2022-04-16
«L’Occidente non era preparato a scontrarsi con uno Stato-civiltà»
L’esperto di relazioni internazionali Christopher Coker: «La Russia di Putin, ma anche la Cina e l’India, sono entità ben diverse dagli Stati-nazione. In esse l’ordine politico è secondario, conta solo preservare un ruolo centrale nella storia».Christopher Coker è professore di Relazioni internazionali alla London School of Economics, ed è l’autore di uno dei saggi più interessanti e discussi degli ultimi anni, pubblicato in Italia dall’editore Fazi. Si intitola Lo scontro degli Stati-civiltà, e fornisce alcune chiavi interpretative molto importanti per comprendere la situazione attuale. «Samuel Huntington definì l’Ucraina una civiltà divisa: metà russa e metà ucraina», dice Coker alla Verità. «Putin credeva che non avesse una propria identità di civiltà e fosse un prodotto della storia sovietica: Lenin cedette l’Ucraina alla Germania nel 1918, l’Ucraina divenne una repubblica sovietica all’interno dell’Urss nel 1920. L’Ucraina ha conquistato l’indipendenza nel 1991. Ma grazie alla Russia gli ucraini hanno sviluppato un’identità di civiltà: i 4 milioni e mezzo di persone che morirono durante la carestia di Stalin negli anni Venti; gli intellettuali che furono mandati nel Gulag negli anni Trenta ecc. Questo non è un conflitto di civiltà, ma un conflitto tra due Paesi con identità storiche distinte».Sembra che Cina e Russia abbiano rafforzato il loro legame. Pensa che si possa formare una sorta di ampio fronte anti occidentale? «Senza dubbio Russia e Cina stanno forgiando un allineamento sempre più stretto. La Russia afferma che i cinesi sono i loro partner strategici più importanti. Ma la Cina deve stare attenta. Proprio come gli Stati Uniti devono dimostrare che le invasioni falliscono, la Cina deve dimostrare che falliscono anche le sanzioni. Il punto è proprio il meccanismo Swift: il Cips (il sistema di interscambio bancario alternativo cinese, ndr) ha un’impronta globale troppo piccola e le multinazionali cinesi con presenza legale nei Paesi occidentali potrebbero essere vulnerabili a sanzioni secondarie. Quindi la Cina passerà a un sistema alternativo, migliorando il suo sistema di pagamento e diversificando i suoi 3,2 trilioni di dollari di riserve dalle valute e dai conti occidentali. Inevitabilmente, la Russia diventerà un satellite economico, anzi il partner minore in una relazione scomoda poiché questo è un matrimonio di convenienza, di interessi e non di valori».Quali sono invece gli obiettivi degli Stati Uniti in questo conflitto?«L’obiettivo dell’America è garantire che la guerra continui abbastanza a lungo da fare sì che la Russia venga abbattuta. Anche se i russi alla fine vincono - e finora hanno impegnato solo una frazione delle forze - non hanno la forza necessaria per occupare il Paese. Putin è incastrato. Un leader russo umiliato, e molto sminuito agli occhi dei cinesi, si adatta bene all’Occidente anche se questo risultato ha delle conseguenze».Veniamo all’Europa. In Italia molti dicono che la crisi ucraina l’ha unita come mai prima. È vero secondo lei?«Dopo aver parlato con Putin 38 volte durante la crisi di Crimea del 2014, Angela Merkel è giunta alla conclusione che viveva in un mondo diverso. Ma lo era anche lei: gli europei soffrivano di “pensiero di gruppo”».Sta utilizzando un concetto della psicologica sociale non proprio, diciamo, positivo. Il pensiero di gruppo è una patologia piuttosto dannosa: «Quando si cerca di prendere una decisione, qualsiasi prova contraria che emerge al consenso che si è generato, viene automaticamente respinta, perfino ridicolizzata». «Gli europei hanno parlato di interdipendenza economica, globalizzazione, società civile globale, concetti che non significavano nulla per i russi. Come ha notato una volta Sergei Lavrov, la Russia era un attore di minoranza nella globalizzazione. L’Ue si è anche raccontata confortanti storie deliranti. Prenda il preambolo della sua prima dottrina sulla sicurezza (2003) che affermava che l’Europa “non è mai stata più sicura”. L’Europa, in realtà, occupa il quartiere più pericoloso del mondo. Se gli europei potessero discostarsi dal copione, se riconoscessero di vivere non in un mondo post-Guerra Fredda ma in un mondo prebellico, potrebbero rafforzare la loro determinazione e resilienza».Lei ha scritto un libro sugli Stati-civiltà. Che sarebbero la Russia, la Cina, l’India… Cosa non capiamo noi europei di questi stati?