
A Catanzaro riconosciuto colpevole l'ex governatore delle Misericordie, l'associazione che gestiva il centro di Isola Capo Rizzuto. Il Tar vieta lo sbarco alla Sea Watch 3 e Agrigento apre un fascicolo per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.Giornata nera per i taxi del mare. Ai due montanti incassati ieri dalle Organizzazioni non governative e da chi promuove l'immigrazione a go go, che sono quasi da knock out, si è aggiunta una condanna pesantissima che arriva dalla Calabria. Il giudice dell'udienza preliminare di Catanzaro ha inflitto 65 condanne, dai sei mesi ai 20 anni di reclusione, per gli imputati del procedimento Jonny, quello contro le cosche della 'ndrangheta che avevano messo le mani sul Cara di Isola Capo Rizzuto, gestito dalla Confraternita delle Misericordie. Il giudice ha condannato a 17 anni e quattro mesi l'ex governatore regionale delle Misericordie, Leonardo Sacco, considerato il terminale affaristico delle cosche. Gli altri due colpi, durissimi, sono arrivati nel pomeriggio. Il governo era costretto a muoversi in una situazione di incertezza, vista la spada di Damocle del ricorso al Tar che pendeva fino a ieri. E prima che la decisione arrivasse, il ministro dell'Interno Matteo Salvini aveva annunciato che, comunque, non avrebbe fatto passi indietro: «Una nave di una ong ha fatto un ricorso di 40 pagine al Tar del Lazio per sospendere il decreto sicurezza. Possono processarmi anche sei volte ma non cambio idea».I giudici, però, alla fine, hanno riconosciuto legittimi il divieto di ingresso in acque territoriali italiane e il «niet» allo sbarco notificati dal Viminale alla Ong tedesca Sea Watch. Risultato: ricorso respinto. Il secondo colpo è arrivato con l'apertura di un fascicolo in Procura ad Agrigento. Il procuratore aggiunto Sal-vatore Vella, che coordina le indagini di contrasto ai trafficanti di esseri umani, ha iscritto a modello 44, il registro delle notizie di reato contro ignoti, un'indagine che ipotizza il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. A radicare la competenza ad Agrigento, anche se la nave di Sea Watch con gli immigrati tirati a bordo una settimana fa è ancora in acque internazionali, è stato lo sbarco di dieci donne, di bambini e due uomini che avevano bisogno di cure, fatte scendere venerdì nel porto di Lampedusa. Gli investigatori della Squadra mobile della Questura di Agrigento sono già al lavoro. Dopo le identificazioni sono cominciati gli interrogatori. E, dalle prime in-discrezioni, pare siano arrivate delle indicazioni che potrebbero aiutare gli investigatori a ricostruire il viaggio fino al trasbordo sulla nave dell'Ong tedesca. I magistrati hanno anche acquisito tutto il materiale di bordo. Contro la decisione di dissequestrare la Sea Watch 3, dopo il precedente sbarco a Lampedusa, permettendole di ritornare in acque territoriali libiche, si era espresso in termini molto critici il ministro dell'Interno, ritenendo quella scelta, come un'altalenante azione della magistratura. Che involontariamente ha dato forza alla Ong. I tentativi di pressing messi in campo sono stati diversi. E ieri è arrivata l'ennesima comunicazione per far leva sui buonisti: «Dopo oltre sei giorni dal soccorso, Sea Watch è ancora bloccata con a bordo 43 naufraghi, di cui sei donne e tre minori non accompagnati, uno di soli 12 anni: hanno bisogno di sbarcare subito». Dalla Germania fanno sapere che 50 città sono pronte ad accogliere gli immigrati. E hanno presentato una richiesta formale al mi-nistero dell'Interno di Berlino. La notizia è stata resa nota da un portavoce del dicastero. Per il settimanale Der Spiegel, Horst Seehofer, il ministro dell'Interno tedesco, «al momento non è d'accordo» con il trasferimento in Germania. Tuttavia, «non si esclude una soluzione». Il prerequisito è «la partecipazione più ampia possibile degli Stati membri dell'Ue e l'assunzione del coordinamento da parte della Commissione europea». Una impasse che, come immaginano i vertici della Ong, potrebbe richiedere del tempo. Per questo Sea Watch ha chiesto «con forza che si faciliti la disponibilità delle città tedesche pronte ad accogliere i migranti». Dal Consiglio d'Europa, intanto, chiedono che i migranti salvati in mare non siano «mai sbarcati in Libia, perché i fatti dimostrano che non è un Paese sicuro». Dunja Mijatovic, commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, si è detta «preoccupata per l'atteggiamento del governo italiano nei confronti delle ong che conducono operazioni di salvataggio nel Mediterraneo». Il commissario ha chiesto che alla «Sea Watch 3 sia indicato tempestivamente un porto sicuro che possa essere raggiunto rapidamente».E, così, il commissario se ne è uscita con 35 raccomandazioni al Consiglio d'Europa, alcune mirate a cercare il giusto equilibrio tra il diritto di controllare i confini e il dovere di proteggere le vite e i diritti delle persone soccorse nel Mediterraneo. Non è tardata la posizione ufficiale di Salvini: «In Italia per quello che mi riguarda e col mio permesso non arriva nessuno, possono mandare i caschi blu dell'Onu, gli ispettori del consiglio d'Europa, il commissario Basettoni, Pippo, Pluto e i Fantastici quattro. Barchini e barconi non ne arrivano». Il ministro ha ribadito: «A me interessa che l'immigrazione sia sotto controllo, in Italia si arriva rispettando le regole». Da Sea Watch hanno continuato a fare i pesci in barile: «Non abbiamo ancora ricevuto nulla e, anzi, ci sembra piuttosto inusuale che altri vengano a conoscenza di una decisione del tribunale prima ancora che ne siano informate le parti», ha dichiarato alle agenzie di stampa il legale della Ong Lucia Gennari. Per ora, però, vige l'antico principio: dura lex sed lex.
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