La Consulta si mette a nudo. Altro che Costituzione, difende Europa e «scienza»

L’unica speranza, ormai, è che in un prossimo e radioso futuro il corpo martoriato di questa nostra nazione riesca in qualche modo a espellere le tossine dell’ideologia. A quel punto, e solo a quel punto, potremo guardarci indietro rendendoci conto dell’abisso di delirio in cui siamo stati gettati. Un abisso da cui ieri è emersa l’allucinante intervista concessa al Corriere della Sera da Silvana Sciarra, presidente della Corte costituzionale. In una nazione che, appunto, non fosse intossicata, le parole della giuslavorista che guida la Consulta sarebbero state accolte con sdegno diffuso. Invece qui ha prevalso il silenzio dell’ottundimento e della rassegnazione.
Gli aspetti lisergici dell’intervista sono fin troppi, dunque occorre procedere per grandi temi. Il primo è senz’altro quello dell’opportunità. Sappiamo che la Corte costituzionale si è espressa sull’obbligo vaccinale di fatto benedicendolo e respingendo tutti i ricorsi - anche molto dettagliati - ampiamente illustrati la settimana scorsa. La cittadinanza è stata informata della decisione tramite comunicato stampa, e siamo ancora in attesa di conoscere le motivazioni che, si presume, le Consulta presenterà ufficialmente nei prossimi giorni (o settimane). Dunque per quale motivo la presidente Sciarra si permette di commentare con la stampa pronunce di cui non si conoscono ancora i dettagli? Non soltanto il galateo istituzionale ma pure il buon senso suggerirebbero di esprimersi tramite documenti ufficiali, concedendo interviste - al massimo - a motivazioni pubblicate. E invece no: con la sicumera di chi ritiene di navigare col vento della Storia nelle vele, la Sciarra conciona in libertà delle decisioni sull’obbligo. A ben vedere, si tratta dell’ennesima sgrammaticatura. Giusto per rinfrescare la memoria: poco prima che la Corte si esprimesse, sulla Stampa è uscito un lunghissimo articolo di Donatella Stasio a favore dell’obbligo di iniezione. Chi è la Stasio? Beh, fino a qualche tempo fa era la portavoce della… Corte costituzionale. Curioso, no?
E non è tutto. Tra le toghe che si sono espresse sui vaccini c’era pure Marco D’Alberti, fresco di nomina. L’augusto professore romano, prima di entrare alla Consulta era consigliere giuridico del governo Draghi. In pratica a decidere sull’obbligo c’era anche un ex consulente del governo che ha imposto l’obbligo. Tanto per non farsi mancare nulla, anche sulla Sciarra ci sarebbe da dire. Eletta nel 2014 su indicazione di Matteo Renzi, immaginarla ostile a un provvedimento draghiano è difficile. Tanto più che sul decreto riguardante l’obbligo la firma era quella di Marta Cartabia, divenuta ministro della Giustizia dopo aver presieduto la Consulta di cui la Sciarra già faceva parte. Un bell’intreccio politico, non c’è che dire.
A dire il vero, di fronte alla Corte qualcuno ha provato a sollevare il problema, e precisamente l’avvocato Augusto Sinagra, che infatti è stato zittito proprio dalla Sciarra. Ieri la presidente si è giustificata così: «Dopo numerosi inviti a contenere quell’intervento senza uscire dai binari previsti, ho ritenuto doveroso intervenire per garantire l’ordinato svolgimento dell’udienza. Quanto al riferimento all’imparzialità del collegio, io e tutti i giudici non avevamo alcun dubbio, e avevo già pacatamente riferito della riflessione collegiale su questo punto». Beh, forse le toghe non avevano dubbi, ma a noi invece un po’ di perplessità sono rimaste. E la disinvoltura con cui ora la Sciarra si esibisce sulle pagine dei quotidiani non contribuisce a fugarle.
Fin qui, il meno. I passaggi più sconvolgenti del ragionamento della Sciarra sono altri, soprattutto quelli in cui la giurista entra nel merito della decisione della Corte sul siero. «Il filo conduttore delle nostre decisioni», argomenta, «è stata la non irragionevolezza delle scelte adottate dal legislatore, sulla scorta dei risultati ottenuti dalla scienza». E ancora: «La Corte ha ascoltato la scienza, come del resto è avvenuto più volte in passato, in tema di vaccinazione e altro. E ha ascoltato tutte le voci che si sono espresse in un’udienza pubblica altrettanto lunga e approfondita». Sinceramente ci chiediamo quale diamine di scienza abbiano ascoltato i giudici. Quella che ha ampiamente dimostrato la possibilità di ammalarsi e contagiare per i vaccinati?
