2022-09-13
Confindustria scappa dalla politica e si rifugia da papa Francesco
Papa Francesco e Carlo Bonomi (Ansa)
Per la prima volta l’assemblea pubblica si è tenuta durante l’udienza di un Pontefice. Gli industriali orfani di Mario Draghi, invece di presentare la loro agenda elettorale al futuro premier, si allontanano dai partiti.«Siamo qui riuniti per un evento straordinario: l’udienza del Santo padre all’assemblea pubblica di Confindustria. Una decisione assunta mesi fa, quando certamente non avremmo immaginato che si sarebbe tenuto a pochi giorni dalle prossime elezioni politiche in Italia. Ma a maggior ragione, oggi, siamo persuasi di aver compiuto una scelta lungimirante». Il presidente degli industriali, Carlo Bonomi, si è rifugiato in Vaticano per scappare dalla politica. Davanti al Papa ha parlato del lavoro «solidale, degno, libero e creativo», del nuovo «umanesimo industriale», agitando l’aspersorio di retorica perché «continueremo a volere e a sognare un Paese unito. Un Paese in cui il verbo prioritario non è prendere, ma è dare: dare agli altri; dare lavoro; dare futuro; dare dignità; dare libertà». Nel suo discorso ha fatto solo un brevissimo e vago accenno all’«impennata del costo delle materie prime, l’impatto della tragica guerra in Ucraina e le gravi conseguenze dell’impazzimento dei prezzi energetici», all’«onda di sfiducia e sofferenza sociale che esprime una parte troppo vasta della società italiana» e a cui urge dare delle risposte. Quanto ai temi caldi per il dibattito elettorale, Bonomi si è limitato a rilanciare la revisione del reddito di cittadinanza («A tre anni dall’avvio, più di un beneficiario su due non ha ancora firmato il patto per il lavoro»), a chiedere che lo Stato «superi la strategia del prepensionamento, perché abbiamo bisogno sia di più occupati giovani sia di più occupati tra gli over sessantenni». Il lavoro è la questione «chiave» attorno a cui deve ruotare la prossima azione del governo e l’impegno dell’impresa, ha ripetuto come un mantra davanti gli oltre 5,000 imprenditori con le loro famiglie. E, rivolgendosi a papa Francesco, viviamo «in un Paese smarrito, diviso ingiusto e con lo sguardo schiacciato sui bisogni presenti». Mentre «gli orizzonti della politica sembrano sempre più corti e schiacciati su false priorità, avvertiamo più che mai la necessità di progetti di lungo orizzonte, come unica via per dare risposta ai drammatici problemi della società».Qualcosina in più Bonomi l’ha detta in conferenza stampa rispondendo alle domande dei giornalisti: sul caro energia, la critica è che «non sono stati fatti interventi strutturali e una politica comune europea», quando era tempo di farla. Quindi vanno assunte diverse misure a partire dal tetto al prezzo del gas, «lo chiediamo da tempo». Poi ha sollecitato la sospensione dei certificati Ets, «è una follia, in questo momento, consentire ai fondi speculativi di operare». Sul Pnrr «c’è un problema» perché il «piano è stato presentato prima del terremoto economico» seguito alla guerra in Ucraina. Infine, ha chiarito - se qualcuno ci avesse pensato - che non scenderà in politica: «Io ho un incarico fino al 2024, è ben chiaro qual è il mio mandato». In generale, però, ieri Bonomi ha preferito volare alto, forse un po’ troppo, quasi parlando più del sesso degli angeli che dell’agenda delle imprese impegnate a fare i conti, pesantissimi, con il caro bollette. Nessun appello al prossimo premier con le richieste dell’industria, ma alla Provvidenza e a papa Francesco per «una benedizione di cui abbiamo tanto bisogno». Insomma, quest’anno l’assemblea si è tenuta «all’estero» anche per evitare di cadere nelle trappole elettorali. O farla diventare motivo «per tirare la giacchetta al presidente, al sistema industriale italiano. Noi vogliamo parlare di lavoro, vogliamo raccontare cos’è l’industria italiana. Abbiamo scelto di parlarne con il Santo padre. Abbiamo scelto di farlo con le nostre famiglie», aveva sottolineato Bonomi spiegando la scelta. Quasi un ritiro spirituale da Via dell’Astronomia, per un «momento di riflessione e unità». Non sembra, però, solo una questione mistica o di marketing (se convochi l’assemblea in Vaticano, il pienone è garantito), ma anche di «fede». L’ultima assise di Confindustria del 23 settembre 2021, ricordiamolo, era stata un’assemblea incantata. Non perché piena di meraviglie, a ospitarla non era un castello ma il Palazzo dello sport di Roma. Ma perché i presenti - a cominciare dal padrone di casa - erano apparsi totalmente estasiati dall’ospite d’onore, Mario Draghi. Avevamo visto una Emma Marcegaglia alzarsi di scatto in piedi ad applaudire prima ancora che il presidente del Consiglio cominciasse a parlare. Prime, seconde e terze file di imprenditori spellarsi le mani quando Bonomi l’aveva definito un «uomo della necessità» al pari di Alcide De Gasperi, Paolo Baffi e Carlo Azeglio Ciampi, diverso dagli «uomini della provvidenza» come chi ha dato vita a «un regime ventennale di oppressione» e dagli «uomini del possibile», quelli del «calcio alla lattina», del «rinvio eterno». La prima metà del discorso del presidente di Confindustria era stata più una lunga ovazione a Draghi, un omaggio alla sua «mano decisa sulle riforme», alla sua «mano ferma sulla campagna vaccinale», alla sua «autorevolezza». Tanto da augurarsi che il premier proseguisse «senza che i partiti attentino alla coesione del governo pensando alle prossime amministrative con veti e manovre in vista della scelta da fare per il Quirinale». Insomma, un accorato «resta con noi, nun ce lassà» affinché le imprese potessero realizzare i loro «fantastici sogni». Poi infranti. Orfani di San Mario, gli industriali si sono quindi rivolti direttamente al Papa. Il passo successivo è bussare alle porte del paradiso oppure, considerando l’autunno che attende le imprese dopo lunghi mesi di purgatorio post Covid, a quelle dell’inferno.
Jose Mourinho (Getty Images)