«Gli europei non capiscono che gli Stati-civiltà sono distinti dagli Stati-nazione. Per uno Stato-civiltà, i cambiamenti politici significano poco. Lo si può capire dall’autobiografia del generale Mikhail Gromov, l’ultimo soldato sovietico a lasciare l’Afghanistan nel 1988. Il titolo del suo libro è rivelatore: Tre vite di un uomo. Mentre scriveva, ha vissuto sotto diversi sistemi politici: il comunismo; la democrazia liberale sotto Eltsin; e la “democrazia guidata” sotto Putin. Ma è sopravvissuto a questi cambiamenti perché non sono importanti: ciò che è importante è che la Russia durante questo periodo ha mantenuto la sua visione di un ruolo speciale nella storia. Ha un destino storico. In Russia le tre caratteristiche dello status di civiltà sono la religione, l’ortodossia rispetto al declino della fede cristiana in Occidente; l’idea di Russkiy Mir, cioè la religione civile post-sovietica che ha risonanza all’interno dell’esercito e che ora ha il compito ufficiale di difendere la memoria storica del popolo russo. E anche la storia conta. Come ha affermato l’ex ministro della Cultura, è troppo importante per essere lasciata a storici professionisti che non hanno le competenze necessarie per valutare la documentazione. La verità, ha aggiunto, doveva essere sacrificata per la causa della formazione dell’identità. Temi simili possono essere trovati nella narrazione che il partito comunista in Cina rivolge ai suoi cittadini».Come immagina dunque lo scenario geopolitico dei prossimi anni? Avremo un ordine multipolare?«Non credo che avremo un ordine multipolare. Avremo due ecosistemi ideologici. Il vecchio West ha dovuto affrontare due sfide: il fascismo e il comunismo. La sfida cinese è nuova. Perché minaccia il liberalismo dall’altra parte del mondo: Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, Taiwan. Il vecchio West era geograficamente ancorato nell’Atlantico; il nuovo Occidente si estende in tutto il mondo. E l’Occidente è isolato contro la Russia nell’attuale conflitto quasi quanto l’Impero Britannico contro la Germania nazista nel 1940. Il mondo non occidentale - se si può fare affidamento sui social media - è completamente dietro la Russia nel conflitto attuale, così come Paesi quali India, Pakistan e Sud Africa, che si sono astenuti dal voto delle Nazioni Unite, e il Brasile che ha votato contro. Il nuovo Occidente ha bisogno di essere riconsacrato, possibilmente invitando Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda a unirsi al G-7. Nel frattempo, la Cina costruirà il proprio sistema sinocentrico alternativo con la Russia come stato satellite. Ma il peggior risultato di tutti sarebbe il caos, un mondo di caos. Al vertice di Valdai Putin ha detto che il Covid ha dimostrato che l’ordine è fragile; il caos, non la stabilità, è la norma storica. Le società liberali non possono far fronte al caos: vogliono sempre imporre l’ordine trovando soluzioni permanenti ai problemi politici. La Russia ha inventato il conflitto congelato, che può essere sbloccato in qualsiasi momento se si adatta alle esigenze russe». La Russia però ha sempre cercato l’ordine, in passato. «La Russia di Putin non è l’Urss che predicava l’ordine e odiava il caos e offriva al mondo la pace eterna: la pace del socialismo, ovviamente, la pace alle sue condizioni. Per Putin il mondo è un selvaggio West in cui i forti dominano e i deboli conoscono il loro posto. È proprio così. Questa è la visione di un mondo senza norme sociali. E senza norme sociali, il risultato che di solito si ottiene è l’assenza di leggi. Siamo esseri morali nella misura in cui siamo esseri sociali ha scritto il grande sociologo del XX secolo Emile Durkheim: “Quando smettiamo di essere sociali, cessiamo di essere anche morali”».