decesso, riportare questa condizione nella parte I, anche se non c'è una diagnosi confermata. Riportare comunque la condizione indicando probabile o sospetta». Basta un «probabile» e il caso viene liquidato come morte per coronavirus. L'unico modo per accertare la causa della morte con rigore scientifico, insomma, resta l'autopsia. Che, però, il ministero durante la fase d'emergenza ha sconsigliato con una circolare, innescando non poche proteste da parte degli anatomopatologi. La stessa proiezione vale anche per i ricoverati, che attualmente non vengono distinti con una diagnosi, ma sempre e solo con il tampone. La differenza non è di poco conto: mentre nella fase acuta della pandemia i pazienti arrivavano in ospedale a causa dei sintomi da Covid-19 e riempivano le terapie intensive perché non riuscivano a respirare, ora si presentano con altre patologie e, sottoposti a tampone, risultano positivi. Sono asintomatici e si recano in ospedale per cause diverse, ma per la statistica finiscono tra i pazienti Covid. E ovviamente vanno ad alimentare il bollettino giornaliero della Protezione civile. Un metodo, questo, che, sebbene compatibile con la prima fase della pandemia, ora potrebbe far sballare le classificazioni, distogliendo l'attenzione da altre cause di ricovero. In prospettiva le indagini statistiche potrebbero quindi risultare imprecise o, addirittura, falsate. Ma per ora la conta giornaliera va avanti così. Come ministero comanda.
Jose Mourinho (Getty Images)