2023-02-22
Chi oggi frigna per Dahl fino a ieri censurava
Roald Dahl (Getty images)
Michele Serra e Massimo Gramellini hanno gridato allo scandalo per la manipolazione «inclusiva» che stravolge i libri dell’autore inglese. Ma sono infuriati perché non sono stati loro a imporre una scomunica. E perché stavolta tocca a qualcosa che apprezzano.A sinistra si sono risvegliati sul risveglio. All’improvviso, cioè, hanno scoperto che la moda Woke (quella dei risvegliati, appunto) sta producendo disastri a non finire e pone una minaccia serissima alla cultura occidentale.Se n’è accorto Massimo Gramellini che sul Corriere della Sera ha inveito contro la «cultura della cancellazione»: «Il passato non esiste più», ha scritto. «Esiste solo uno sconfinato presente in cui Shakespeare deve parlare come Fedez altrimenti lo si cambia». Se n’è accorto anche Michele Serra, che su Repubblica parla addirittura di guerra in corso, «la guerra che una forte lobby politica, culturale, editoriale, con epicentro anglosassone, sta scatenando contro l’arte “impura”, presente e passata, censurando e correggendo, aggiornando ed espellendo. Con un gerundio solo: distruggendo».A produrre la levata di scudi è stata l’allucinante vicenda che La Verità ha raccontato nei giorni scorsi: l’editore Puffin, in collaborazione con il collettivo Inclusive Minds e con l’autorizzazione del fondo che detiene i diritti delle opere di Roald Dahl, ha deciso di modificare, riscrivere ed emendare i capolavori dello scrittore britannico al fine di renderli più «inclusivi».Da capolavori come Le Streghe, Gli Sporcelli e La fabbrica di cioccolato sono state cancellate parole come «grasso» e «brutto» e, come se non bastasse, sono stati aggiunti interi paragrafi che - nelle intenzioni dell’editore vandalo - dovrebbero consentire ai libri di non offendere i piccoli lettori.Giustamente, Serra e Gramellini si sono uniti alle proteste di numerosi autori anglofoni - in primis Salman Rushdie - che hanno gridato allo scandalo: in effetti, qui siamo di fronte al danneggiamento di opere d’arte, alla distruzione consapevole di un patrimonio letterario in nome di deliranti assunti buonisti.Secondo Michele Serra, lo sdegno non basta: «È tempo di una reazione attiva. Boicottaggi contro gli editori che si rendono responsabili di queste violenze. Dare il massimo rilievo a ogni colpo di bianchetto, a ogni ritocco censorio. Organizzare comitati di tutela della libertà artistica. Rispondere colpo su colpo».Condividiamo l’enfasi, e siamo pronti a schierarci con l’editorialista di Repubblica in tutti i comitati di opposizione alla cancel culture che deciderà di creare.Tuttavia, continuiamo ad avvertire sotto pelle una sensazione sgradevole, sentiamo che qualcosa non torna. Ci sembra di notare, nelle parole dei Serra e dei Gramellini e in quelle di tanti altri scrittori e intellettuali di mezzo mondo, un fondo di ipocrisia piuttosto spesso.Proviamo a spiegare. È piuttosto facile indignarsi quando vengono toccati dei mostri sacri come Dahl, o come Mark Twain o perfino Omero o Shakespeare come avvenuto in passato. Si tratta di evidenti eccessi, di deliri conclamati, che chiunque dotato di un minimo di senno non può non osteggiare. Più complicato, tuttavia, è riflettere a fondo sull’ideologia che anima il nuovo totalitarismo censorio Woke. Il fatto è che, indagando a fondo questa ideologia, si scopre che è la stessa sostenuta da Serra, Gramellini e da tanti altri che oggi si indignano. Si tratta di un miscuglio di puritanesimo americano e di superiorità morale tipica della sinistra europea.Alla base c’è la convinzione - derivata dalla filosofia decostruzionista partorita dall’accademia gauchiste a partire dagli anni Sessanta - che si possa manipolare il linguaggio per cambiare i rapporti di potere nella realtà. C’è una patina di gramscismo deviato, che si è tradotto nella conquista del potere «culturale» come surrogato della rivoluzione. E, in aggiunta, c’è un elemento religioso, una sorta di gnosticismo rivoluzionario che impone di seguire i maestri del pensiero illuminati dalla scintilla divina, gli unici tutelati a indicare la via per la salvezza dell’umanità.Nelle derive anglosassoni del politicamente corretto, tutti questi elementi sono particolarmente evidenti e detestabili, ma solo perché si presentano in dosi maggiori. A ben vedere, su scala appena più ridotta, è lo stesso atteggiamento esibito dalla gran parte dei nostri sedicenti intellettuali, compresi quelli che si indignano per le censure straniere. Non sono pochi i libri, anche di successo, usciti in Italia per condannare la cancel culture o l’ossessione per le politiche identitarie e per la tirannia delle minoranze. Ma a che cosa sono serviti? Beh, nei fatti, a permettere ai pensatori liberal progressisti di continuare a cantarsela e suonarsela in totale solitudine.Mentre condannavano i deliri degli abbattitori di statue e dei censori di romanzi, i nostri raffinati principi del pensiero continuavano, per esempio, ad accusare di fascismo e razzismo chiunque sostenga posizioni che a loro non vanno a genio.Certo, magari hanno difeso J.K. Rowling (anche lei liberal) dagli attacchi spropositati e violenti degli attivisti trans. Ma sono sempre prontissimi ad accusare di omofobia chi osi pronunciare mezza parola storta. Tra chi violenta Roald Dahl e chi accusa un non vaccinato di essere un mentecatto fascista, la differenza sta soltanto nell’intensità della paranoia.Ieri tutti si stracciavano le vesti per le censure a La fabbrica di cioccolato. Ma nessuno fiata se un oratore sgradito viene espulso da una università, se un intellettuale di destra viene estromesso da una manifestazione culturale, se a uno scrittore non allineato viene impedito di parlare. La verità è che anche lo sdegno di Serra e Gramellini non muove da un amore sincero per la libertà di pensiero: essi s’infuriano solo perché non sono stati loro a imporre la censura e perché viene toccato qualcosa che a loro piace, o qualche loro amico.Il francese Richard Millet, uno dei più raffinati scrittori e pensatori d’Europa, attualmente è senza lavoro e i suoi libri non trovano un editore perché qualcuno lo ha accusato di essere razzista (cosa falsa). Eppure nessuno ha firmato appelli per lui, anzi li hanno firmati contro di lui. Benché clamoroso, è solo un caso fra tanti. Nel corso degli anni, numerosi altri autori hanno subito un destino simile, sono stati additati, insultati, vilipesi.Di recente è capitato a Giorgio Agamben per le sue idee sulla pandemia, tanto per citarne un altro. Persino il triste spettacolo visto a Sanremo (su cui pure la destra ha spesso offerto il peggio di sé) rientra in questo orizzonte ideologico: i profeti della Cattedrale buonista pretendono di regolamentare e burocratizzare persino la trasgressione, rendendola di conseguenza sterile e funzionare al potere, esattamente come pretendono di cancellare la memoria e correggere le opere d’arte o imporre a forza un cambiamento degli stili di vita dei popoli europei.Oh, certo, adesso si stracciano le vesti per La fabbrica di cioccolato. Ma hanno costruito e alimentato una fabbrica di menzogne che continua a funzionare a pieno ritmo, e da cui tutti i ridicoli padroncini della cultura continuano a trarre profitto. Per essere coerenti, dovrebbero boicottarsi da soli.