2022-09-13
«Comune asservito agli imprenditori»: arrestato il sindaco
Pierpaolo Cariddi (Imagoeconomica)
Smantellato il «sistema Otranto»: 57 indagati, 10 in manette. I pm: mazzette e favori per i voti. Punizioni a chi non si piegava.A Otranto, poco meno di 6.000 abitanti sulla costa adriatica salentina, le norme a tutela del paesaggio sarebbero diventate carta straccia se si frapponevano agli interessi di imprenditori che contavano e che portavano voti. A leggere l’ordinanza del gip del Tribunale di Lecce che ieri ha privato della libertà il sindaco e l’ex sindaco, ovvero i fratelli Pierpaolo e Luciano Cariddi (finiti in carcere con l’accusa di aver «svenduto» il Comune agli affaristi che avrebbero violato le norme per i loro interessi), al centro dell’inchiesta c’erano due lidi, una lussuosa casa-vacanze e dei parcheggi. Ai domiciliari sono finiti in otto: tre dipendenti comunali, un progettista dello studio professionale dei Cariddi e gli imprenditori Salvatore Giannetta, il presidente leccese di Federalberghi Raffaele (detto Mimmo) De Santis, Roberto De Santis (è indagato anche il figlio Luigi), e Luigi Bleve. I reati contestati, a vario titolo, sono associazione a delinquere finalizzata a compiere reati contro la pubblica amministrazione, scambio elettorale, atti contrari ai doveri d’ufficio, frode in processo penale e depistaggio, turbata libertà degli incanti, truffa ai danni dello Stato e della Comunità europea. Gli indagati sono 57. Oltre all’ex comandante della polizia locale Vito Alberto Spedicato, accusato di aver avvisato gli imprenditori dei controlli, c’è l’ex assessore pugliese al Welfare Salvatore Ruggeri, già senatore Udc e pro Michele Emiliano, finito nei guai a luglio per presunte tangenti in cambio di posti di lavoro. Nella stessa inchiesta Pierpaolo Cariddi era stato sospeso dalla carica dopo un provvedimento di divieto di dimora nel suo Comune. L’ex assessore sarebbe protagonista anche in questa inchiesta, in quanto contitolare di uno dei parcheggi da mettere in regola.È lui, ricostruiscono gli investigatori, «l’intermediario» di un incontro in Regione Puglia per risolvere quello che era diventato il problema dei De Santis (e non solo): la valutazione delle condizioni di sicurezza della costa del territorio di Otranto per l’accessibilità e la fruizione del mare. In vista c’era la convocazione del tavolo tecnico («svoltosi e conclusosi nel 2018», annota il gip). Lo scoglio sembrava essere l’Autorità di Bacino della Regione Puglia. E lì sarebbero intervenuti gli indagati, muovendosi su due fronti. «Roberto De Santis», sottolinea il giudice, «in particolare» avrebbe cercato di agganciare Alfonso Pisicchio, considerato il pioniere del civismo in Puglia, assessore regionale con delega alla Pianificazione territoriale, urbanistica, assetto del territorio e paesaggio. Ma anche il consigliere regionale Mario Pendinelli (eletto con la lista Popolari). Luciano Cariddi, invece, si sarebbe mosso tramite Ruggeri, «suo referente politico», secondo gli investigatori. E incontra il braccio destro di Emiliano, già prefetto di Bari, Antonio Nunziante, assessore e vicepresidente della Regione, «per essere introdotto presso il funzionario competente per la questione di interesse ottenendone [...] una nota favorevole alla revoca del divieto». «Gli dici a nome del [...] dell’assessore Ruggeri [...] appena arriva Nunziante ti riceve...», dice l’ex assessore a Cariddi in una telefonata intercettata il 19 marzo 2018. Quello stesso giorno De Santis avrebbe incontrato Pisicchio. E alla fine i due (De Santis e Cariddi) si sarebbero visti a Bari. Il risultato è che l’Autorità di bacino ha concluso: «[...] non ravvisa per quanto di competenza [...] motivi ostativi [...] da codesta Amministrazione comunale». Una vittoria per gli imprenditori. E anche per i Cariddi che, stando alle accuse, mettevano a posto le scartoffie nel loro studio professionale.Dare l’incarico allo studio Cariddi significava, secondo i pm, godere anche della copertura della polizia giudiziaria, che addomesticava i controlli, e dell’ufficio tecnico.Gli imprenditori, infatti, affidavano incarichi a Pierpaolo Cariddi (in quel momento fratello del sindaco), mentre i funzionari del Comune provvedevano «a emettere plurimi atti autorizzativi macroscopicamente illegittimi».E per chi non si piegava, come nel caso del comandante della Capitaneria di porto Elena Manni, scattavano le «maniere forti». Con tanto di lettere di diffida «suggerite dalla Regione». L’obiettivo era far revocare un’ordinanza di divieto di balneazione per poter così ottenere il dissequestro dello stabilimento balneare per vip Twiga di Flavio Briatore, che si sfilò dall’affare. Le 958 pagine fitte scritte dal giudice Cinzia Vergine, che partono dall’inchiesta che la polizia giudiziaria ha ribattezzato Hydruntiade (dall’antico nome di Otranto), racchiudono diversi fascicoli dei pm. Compreso quello per il sequestro del Twiga. Una vicenda che è arrivata alla sentenza di primo grado pochi giorni fa (sono stati condannati Pierpaolo Cariddi a 3 anni e 9 mesi, Raffaele De Santis a 3 anni e 3 mesi, e l’ex capo dell’ufficio tecnico Emanuele Maggiulli a 4 anni), quando probabilmente l’ordinanza di custodia cautelare era già stata scritta. Dal Comune, per poter rilasciare i permessi, aspettavano solo che Manni facesse un passo indietro, ma il rifiuto della comandante e la sua denuncia in Procura hanno fatto saltare tutti i piani. Ed è emerso quello che i magistrati definiscono un «sistema». D’altra parte Luciano Cariddi, in una conversazione intercettata che ha il sapore di una confessione, aveva commentato: «Quante ce ne siamo scampate... e qua hanno tentato di denunciarci per le coglionate [...]. Se erano andati a trovare veramente le cose giuste, vedi... saremmo già finiti in gattabuia».
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)