2020-01-12
Con il triumvirato il M5s rottama Di Maio
Elisabetta A. Villa/Getty Images
Lo stato maggiore grillino vuole commissariare il leader, affiancandogli Paola Taverna e Chiara Appendino. Giancarlo Cancelleri: «Pronto a sostenerlo se smette di fare il capo». Alessandro Di Battista lo invita a concentrarsi sulla Farnesina. Per il futuro Beppe Grillo punta su Roberto Fico.«Se ne sentono tante. Credo che il dibattito interno al Movimento non debba oscurare le cose che facciamo». Le parole di Luigi Di Maio, pronunciate ieri a Scandiano (Reggio Emilia), in risposta ai cronisti che gli chiedevano un commento alle indiscrezioni su un suo imminente passo indietro dalla guida del M5s, sono la classica smentita che non smentisce: in realtà il futuro dello statista di Pomigliano d'Arco è appeso a un filo molto sottile. Il suo isolamento nel M5s è totale: la Farnesina è ormai un fortino assediato, e si moltiplicano i segnali di un rompete le righe anche tra i fedelissimi di Giggino. Basta leggere in controluce le dichiarazioni del viceministro alle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri, per comprendere che Di Maio è ormai spalle al muro: «Il M5s sta bene, è in salute e tutti quelli che stanno in qualche modo cercando di dire che c'è una diaspora evidentemente non sanno fare i conti. Su 338 parlamentari», dice Cancelleri, «praticamente hanno abbandonato il Movimento in 22. Facendo una percentuale, corrisponde al 6,3%. Mi pare assolutamente irrisorio». Cancelleri non dice che questo esodo si è consumato in meno di due anni, e, fingendo di difenderlo, azzanna Di Maio, ripetendo in pubblico quelle cifre che all'interno dei pentastellati vengono utilizzate per certificare il fallimento del leader minimo. Ma non basta: «Luigi», aggiunge Cancelleri, «secondo me ha fatto un grandissimo lavoro in questi anni. Ha portato il Movimento a risultati incredibili. Se deciderà di abbandonare il ruolo di capo politico, saremo pronti a sostenerlo in questo ponte nel quale il Comitato di garanzia dovrà prendere le redini del Movimento per affidarlo al successivo capo politico». In sostanza, pure Cancelleri scarica Di Maio e, come i suoi colleghi, vedrebbe di buon occhio un triumvirato di transizione con Paola Taverna e Chiara Appendino ad affiancare Giggino: «Sono convinto», insiste il viceministro, «che prenderà la decisione più giusta. Sta di fatto che il M5s sta avendo un momento di riflessione su quello che è il percorso da fare. Dal 13 al 15 di marzo abbiamo gli stati generali. Sarà l'occasione per fare il punto su quello che dovremo continuare a fare nei prossimi anni». Cancelleri non è certo considerato un avversario interno a Giggino: le sue parole, la sua apertura alla possibilità che Di Maio lasci la guida del M5s faranno certamente rumore. Anche Alessandro Di Battista torna a esternare, dall'alto della sua esperienza politica e istituzionale: «Luigi Di Maio», dice il Dibba, avversario numero uno del quasi ex capo politico, a Povera patria, su Rai 2, «sta parlando, per me, come dovrebbe parlare un ministro degli Esteri. Qualcuno dice che è inesperto. Però per me sta parlando bene. Erano anni che aspettavo un ministro degli Esteri che parlasse di pace. Pare che parlare di pace sia ormai diventato un insulto. Invece Di Maio fa bene», aggiunge Di Battista, «a dire che Russia e Stati Uniti, e tutti i protagonisti delle crisi internazionali, si devono sedere e devono dialogare». Traduzione: Di Maio fa talmente bene il mestiere di ministro degli Esteri che è bene che si dedichi solo a questo lavoro, lasciando la guida del M5s: è proprio il tema del doppio incarico, infatti, a costituire la spada di Damocle che pende sul capo del leader, dopo che tre senatori del M5s, Primo Di Nicola, Emanuele Dessì e Mattia Crucioli, hanno posto la questione dell'incompatibilità tra incarichi di governo e di partito nel documento con il quale chiedono, tra l'altro, una gestione collegiale del M5s e una maggiore trasparenza nella gestione della piattaforma Rousseau.L'appuntamento di metà marzo, quindi, diventa cruciale per il futuro di Di Maio e del M5s: il capo politico si presenterà agli stati generali, probabilmente, ancora più indebolito dalle prevedibili disfatte in Emilia Romagna e Calabria. Che sia il momento di passare la mano lo ha capito anche lui: la minaccia di far cadere il governo e di andare alle elezioni anticipate pur di mantenere la leadership del M5s e la possibilità di scegliere i candidati alle politiche è una pallottola spuntata, poiché Beppe Grillo non ha nessuna intenzione di interrompere l'esperienza giallorossa, da lui fortemente (e per certi versi incomprensibilmente) voluta e difesa a spada tratta.Il dopo Di Maio, probabilmente, vedrà una sorta di direttorio gestire la fase di transizione verso il nuovo capo politico. Tra i tanti aspiranti, il preferito di Beppe Grillo è senza alcun dubbio Roberto Fico, anche lui saldamente ancorato all'alleanza col Pd. Fico, per ora, resta ingessato dalla carica istituzionale che ricopre, la presidenza della Camera dei deputati: Di Maio lo piazzò lì per renderlo innocuo. L'unica mossa azzeccata di Giggino, sul quale incombe anche l'ombra di Giuseppi Conte, che avrà inevitabilmente un ruolo nel futuro del M5s.
Chiara Appendino (Imagoeconomica)