Evidentemente no. Giusto un paio di giorni fa, la prestigiosa rivista scientifica Nature ha pubblicato un’indagine condotta da Michael Petersen dell’Università di Aarhus in Danimarca. Uno studio che ha coinvolto oltre 15.000 persone in 21 nazioni, da cui emerge che le misure sanitarie di contrasto alla pandemia hanno prodotto divisioni sociali ed emarginazione dei renitenti al vaccino. Alla luce di questi risultati scientifici la Corte cambierà il proprio orientamento? Certo che no. Per altro, viene da chiedersi a quale forma di giurisprudenza creativa ci troviamo davanti. Teoricamente, le decisioni della Consulta dovrebbero basarsi sulla Costituzione, non sulla scienza vera o presunta. È forse la scienza a stabilire che sia giusto levare lo stipendio a chi rifiuta una iniezione? Se la Sciarra ha uno studio a riguardo, speriamo che ce lo mostri. Magari concedendo un’altra bella intervista in assenza di atti ufficiali.
Purtroppo, pare che a questo livello di contagio ideologico anche le verità più banali vengano rimesse in discussione. Non c’è dichiarazione della Sciarra che non appaia intrisa di pensiero dominante. Dopo essersi esibita sui vaccini, la presidente si è messa a discutere di diritto europeo nemmeno fosse l’ufficio stampa dell’Ue. Ha magnificato l’operato della Corte di giustizia europea che fornisce «un’interpretazione uniforme del diritto europeo che si riverbera su tutti gli ordinamenti nazionali. È un dato importantissimo perché dà un’ulteriore spinta unificante agli Stati membri dell’Unione». Capito? L’importante è garantire la spinta unificante, mica tutelare la sovranità degli Stati. Viene da chiedersi a che cosa servano le Corti costituzionali delle singole nazioni, dato che la Sciarra ne teorizza la totale sottomissione alle regole comunitarie, ovviamente infierendo sui cattivoni ungheresi e polacchi.
«Se dopo i rilievi della Commissione europea sulla tenuta dello Stato di diritto, per esempio in Ungheria e Polonia», dice, «le rispettive Corti pongono in discussione la supremazia del diritto europeo su quello nazionale, si finisce per mettere in crisi il ruolo attivo dell’Unione». Ma certo: la Consulta mica deve tutelare il diritto italico, anzi sta lì per assicurarsi che la nazione obbedisca come deve alle decisioni della Commissione europea. Non è un caso che la Sciarra - in piena esaltazione europeista - arrivi a magnificare la stabilità dei bilanci: «Anche un bilancio stabile è un valore e un bene collettivo, così come il bilancio europeo: la Corte di giustizia ha chiarito a Ungheria e Polonia che per accedere ai fondi europei devono rispettare lo Stato di diritto, perché i principi della democrazia si riversano anche sulla trasparenza del bilancio. Si tratta di valori comuni intorno ai quali dobbiamo stringerci. Sono una garanzia per tutti».
Poiché è stata la Sciarra medesima a calarsi nell’agone mediatico, ci permettiamo di avanzare qualche dubbio. Ci domandiamo, ad esempio, come possa un giurista così attento alla volontà della Commissione europea esprimersi contro un obbligo che ha imposto l’utilizzo di milioni di dosi il cui acquisto è stato gestito dalla stessa commissione in totale opacità, tanto che perfino il ministro Orazio Schillaci ora chiede di rivedere le procedure di acquisto. E forse proprio qui sta il punto: contro l’obbligo non bisognava esprimersi. La sovranità degli Stati non va nemmeno più chiamata in causa, il diritto europeo deve trionfare e le istituzioni che dovrebbero mettere limiti al potere - così tutelando i cittadini - si occupano in realtà di garantire la sottomissione dei popoli ai diktat sovranazionali.
Al cospetto de Lascienza, il diritto deve cedere il passo: ce lo chiede l’Europa. Sono concetti leggermente eversivi, ma colgono lo spirito abietto dei tempi.