2020-12-18
Conte e Di Maio pagano il «riscatto». Con la passerella incoronano Haftar
Grazie all’irrituale visita del premier, il generale strappa a Roma l’agognato riconoscimento. Copasir perplesso per l’operazioneQuando il portavoce del premier ha fatto sapere che Giuseppe Conte e Luigi Di Maio erano in volo verso Bengasi per liberare gli equipaggi dei pescherecci italiani, la prima domanda è stata: perché un premier va in aereo a riprendere degli italiani sequestrati all’estero? Mai accaduto prima. Le passerelle - basti pensare all’ultimo caso di Silvia Romano - sono sempre state allestite a Ciampino. Per capire però il vero significato del viaggio si è dovuta avere la conferma che i due rappresentanti del governo hanno incontrato il generale Khalifa Haftar, all’aeroporto della città della Cirenaica. Si sono intrattenuti un’ora e così il generale ribelle, che lo scorso anno è stato a un passo dal conquistare Tripoli, ha ottenuto ciò che voleva. In cambio della liberazione un pesantissimo pegno politico. Il viaggio di Conte e Di Maio è stato di fatto il riconoscimento nemmeno tanto implicito di Haftar quale capo di Stato. A settembre, nelle ore immediatamente precedenti il sequestro dei due pescherecci, il nostro ministro degli Esteri era volato a Tripoli per incontrare Fayez Al Serraj. In quell’occasione aveva stretto la mano anche al presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, e Mustafa Sanalla, capo della Noc, la compagnia petrolifera. L’esclusione dell’uomo forte di Bengasi non era casuale, ma evidentemente mirata a escluderlo dall’accordo economico collegato al cessate il fuoco firmato ad agosto. Quella mossa, da Haftar, è stata interpretata come un atto ostile dell’Italia e una «delegittimazione». Il generale infatti aveva già incontrato Conte non solo a Palermo, ai tempi del governo gialloblù, ma anche lo scorso gennaio, quando era stato invitato a Roma e accolto a Ciampino con il protocollo che spetta ai capi di Stato. Quell’incontro andò male per noi. Infatti fallì il tentativo di far stringere la mano ai due leader libici. Serraj , che arrivava da Bruxelles in aereo, saputo della presenza di Haftar a Roma, tirò dritto verso Tripoli. Conte fece una figura barbina ma il generale della Cirenaica ebbe la sua passerella. Per questo gli è risultato difficile il cambio di strategia a settembre. Di Maio ha sempre negato che il sequestro dei pescatori avesse a che fare con il suo viaggio in Libia; purtroppo la sua presenza ieri sembra smentire la lunga serie di dichiarazioni della Farnesina. L’inchino del nostro governo servirà in ogni caso a rilanciare sulla scena politica un leader militarmente all’angolo e potrebbe modificare l’intero scenario libico. Con quale nazione estera è stata condivisa la mossa? Gli Usa e la Russia sono state informate prima? Della benzina messa nei tank (politici) di Haftar beneficerà la Russia? O l’Egitto? Interrogativo cui il governo dovrebbe rispondere. «Oggi siano tutti felici, senza distinzione alcuna, per la liberazione dei nostri pescatori», ha commentato il vice presidente del Copasir, Adolfo Urso. «Ringraziamo il lavoro straordinario compiuto dall’Aise, che dimostra ancora una volta la grande professionalità della nostra intelligence. Ci sarà tempo per valutare appieno quali siano state le motivazioni politiche del sequestro, il perché di questa lunga e ingiustificata detenzione e quali siano, se vi siano stati, gli impegni assunti dal presidente del Consiglio e dal ministro degli Esteri. Non credo che siano giunti a Bengasi per una photo opportunty», ha concluso Urso, lasciando intendere che qualche domanda verrà posta nelle sedi opportune. Sul tema interviene anche il senatore della Lega Paolo Arrigoni, anch’egli membro del Copasir. Dopo essersi complimento con l’intelligence estera, si pone una domanda fondamentale: «Quali saranno gli effetti del dare tale risalto ad Haftar nell’ambito della liberazione?», ha commentato, aggiungendo dubbi sull’opportunità «di anticipare l’odore della notizia», magari con il rischio di mettere a repentaglio la parte logistica del rilascio. Le osservazioni dei due rappresentanti del comitato parlamentare portano dritte al rischio di modificare la politica estera dell’Italia sotto la spinta di un ricatto criminale. Haftar, in cambio del rilascio dei pescatori, aveva chiesto la riconsegna di quattro «calciatori» condannati in via definitiva per traffico di esseri umani e detenuti in un carcere italiano. Sapeva che i nostri servizi non avrebbero certo potuto liberarli. Tanto da mettere subito in chiaro una cosa: la contropartita doveva essere politica. Quella che ha ottenuto ieri. Resta un effetto collaterale da comprendere. Se Conte ha beneficiato politicamente dell’attività dell’Aise in un momento di crisi di governo e a pochi giorni dal Natale, c’è da chiedersi quali saranno le reazioni del Pd, di Italia viva e dei 5 stelle. Meno di 48 ore fa, Enzo Amendola ha messo in discussione le deleghe ai servizi saldamente in mano al premier. Ieri il presidente del Copasir, Raffaele Volpi, ha celebrato il rilascio ringraziando «unicamente» l’intelligence. Il messaggio sembra chiaro. Conte non tiri troppo la corda. C’è da definire l’avvio della fondazione sulla cybersecurity che già ha fatto infuriare il Pd e nei prossimi giorni stabilire i nomi dei vicedirettori di ben due agenzie. Al meno su questo dovrà condividere tutte le scelte con il Copasir e con i suoi ministri.