2019-02-14
Con la Tav gira l’economia, non solo le «talpe»
Ieri Matteo Salvini e Luigi Di Maio si sono affrettati a dire che il governo è solidissimo anche dopo il voto in Abruzzo. Nonostante le divisioni sulla Tav, i mal di pancia dei 5 stelle sull'autorizzazione a procedere contro il ministro dell'Interno, i piccoli e grandi dispetti che i due alleati si scambiano, l'esecutivo non rischia.Per quanto ci riguarda, della precisazione non c'era bisogno. Dopo aver visto i risultati dell'Aquila e dintorni, neppure per un secondo ci è passato per la testa che la maggioranza traballasse. È vero, i grillini hanno preso una batosta, dimezzando i voti rispetto alle politiche, mentre il capo leghista i suoi li ha raddoppiati. Ma non sarà per questo che Giuseppe Conte e i ministri andranno a casa.Tuttavia, ciò non significa che il governo gialloblù sia destinato a durare nel tempo, come sembrano lasciar intendere i due dioscuri di Palazzo Chigi. L'esecutivo è a scadenza, e la data che ha impressa come un vasetto di yogurt è quella della fine di maggio, quando gli italiani saranno chiamati a votare per il rinnovo del Parlamento europeo. Sarà fra 100 giorni, infatti, che si scoprirà se la Lega è il primo partito d'Italia e se le percentuali che oggi la danno sopra il 30% corrispondano al vero. Certo, in Abruzzo Salvini ha dimostrato di non essere più alla guida di un partito regionale, concentrato solo nel Nord. E molto probabilmente il prossimo voto in Sardegna potrebbe confermare la tendenza. Ma fino a primavera non avremo la certezza che il dato valga per l'intero Paese. Dunque, si rassegnino le Cassandre: fino alla fine di maggio il governo non cadrà. Questo però non vuol dire che l'esecutivo smetterà di ballare. Anzi. Per quel che ci riguarda siamo certi che nei prossimi mesi Salvini e Di Maio ci riserveranno la rumba. Tanto per cominciare, da qui a primavera ci saranno una serie di scogli da aggirare e ogni volta sembrerà che il governo sia prossimo a sbatterci. Il primo è senz'altro il voto del Senato che dovrà stabilire se consegnare il ministro dell'Interno ai magistrati, i quali potrebbero appioppargli 15 anni di carcere, oppure no. Un alleato che ti manda dritto in galera è difficile da mandare giù, e questo Di Maio lo sa. E però il vicepremier grillino farà di tutto per far pesare quel voto, nella speranza di trarne vantaggio. Dunque, benché sia altamente probabile il no alla richiesta dei giudici, fino alla fine la stabilità della maggioranza sarà appesa a quella decisione. Anche perché il capo dei pentastellati vorrebbe barattare il No all'autorizzazione a procedere con il No alla Tav. Il parere negativo della commissione che doveva analizzare i costi e i benefici del buco intermontano non ha affatto chiuso il discorso. Gli esperti hanno mostrato il pollice verso in merito alla realizzazione dell'opera, ma prima ancora che il trattato arrivi in Parlamento già c'è uno dei commissari che lo smonta, spiegando che i criteri utilizzati dai suoi colleghi non rispondono ai parametri europei. Il professore non lo dice, ma tra le righe fa capire che più dei conti ha contato Ponti, cioè il presidente della commissione di esperti, un docente che ha passato gli ultimi anni a spiegare che la Tav non si doveva fare.Dunque, nei prossimi mesi assisteremo a un orrendo baratto, ossia un No al treno alta velocità fra Torino e Lione in cambio di un No al processo contro Salvini? I grillini forse lo sperano, ma noi crediamo che non accadrà. Anche per ragioni di tempo. La discussione sul ministro dell'Interno è già in calendario e dunque avrà tempi brevi, quella sulla Tav, invece, è assai probabile che si trascini. Come detto la decisione della commissione di esperti non è decisiva, perché tocca al Parlamento votare lo stop e c'è da giurare che questo non avverrà in tempi brevi. Anche perché se si mettesse ai voti oggi, l'opera in val di Susa difficilmente verrebbe bocciata. Con la Lega favorevole alla prosecuzione dei lavori, Forza Italia e Pd della stessa opinione, sarebbero i 5 stelle a finire in minoranza e, come è ovvio, a questo punto finirebbe anche l'alleanza gialloblù che sostiene il governo. Dunque, da qui alle elezioni, sulla Tav si spenderanno tante parole, ma non si prenderà nemmeno una decisione. Se farla o no, alla fine lo stabiliranno proprio gli italiani, con il voto di maggio: un forte risultato di Salvini equivarrà a un Sì, una tenuta dei 5 stelle farà pendere il piatto della bilancia per il No.Detto ciò, come abbiamo spiegato, noi siamo perché l'opera sia conclusa e la ragione principale sta in un numerino diffuso ieri in Europa. La produzione industriale nell'area euro, nel mese di dicembre, è calata dello 0,9% e del 4,2 rispetto allo stesso mese di dicembre dello scorso anno. L'Italia ha fatto appena meglio a dicembre (meno 0,8) ma è andata peggio su base annua (meno 5,5). In pratica è la conferma che l'economia sta rallentando. Se non si vuole darle una mano - a decrescere infelicemente - bisogna investire. La Tav è un investimento: si pagheranno meno accise e pedaggi autostradali, come dice la commissione di super esperti per motivare il No, ma a far girare le eliche delle escavatrici si produce lavoro e si assumono persone. Ed è quel che conta per non finire sotto i ponti (senza nessuna allusione al professor Ponti).
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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