2019-12-12
Conte ipnotizza un’Aula vuota. Poi il centrodestra suona la sveglia
Nel dibattito sul salva Stati, il premier aggira i temi cruciali. Lega e Fdi gli ricordano gli impegni presi e anche Fi si allinea.Il copione prevedeva esattamente queste tre parti in commedia. Da un lato, un Giuseppe Conte desideroso di anestetizzare la discussione mimetizzando il tema incandescente del Mes in mezzo a soporifere dissertazioni sugli altri punti all'ordine del giorno del Consiglio europeo. Dall'altro, un'opposizione fiammeggiante: e in effetti, a Montecitorio Claudio Borghi e Giorgia Meloni, e al Senato Alberto Bagnai e naturalmente Matteo Salvini, non hanno deluso le attese, con interventi divenuti immediatamente virali sui social network. Nel mezzo, il grande imbarazzo di un M5s costretto a un'umiliante retromarcia. La Camera (mezza vuota, con numerose assenze sui banchi della maggioranza) è stata infiammata dal leghista Borghi, con un intervento giocato su due piani. Dapprima, l'accusa a Conte sul mancato rispetto della risoluzione parlamentare di giugno: «Cosa posso pensare se sento che il trattato è chiuso? Che lei è un traditore. A giugno il mandato era solo uno: che quel trattato l'Italia non lo avrebbe firmato». E ancora, feroce ironia: «Quando l'abbiamo vista raggiante sui divanetti, con Merkel, Macron e Rocco Casalino, se li ricordava gli impegni che aveva preso? Da Cavour e De Gasperi, ora mandiamo in Europa Conte e Casalino…». E poi la seconda parte dell'intervento di Borghi, con il tormentone «cosa non capiva?», sempre rivolto a Conte, nel ricordare la vecchia risoluzione, e snocciolando una sequenza di perfide citazioni grilline, tratte proprio del dibattito di giugno, per evidenziare il cambio di atteggiamento del M5s. Quanto alla leader di Fdi, la Meloni ha prima smontato il tema dell'ormai inesistente pacchetto («Il punto è come si chiude: l'Italia dovrebbe puntare i piedi e chiedere di firmare tutti i testi insieme. Quando non avremo più l'arma della sottoscrizione del Mes, ci faranno a pezzi. Presidente Conte, chi glielo ha suggerito questo metodo? Tafazzi?»), e poi ha maramaldeggiato sui grillini: «Ho dichiarato nei giorni scorsi che il M5s avrebbe fatto finta di avere ottenuto qualcosa prima di cedere sul Mes, e così è andata». E ancora: «State molto attenti quando parlate di Fdi. Noi abbiamo votato contro il Fondo salva Stati. Noi siamo quello che voi non avete saputo essere». Da segnalare altri due interventi, per ragioni diverse. Da un lato, quello - imbarazzatissimo - di Lia Quartapelle (Pd), che ha speso lunghi minuti a giustificarsi per le perplessità che sollevò a suo tempo sulla riforma del Mes (tutte ricordate nei giorni scorsi dalla Verità), e per tentare di spiegare che le sue critiche sarebbero state in realtà rivolte al governo di allora e alla Lega, non al Fondo. Dopo questa poco efficace excusatio, l'inevitabile piagnisteo sulla macchina di propaganda leghista e sulle presunte falsificazioni e le mistificazioni delle opposizioni. Risultato? Una poderosa contestazione da parte della Lega verso i banchi del Pd, con il coro «Venduti, venduti», e gli inevitabili battibecchi con un Roberto Fico particolarmente impacciato e inadeguato. Dall'altro lato, va segnalato per ragioni opposte l'intervento della capogruppo di Fi Mariastella Gelmini, che, pur tenendo a ribadire l'impostazione europeista del suo gruppo, ha però condiviso molte delle perplessità degli alleati sulla riforma, in particolare ricordando che l'Italia potrebbe essere sottoposta a condizionalità e penalizzazioni nel momento di una crisi. Nel pomeriggio, la scena si è spostata nell'Aula più compassata di Palazzo Madama. Subito, un aperto endorsement a Conte di Mario Monti, che ha definito «pragmatiche e coerenti» le comunicazioni del premier, bollando invece il resto del dibattito come «surreale e controproducente», addirittura su una «questione di fantasia» (così Monti ha liquidato le perplessità sul Mes). Sulla medesima linea eurolirica, anche Pierferdinando Casini («Non siamo abbastanza europeisti, ci vuole un sovranismo europeo»)L'intervento più chirurgico è stato quello del leghista Alberto Bagnai, che ha rimproverato a Conte un punto di metodo: «Come mai un trattato che, nelle sue parole, è innocuo, è stato recato ai parlamentari in stanza chiusa, con divieto di prendere appunti e comunicare con l'esterno? Se lo si voleva tenere sotto vincoli di segretezza, tanto innocuo non era…». Poi, con una battuta («Dio è morto, l'Ue è moribonda e anche il governo non sta tanto bene»), Bagnai ha avuto buon gioco a citare le perplessità sulla riforma del Mes - espresse proprio ieri - anche da uno dei più autorevoli economisti viventi, Paul De Grauwe, non certo un pericoloso populista. In dichiarazione di voto ha infine parlato Matteo Salvini, che ha apostrofato Conte come «copia sbiadita del presidente Monti», ha rivendicato le 500.000 firme di cittadini («500.000 terroristi», ha ironizzato Salvini) contro il Mes, così come l'appello di 32 docenti universitari contrari alla riforma («Il Pd si innervosisce se cito docenti che la pensano diversamente: professori veri con concorsi veri», ha maramaldeggiato il leader leghista guardando Conte). Salvini ha poi duramente criticato la sorta di immunità legale garantita ai tecnici del Mes («Andate a spiegarlo agli operai dell'Ilva che lo scudo non vale a Taranto, ma vale a Bruxelles per i vostri amici»). Battuta finale sui grillini, a cui Salvini ha ricordato un punto del loro vecchio programma: «Smantellare il Mes».