Maurizio Belpietro
Nato a Castenedolo (Brescia) nel 1958, ha lavorato per le principali testate italiane; è stato vicedirettore dell'Indipendente e del Quotidiano Nazionale, ha diretto Il Tempo, Il GiornalePanorama e Libero. Oggi dirige il quotidiano indipendente "La Verità", che ha fondato nel 2016 e "Panorama". Punto di riferimento nel dibattito politico dei principali talkshow, ha condotto su Rete4 "Dalla vostra Parte"
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Un ministro che nomini una commissione di esperti e poi la revochi dopo appena due settimane sull’onda di alcune proteste, non solo non si è mai visto, ma dimostra o di non avere grandi attributi o di non avere i titoli per governare il dicastero a lui affidato. Tertium non datur. Immagino infatti che prima di designare i 22 consulenti che poi ha rimosso, Orazio Schillaci ne abbia valutato il curriculum, accertando la professionalità di ciascuno di loro. Dunque, mi chiedo: perché dopo aver firmato il decreto di nomina poi ha deciso di annullarlo, pur di rimuovere due dei professionisti che lui stesso aveva indicato? Il dietrofront ci restituisce come minimo l’immagine di un uomo insicuro delle proprie decisioni, che si fa condizionare dalle proteste e che non ha una forte consapevolezza delle proprie scelte e forse neppure della propria funzione. Davvero basta la raccolta di firme di qualche centinaio di professoroni per intimidirlo e farlo rinculare? In tal caso ci sarebbe da chiedersi quante altre volte il signor tentenna fa e poi disfa, quante altre volte firma un documento per poi subito dopo stracciarlo spaventato. Noi non sappiamo che cosa accada dentro la sua stanza, ma se basta un niente a fargli rimangiare una decisione banale, che riguardava una commissione consultiva, senza alcun potere concreto, che cosa accade quando si tratta di varare provvedimenti più rilevanti?
Tuttavia, potrebbe anche essere che Schillaci non sapesse davvero chi fossero Paolo Bellavite e Eugenio Serravalle, i due esperti al centro del pasticcio. Cioè che non fosse a conoscenza del fatto che l’ex docente di patologia generale nell’Università di Verona avesse contestato alcune delle scelte vaccinali durante la pandemia. E nemmeno sapesse che lo specialista di pediatria preventiva di Pisa avesse scritto un libro sul coronavirus, manifestando dubbi sulla vaccinazione dei bambini. In tal caso però ci sarebbe da chiedersi chi abbia suggerito le nomine al ministro. E di conseguenza sarebbe necessario interrogarsi se Schillaci abbia il pieno controllo del ministero a lui affidato e se addirittura sia lui a governare il delicato ufficio che si occupa della salute degli italiani.
Cioè il caso Bellavite-Serravalle va oltre la vicenda di una commissione nominata e poi destituita in tutta fretta. Perché getta una luce imbarazzante sulla gestione del ministero e induce a chiedersi se Schillaci sia davvero in grado di guidare il dicastero in piena autonomia, senza condizionamenti, dall’interno o dall’esterno. Se subisca pressioni dall’alto, dal Quirinale o da altri. Oppure se ne riceva dalla cerchia dei baroni universitari da cui proviene, da quella cupola medico scientifica che, come abbiamo visto durante la pandemia, ha condizionato pesantemente le scelte del governo.
In entrambi i casi, cioè sia che Schillaci sia un signor tentenna indeciso a tutto, sia che a prendere determinate decisioni siano altri, fanno un po’ ridere le modalità con cui il ministro ieri ha fatto sapere di non avere intenzione di dimettersi, tramite un’indiscrezione fatta filtrare sul Corriere della Sera. La fermezza Schillaci non la deve mostrare rimanendo incollato alla poltrona, ma nel chiarire i problemi che abbiamo posto, ovvero se lui sia un ministro insicuro pronto a ogni passo indietro oppure se sia condizionato, dall’interno o dall’esterno. È questo che ci deve dire. Anzi, che deve dire agli italiani.