2020-06-27
«Ci avevano bloccato già nel 2016. Poi è intervenuto il sindaco Gori...»
Il presidente della Ruah avvisa i gestori del Cas: la prefettura non concederà più proroghe per l'accoglienza. Il problema, racconta, c'è stato anche due anni prima. Ma il primo cittadino e altri dem forzarono la mano. Spulciando le carte dell'inchiesta bergamasca sulla gestione dei migranti, la politica spunta fuori di continuo. I dirigenti di coop e associazioni hanno bisogno dei politici soprattutto per un motivo: hanno il potere di far arrivare i soldi e - quando vogliono - possono esercitare pressioni sulle istituzioni. Ieri abbiamo raccontato di come il viceprefetto bergamasco Adriano Coretti, parlando con il presidente di Ruah, Bruno Goisis, facesse riferimento a un «gioco sporco» portato avanti dal superprefetto Mario Morcone, responsabile dell'accoglienza a livello nazionale, e dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. I due, secondo Coretti, avrebbero esercitato «pressioni» sulla prefettura al fine di far ottenere alle coop delle proroghe per l'accoglienza. I migranti che hanno ottenuto lo status di profugo, infatti, per legge dovrebbero lasciare i Centri di accoglienza straordinaria (Cas) entro 15 giorni per entrare nel sistema Sprar riservato esplicitamente ai rifugiati oppure per proseguire sulla loro strada in autonomia. Le associazioni bergamasche, tuttavia, per un periodo chiesero e ottennero di far restare per altri sei mesi i rifugiati nei Cas, dichiarando che quel lasso di tempo sarebbe servito per trovare posti adatti nel sistema Sprar. Con questo metodo, le coop incassavano i famosi 35 euro al giorno per un periodo molto più lungo del dovuto. Nel marzo del 2018, con il governo gialloblu da poco insediato, il clima è cambiato. E la prefettura di Bergamo nega le proroghe. Non si possono più fare, dice Adriano Coretti, perché la Corte dei conti ha sentito puzza di bruciato, e comunque non si può approfittare dei soldi dei contribuenti. Il sistema deve cambiare, spiega il viceprefetto, e si arrabbia con Bruno Goisis, dicendogli di non rompere le scatole con strani giochetti. Ma di che «giochi sporchi» sta parlando? Le intercettazioni lo chiariscono. Goisis insiste con Coretti per ottenere le famose proroghe per i migranti che non ne hanno diritto. E Coretti replica a muso duro: «Bruno parliamoci chiaramente qua, che tanto qua nessuno è fesso, non è che mo Gori ha perso le elezioni e si rimette a rompere i coglioni su queste cosa qua eh». Giorgio Gori, in effetti, ha appena perso la sfida elettorale per la poltrona di governatore della Lombardia, ma sembra di capire che non sia intenzionato a «rompere» sugli immigrati. Si capisce, però, che in precedenza lo ha fatto. Bruno Goisis, intercettato durante una conversazione con don Claudio Visconti della Caritas (che appare come il dominus della gestione dei migranti a Bergamo), riferisce che Coretti è arrabbiatissimo. «No, lo sai perché?», spiega Goisis. «Perché ieri, il Coretti con me al telefono era nero, incazzato, perché dice “se voi uscite sull'Eco di Bergamo", perché gli ho fatto anche io lo stesso discorso, lui dice “se voi, voi il vostro amico Gori uscite sull'Eco di Bergamo e allora noi diremo a quelli dell'Eco di Bergamo ai giornalisti che la Caritas vuol tener dentro per sei mesi in più le persone». Dopo il ruvido scambio con Coretti, Goisis si mette a chiamare vari altri responsabili di cooperative e associazioni, per dare loro la notizia che la prefettura di Bergamo non concederà più proroghe sui Cas. Tra le persone contattate da Goisis c'è anche Christian Minutoli della cooperativa Ubunto che gestisce due Cas in provincia di Bergamo. Costui si stupisce dell'atteggiamento della Prefettura. Dice che, nell'ultima riunione a cui ha partecipato, le proroghe erano ancora all'ordine del giorno. Ma Goisis gli illustra la nuova situazione: «Il viceprefetto due settimane fa dice ci sono i sei mesi, il capo di gabinetto oggi ci dice devono uscire». Ed è qui che Goisis svela i dettagli del «gioco sporco» della politica. Spiega infatti che i problemi con le proroghe si erano già presentati. «Però quella cosa qua era già successa a dicembre 2016, noi abbiamo fatto un po' casino per cui sono intervenuti Gori, parlamentari bergamaschi, è uscito l'ira di Dio, hanno bloccato tutto e adesso sono ripartiti, perché fondamentalmente loro hanno paura della Corte dei conti che dice “ma se hanno già lo status perché sono in accoglienza?"». Ecco svelato l'arcano. C'erano già stati problemi sui soldi, qualcuno evidentemente aveva già sollevato obiezioni nel 2016, nel pieno dell'emergenza migratoria. Ma allora erano intervenuti Giorgio Gori e altri esponenti del Pd, e alla fine le proroghe erano state fatte, e i soldi in più erano arrivati alle coop. Nel 2018, però, il quadro è diverso. E il motivo lo spiega ancora, nella telefonata intercettata, Adriano Coretti. Il quale, parlando con Goisis, dice chiaramente di non provare a contattare la stampa come nel 2016: «Se esce questo messaggio sono cazzi vostri, perché è cambiato il vento, e lo sai, che è cambiato il vento, e non è più aria per queste cose qua, non è più aria». Già, la sinistra non governa più: non è tempo di lucrare sull'accoglienza.
Jose Mourinho (Getty Images)