2024-05-13
Che pena le scuse dell’ex governatore
Claudio Burlando non è di certo passato alla storia per le sue battute, semmai per i disastri che accompagnarono la sua carriera politica. Tuttavia, almeno una frase resterà scolpita nella memoria ed è quella concessa al Corriere della Sera di ieri, in una breve intervista sulle vicende che hanno portato all’arresto di Giovanni Toti e, fra gli altri, di uno degli uomini più potenti di Genova, ovvero Aldo Spinelli. Perché ha incontrato l’imprenditore, chiede il cronista. E l’ex ministro ed ex governatore risponde di averlo visto perché Spinelli gli aveva chiesto un’opinione. Sullo yacht, lo incalza il giornalista. E Burlando, non solo si schermisce, dicendo di non avere alcun potere decisionale e di essere politicamente a riposo, ma aggiunge di aver accolto l’invito in barca soltanto perché l’imprenditore «è obbligato dalla salute ad avere una cucina programmata». È noto infatti che quanti hanno un problema di salute pranzano in porto, a bordo di lussuosi panfili. Ed è altrettanto risaputo che per fornire pareri ci si fa accompagnare dai vertici di un partito. Pur dicendosi fuori dai giochi e soltanto interessato al bene del bacino ligure, in quanto figlio e nipote di camalli, ossia degli scaricatori dello scalo, Burlando è salito sullo yacht di Spinelli in compagnia dello stato maggiore del Pd. Quello convocato per mangiare lasagne al ragù era un incontro per ascoltare l’opinione di un pensionato della politica, come l’ex ministro dei Trasporti ci vuole far credere, o un vertice con i rappresentanti di una corrente politica assai importante? A dare retta agli elementi raccolti dagli uomini della Guardia di finanza che hanno documentato la riunione, si direbbe che la risposta giusta sia la seconda. Nei fascicoli di indagine infatti, si ritrovano le fotografie che abbiamo pubblicato ieri: una mesta processione dell’establishment piddino verso la barca di Spinelli. Ora Burlando dice che lo yacht era ormeggiato alla Foce e non in Costa Azzurra, quasi che il problema fosse la banchina a cui l’imbarcazione era attraccata. Ma poi, forse resosi conto della debolezza della difesa, l’ex governatore ha aggiunto che «non è dove ti vedi che conta. Ma come ti comporti».Peccato che a smentire la tesi minimalista di Burlando siano le stesse parole captate dalla Guardia di finanza dopo il famoso meeting nel porto di Genova. Infatti, conversando con Spinelli, l’ex ministro si dimostra più interessato a sapere come finirà la faccenda della concessione del Terminal Rinfuse che a fornire opinioni. E quando l’imprenditore gli rammenta l’opposizione di un esponente del comitato di gestione del porto, non solo replica che a schierarsi contro è Aponte, cioè l’armatore di Msc, ma aggiunge che il suo incarico è stato portato a compimento. «Il mio compito», dice Burlando, «era di portarti Giulio e farti vedere che Giulio era d’accordo». Probabilmente allude a Giulio Schenoni, uno dei maggiori imprenditori portuali italiani, tra le persone presenti al pranzo sullo yacht. Dunque, l’ex governatore non è andato in barca per rilasciare il parere di un povero pensionato della politica, ma ha accettato l’invito per una ragione precisa: dare una mano a Spinelli, nell’operazione complessa della concessione che la Regione doveva rilasciare. Del resto, sono sempre i finanzieri ad annotare che l’uscita della notizia di un vertice sullo yacht con Burlando e lo stato maggiore del Pd serviva a esercitare una pressione su Giovanni Toti, affinché si desse da fare. Insomma, l’ex ministro non pare proprio un Cincinnato, ma soprattutto non pare estraneo a un sistema di gestione poco trasparente delle vicende portuali liguri. Se il pranzo in porto vale per Toti, deve valere anche per gli altri. Soprattutto se si considera quello che lo stesso Spinelli diceva, ovvero che tutti sapevano che lui era del Pd.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)