2023-02-10
Per blindare l’obbligo la Consulta sfrutta le bufale sui vaccini
Marta Cartabia (Imagoeconomica)
Il dl di Mario Draghi «assolto» perché i sieri limiterebbero i contagi. Snobbato anche il dramma di chi aveva perso lo stipendio.Leggete e trasecolate tutti: sono uscite le sentenze integrali con cui la Consulta, com’era noto dal primo dicembre scorso, «assolve» l’obbligo vaccinale per i sanitari, voluto dal governo di Mario Draghi e incardinato in un decreto di aprile 2021, che cesellò l’allora Guardasigilli - ed ex presidente della Corte stessa - Marta Cartabia.Per il procedimento sulla psicologa no vax, alla quale era stato vietato lo smart working - la vessazione più palesemente assurda - è stata dichiarata soltanto l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale. Motivi formali hanno risparmiato alle toghe l’imbarazzo. I pronunciamenti che lasciano sbalorditi, invece, sono quello che fa riferimento all’ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia e quello che si esprime sul ricorso del tribunale di Brescia. I giudici s’aggrappano agli esempi di Germania, Francia, Regno Unito e Usa e ritengono che la norma sulla puntura coatta non fosse irragionevole né sproporzionata, rispetto all’obiettivo di prevenire la diffusione del virus e di salvaguardare il funzionamento del sistema sanitario. L’alternativa - tamponi a tappeto - avrebbe comportato «costi insostenibili» e un «intollerabile sforzo per il sistema sanitario». Come se non fossero esistiti i test rapidi, utilizzati dagli altri lavoratori cui era richiesto il green pass base. Non erano abbastanza precisi? Be’, nemmeno il vaccino… Di questo, gli estensori delle sentenze non si preoccupano. In loro soccorso, è giunta una risma di bufale scientifiche. O meglio, di verità parziali, utili a dimostrare che quel decreto era idoneo al suo scopo: ostacolare il contagio, appunto.Alla faccia di decine di bollettini, dai quali emergeva che si contagiavano più i non vaccinati dei vaccinati; alla faccia delle dichiarazioni di Janine Small, rappresentante di Pfizer, la quale ha ammesso all’Europarlamento che il Comirnaty non era nemmeno stato testato per la capacità di bloccare la trasmissione del Sars-Cov-2; in barba a tutto ciò, le toghe citano fonti Iss, secondo cui i vaccini sarebbero stati utili a «prevenire l’infezione». Venivano comunque bucati, specie dalle varianti Delta e poi Omicron? Pazienza: è falso che «un vaccino sia efficace solo se esso produca una immunizzazione pari al 100% delle somministrazioni». Certo. Ma in ballo non c’era una utopistica perfezione. Il problema era un altro: per mesi, i report dell’Iss hanno dimostrato che la capacità dei prodotti a mRna di schermare dal Covid si era molto ridimensionata. Persino la quarta dose, trascorsi 120 giorni dall’iniezione, faceva cilecca, con risultati inferiori a quelli del primo booster. Purtroppo, la Corte liquida la questione in poche righe, affermando letteralmente che bisogna andare «al di là» della «maggiore capacità» di Omicron di eludere la protezione vaccinale. Se i fatti non si accordano con la teoria, tanto peggio per i fatti.È grazie a questa arrampicata sugli specchi che i redattori delle due sentenze, Filippo Patroni Griffi e Stefano Petitti (l’uno, membro dei governi Monti e Letta; il secondo, autore di un pregevole podcast proprio sulla disciplina dell’obbligo vaccinale), riescono a sostenere che l’inoculazione forzata «ha consentito di perseguire, oltre che la tutela della salute di una delle categorie esposte al contagio, “il duplice scopo di proteggere quanti entrano con loro in contatto e di evitare l’interruzione di servizi essenziali per la collettività”». Quindi, i vaccini avrebbero fatto in modo che i pazienti fragili non contraessero il Covid in ospedale e avrebbero garantito che il personale sanitario, schivando la malattia, non svuotasse le corsie. Chissà in quale mondo parallelo hanno vissuto le toghe costituzionali. Era sufficiente Google, per trovare articoli tipo quello uscito sul Mattino il 15 gennaio 2022: «Assenti 40.000 operatori sanitari tra positivi e no vax». Perché oltre ai camici bianchi e verdi che si beccavano il Covid nonostante il vaccino, e perciò dovevano stare in quarantena, c’erano i renitenti che, i reparti, venivano costretti ad abbandonarli, insieme allo stipendio. Ecco a voi ragionevolezza e proporzionalità della norma. Ma ammettiamo che, quando fu varato il decreto, si fosse genuinamente convinti che i vaccini avrebbero sconfitto il coronavirus. Rimane un punto: l’obbligo è stato prorogato fino al 31 ottobre 2022. Ma dall’estate precedente, con Delta, o dall’inverno 2021, con Omicron, era patente l’incapacità delle dosi di prevenire l’infezione. La Corte stessa osserva che ogni misura «può e deve mutare in base all’evoluzione della situazione sanitaria». Peccato che quella riguardante la vaccinazione obbligatoria sia stata prorogata a oltranza, fino a quando Giorgia Meloni e Orazio Schillaci ne hanno anticipato di un mese l’ultima scadenza. In maniera surreale, le motivazioni della Consulta si appigliano alla «genetica e originaria transitorietà» della legge anche per promuovere la pena per medici e infermieri riluttanti all’inoculazione: la sospensione. In fondo, per loro non era prevista «alcuna conseguenza di tipo disciplinare». E, a chi avesse rifiutato la puntura, sarebbe bastato assumersi «responsabilmente […] le conseguenze» giuridiche della scelta. Ovvero, perdere ogni fonte di reddito per un anno e mezzo. Tutti in sciopero della fame: magari, come Alfredo Cospito, si trovava qualche parlamentare pd pietoso. Secondo la Corte, è stato giusto pure negare il diritto a un assegno alimentare: era «il lavoratore», difatti, a «sottrarsi unilateralmente alle condizioni di sicurezza» imposte. Il principio del «sono fatti vostri» è sdoganato anche nel campo degli effetti avversi. I giudici si fanno bastare i carenti monitoraggi dell’Aifa e scrollano le spalle: il rischio di reazioni gravi, stando alla giurisprudenza consolidata, non depone contro l’obbligo del trattamento; «costituisce semmai titolo all’indennizzo». Buona fortuna a chi vuol provare a ottenerlo.
Ursula von der Leyen (Ansa)