2022-02-21
Chiedono fiducia cieca sui vaccini e poi diffidano del siero made in Italy
Ignorati gli studi di Maurizio Federico, ricercatore dell’Iss che ha ideato un farmaco valido contro ogni variante: «Vincoli di finanza pubblica», dice il sottosegretario Andrea Costa.È dall’inizio della pandemia che ci viene ripetuto, e pure con una certa insistenza, che dobbiamo avere fede nella scienza. Come noto, siamo stati di fatto obbligati (chi tramite legge, chi tramite ricatto) a sottoporci a numerosi dosi di vaccino, che vanno appunto accettate come atti di sottomissione alla Cattedrale Sanitaria. Eppure tocca constatare che il primo a non avere fiducia nella scienza (italiana) e a non volere investire su un vaccino (italiano) è proprio il governo. Abbiamo raccontato, ormai alcune settimane fa, il caso di Maurizio Federico, direttore del Centro nazionale per la salute globale dell’Istituto superiore di sanità. Questo studioso ha sviluppato un vaccino che sembra proprio funzionare, e rispetto a quelli attualmente disponibili ha una caratteristica in più: potrebbe far sviluppare un’immunità di lunga durata, fino a 16-17 anni, resistendo anche alle varianti. Il nuovo farmaco si basa su un principio diverso da quello utilizzato per gli altri attualmente in commercio, ovvero l’immunità cellulare indotta dai linfociti Cd8 T. I prodotti attualmente disponibili, ormai lo abbiamo imparato, lavorano sulla proteina S, che però cambia a seconda delle varianti. La ricerca di Federico, invece, si focalizza sulla proteina N, che è costante in tutte le varianti.Il ricercatore dell’Iss ha deciso di muoversi in questa direzione dopo aver studiato i dati disponibili sul Sars-Cov-1, che mostrano come, a distanza di circa 16 anni dal contagio, ci siano persone che sono ancora immuni dal virus progenitore di quello attualmente in circolazione. Finora i risultati ottenuti sono molto buoni. Mesi fa un primo articolo è uscito sulla rivista Vaccines, fissando presupposti interessanti. Più di recente altri dati positivi sono usciti su su Biorixv.org.Perfino l’Istituto superiore di sanità, che per mesi ha clamorosamente evitato di pubblicizzare gli studi di Federico, non molti giorni fa si è deciso a pubblicare un comunicato stampa ufficiale in cui afferma che «questo nuovo approccio innovativo genera una risposta immunitaria efficace e duratura in topi infettati con Sars-Cov-2 […]. La tecnica messa a punto in Iss è in grado di generare una memoria immunitaria a livello delle vie respiratorie, condizione essenziale per un effetto duraturo di qualsiasi strategia vaccinale contro patogeni respiratori». Insomma, qui non siamo di fronte alle strampalate affermazioni di uno scienziato improvvisato, ma al lavoro molto serio di un ricercatore italiano che lavora per una istituzione pubblica e che, finora, ha fornito dati che fanno ben sperare.E qui iniziano i problemi. Come troppo spesso accade da queste parti, infatti, lo Stato non sembra intenzionato a sostenere come dovrebbe il nostro brillante studioso. È dal maggio 2021 che Marcello Gemmato di Fratelli d’Italia cerca di convincere il ministero della Salute a dare attenzione e risorse al lavoro di Federico. Giovedì scorso, alla Camera, è stato discusso l’ordine del giorno presentato dal parlamentare di FdI che impegnava il governo «a valutare l’opportunità di porre in essere interventi normativi volti allo stanziamento di adeguate risorse finalizzate alla ricerca e allo sviluppo delle fasi cliniche 1, 2, 3 e 4 e alla conseguente messa in commercio del vaccino CD8+ T anti Sars-Cov-2, basato sull’ingegnerizzazione in vivo delle vescicole extracellulari, ideato e caratterizzato presso l’Istituto superiore di sanità». Risultato? L’odg è stato accettato ma il governo, per bocca del sottosegretario alla Salute Andrea Costa, ha imposto di aggiungere al testo una frase: «Compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica».Tradotto significa che l’esecutivo non è disponibile a sborsare soldi. Anzi, a dirla tutta il quadro è anche più grigio. In buona sostanza, il governo riconosce che il lavoro di Federico sul nuovo vaccino è importante, e infatti non respinge l’idea che possa valere la pena di sostenerlo, non lo rifiuta perché privo di fondamento. Ma subito dopo aver concordato sulla validità dei risultati iniziali, con un giro di parole nemmeno troppo elegante spiega che le risorse non ci sono. Dunque, nei fatti, la ricerca viene affossata.Per passare dalla fase preclinica a quella clinica della sperimentazione, Gemmato aveva richiesto lo stanziamento di 200 milioni di euro. In realtà quel denaro servirebbe a realizzare tutte e quattro le fasi previste dai protocolli. Per procedere alla fase 1 basterebbero 5 milioni, per una fase 2 ridotta all’osso 10. Ma se entrambe dessero buoni risultati un investimento importante sarebbe più che giustificato, e si ripagherebbe ampiamente nel momento in cui si arrivasse a ottenere un vaccino inoculabile. Allo stato attuale, però, non ci sono soldi nemmeno per la fase uno: neppure gli spicci, per farla breve.Giova ricordare, a tale proposito, che l’Italia ha sborsato miliardi di euro per le dosi di Pfizer e Moderna distribuite finora. Ma a quanto pare non vuole investire una cifra decisamente inferiore per portare avanti una ricerca che potrebbe, nel migliore dei casi, evitare la somministrazione di ripetuti richiami. Ecco ciò che apprendiamo oggi: il governo chiede agli italiani cieca fiducia sui vaccini, ma non si fida del vaccino italiano.