2023-09-13
Cinque indagati per la scomparsa di Kata
Nel mirino gli zii della piccola svanita all’ex Astor di Firenze: sono due latinos e un romeno. Nei video ripresi tre sospettati con trolley che avrebbero potuto nascondere la bambina. Si segue la pista del racket degli affitti, ma anche storie legate alla droga.Due zii della piccola Mia Kataleya Chicllo Alvarez, detta Kata, cinque anni, peruviana, scomparsa ormai tre mesi fa nell’ex hotel Astor di Firenze, e due latinos e un romeno che vivevano nella struttura sono indagati dalla Procura antimafia di Firenze per sequestro di persona. Gli inquirenti dicono che è presto per parlare di una svolta ma, di certo, ora che i carabinieri hanno in mano campioni di sangue, immagini video e profili di Dna da comparare con quello di Kata, l’indagine sembra essere arrivata a uno snodo importante. Che tutto ruotasse attorno al racket degli affitti lo si era ormai capito. Il colpo di scena, però, è l’avviso di garanzia ad Abel Alvarez Vasquez, detto Dominique, già in carcere per i ricatti a chi occupava le camere dell’ex Astor. È lo zio materno di Kata. Anche nei suoi confronti verranno effettuati gli accertamenti tecnici irripetibili che puntano ad accertare la presenza di materiale biologico o genetico. Stando alle ricostruzioni sarebbe l’ultima persona (o una delle ultime) ad aver visto la piccola Kata alle 15.40 di quel maledetto 10 giugno. «Giocava in cortile con gli altri bambini, io la guardavo dalla finestra. Poi alle 15.50 è tornata la mamma, ma Kata non c’era più ed abbiamo cominciato a cercarla». Sono queste le parole dello zio, impresse nelle interviste tv e ribadite agli inquirenti, che però ora sembrano un tentativo per posizionare Kata in un posto distante: nel cortile, con lui che guardava dalla finestra. Kata, secondo l’accusa, scompare in quel momento. Proprio prima che la mamma si presentasse per riprendersela. Nell’ordinanza di arresto per il racket degli affitti risultano precedenti per rissa e porto abusivo di armi. E in quel caso Dominique emergeva, si legge nel documento giudiziario, come un «duro» che spalleggiava il peruviano che se ne andava in giro dicendo di essere il «proprietario» dell’Astor. E poi c’è l’altro zio, fratello del papà della bambina, Marlon Edgar Chicclo Romero, 19 anni. Lui, invece, aveva detto di aver «lanciato» alla piccola «una lattina di coca cola dal terrazzo su un materasso che era nel cortile». E quello sarebbe stato l’ultimo momento in cui avrebbe visto Kata. Il giovane peruviano fa risalire quell’avvenimento a circa le 13.30 del 10 giugno. Poi, ha riferito, si sarebbe messo a dormire. Alle 16 sarebbe stato svegliato da una telefonata. Ma Kata già non c’era più. Lo zio ha raccontato di aver cercato la piccola: «Bussavamo alle stanze e controllavamo dentro. A volte ci facevano entrare, a volte se facevano resistenza spingevano la porta controllando anche negli armadi e nelle borse». Ora si cercano tracce di Kata proprio in borsoni e trolley, gli stessi utilizzati anche in occasione dello sgombero dell’immobile effettuato il 17 giugno e che erano rimasti impressi in alcuni video. L’ipotesi è che Kata sia stata portata via nascosta in una valigia di grosse dimensioni. E le telecamere che puntano sul cancello di via Boccherini, una delle uscite dell’Astor, hanno ripreso tre dei latinos oggi indagati che uscivano proprio nel giorno della scomparsa con un borsone e due trolley, oggetti «che per dimensioni», scrivono il procuratore aggiunto Luca Tescaroli e i pm Christine von Borries e Giuseppe Ledda in una nota che hanno diffuso ieri, «avrebbero potuto occultare la bambina». Con una consulenza tecnica si cercheranno tracce di Dna nelle valigie per compararlo con quello della bambina. Sui rubinetti delle toilette delle stanze occupate da due degli indagati, inoltre, i carabinieri del Ris hanno esaltato tracce latenti di sangue. E ora l’hotel Astor sarà di nuovo passato al setaccio, al fine di escludere che lì dentro ci siano tracce di Kata. Nel frattempo la Procura ha inoltrato una richiesta di rogatoria internazionale in Perù per sentire 13 persone considerate «informate sui fatti». Non è esclusa la possibilità che Kata possa anche essere stata rapita e trasferita in Perù. Tra le persone da interrogare c’è un altro zio paterno di Kata, attualmente in carcere a Lima. Gli inquirenti vogliono accertare se c’entri qualcosa la scomparsa della bambina con una storiaccia che si sarebbe consumata tutta nei circuiti della mala peruviana, per una partita di droga non pagata. Secondo questa ipotesi, non sarebbe stata Kata la bimba da rapire come ritorsione, ma un’amichetta con cui lei giocava, ovvero la figlia della donna convivente di un peruviano fuggito nel 2022, il quale avrebbe abbandonato 13 chili di marijuana in una casa di Rifredi, quartiere residenziale di Firenze. La donna e la bimba rimasero senza un tetto e andarono a vivere all’Astor. L’aspetto più tragico, però, è un altro: gli investigatori non escludono neppure che il sequestro possa essersi concluso con la morte e l’occultamento del cadavere della piccola. D’altra parte non sono arrivate richieste estorsive né rivendicazioni. E, anche per queste ragioni, si propende per il sequestro ritorsivo maturato negli ambienti del racket degli alloggi.