Inchiesta di Bergamo, i messaggi tra il ministro e il capo dell’Iss. Il primo: «Noi politicamente siamo per stringere dappertutto». Risposta: «Non ci sono evidenze scientifiche». Tre giorni dopo spiegava che le misure funzionavano. Macché scienza: il burocrate giustificava Giuseppe Conte & C.
Inchiesta di Bergamo, i messaggi tra il ministro e il capo dell’Iss. Il primo: «Noi politicamente siamo per stringere dappertutto». Risposta: «Non ci sono evidenze scientifiche». Tre giorni dopo spiegava che le misure funzionavano. Macché scienza: il burocrate giustificava Giuseppe Conte & C.L’analisi dei magistrati di Bergamo, contenuta nelle carte dell’inchiesta sulla gestione della prima fase della pandemia, è di spietata durezza: «La commistione tra organo politico e organo tecnico ha riguardato il ministro Roberto Speranza, il quale ha modificato circolari ministeriali e ha inciso sulle determinazioni contenute nelle proposte del Cts attraverso l’influenza su Brusaferro». In poche righe, la descrizione perfetta del rapporto incestuoso tra scienza e politica e tra dirigenti del sistema sanitario e governo giallorosso. Un rapporto malsano che ha riguardato Giuseppe Conte, allora presidente del Consiglio, il quale - secondo gli inquirenti - avrebbe «in concreto preventivamente concordato il contenuto dei documenti e delle proposte elaborate che successivamente sono state deliberate dal Cts».Significa, nella pratica, che prima i governanti decidevano, poi passavano dagli esperti del Comitato tecnico scientifico per ottenere il timbro di «scientificità» sulle misure adottate. Da un certo punto di vista non ci sarebbe nemmeno niente di male: è normale che sia la politica a decidere. Il problema vero è nato nel momento in cui i politici giallorossi hanno iniziato a farsi scudo con la scienza, sostenendo che le norme da loro elaborate fossero soltanto il frutto di obbedienza cieca, pronta e assoluta alla volontà degli scienziati. Perché hanno agito in questo modo? Facile: perché se convinci la popolazione che ogni provvedimento assunto è inevitabile in quanto motivato da insindacabili necessità sanitarie, ti metti al riparo da ogni critica, e anzi puoi accusare chi ti contesta di essere un folle «nemico della scienza». Nel caso di Roberto Speranza, la perversa «commistione» fra scienza e politica assume un nome e un volto, ovvero quello di Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità e componente del Cts. Quest’ultimo - a capo di un’istituzione pubblica, che dunque serve lo Stato e non il governo - avrebbe dovuto esprimere pareri per quanto possibile razionali e, soprattutto, indipendenti. Invece, risulta dalle carte, agiva in costante comunicazione con il ministro. Di più: parecchie volte agiva direttamente su impulso di Speranza. Il ministro comunicava quale fosse l’orientamento politico, Brusaferro recepiva e commentava (talvolta blandamente) quindi si procedeva alla decisione e il presidente dell’Iss appariva in tv come per giustificare le misure prese. Un piccolo esempio è la conversazione che i due intrattengono via chat il 6 marzo 2020. Un paio di giorni dopo il governo giallorosso avrebbe chiuso la Lombardia. Speranza: «Stamattina verrà Conte in Protezione civile. Vuole assumere misure restrittive in Lombardia». Brusaferro: «Ok a che ora?».Speranza : «Metà mattinata. Bisognerebbe pensare misure ulteriori di inasprimento. Lombardi pensano a qualcosa che assomigli a un coprifuoco».Appare abbastanza evidente come il ministro indichi al presidente dell’Iss la linea da seguire. Lo scambio più emblematico, tuttavia, è probabilmente quello datato 20 marzo 2020. In quei giorni la Lombardia, alcune zone dell’Emilia Romagna e le scuole sono già chiuse, del tutto o in parte. Il ministro e il presidente dell’Iss discutono di ulteriori restrizioni, che diverranno effettive pochi giorni dopo, il 23 marzo, giorno in cui viene blindata l'intera nazione. Il nuovo dpcm, leggiamo nel comunicato ufficiale del governo, «introduce ulteriori misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, applicabili sull’intero territorio nazionale. Il provvedimento prevede la chiusura delle attività produttive non essenziali o strategiche. Aperti alimentari, farmacie, negozi di prima necessità e i servizi essenziali. Per quanto concerne gli spostamenti, il decreto prevede all’art. 1 punto b): è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un Comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute». Stiamo parlando, insomma, del decreto con cui si blinda l’Italia e si chiudono le attività produttive. Giuseppe Conte illustra al popolo la misura con tono grave, spiegando che «la chiusura della fabbriche era necessaria. [...] L’Italia sta attuando una strategia che ci costa sacrifici, con un impatto economico notevole, per ottenere un risultato. Non possiamo accettare che invece altri Paesi affrontino questa lotta con una soglia di rigore più bassa, perché poi potremmo essere esposti agli effetti di un contagio di ritorno. Ecco perché la risposta europea coordinata a tutti i livelli è l’unica possibilità». Lo stesso giorno, Silvio Brusaferro durante la conferenza stampa quotidiana dichiara: «È troppo presto per dire se il trend dei contagi sia in calo, anche perché oggi vediamo gli effetti di quel che è avvenuto due settimane fa. Però prendiamo atto che le misure funzionano». Dunque, assicura il megaesperto, i provvedimenti servono. Conte ribadisce che sono necessari. Parecchio tempo dopo, nel novembre del 2021, Brusaferro rivendicherà nuovamente la bontà di quelle scelte. «Siamo stati il primo Paese occidentale in lockdown ed era inimmaginabile prima della pandemia: ha abbattuto l’Rt in tutte le Regioni», dirà. In effetti andò proprio così: con i dpcm che nel 2020 blindarono aziende, case e intere regioni, l’Italia introdusse l’inquietante principio della chiusura forzata, indiscriminata e totale. Cioè la pietra su cui sarebbe poi stato edificato l’intero edificio oppressivo europeo e non solo. Niente male. Ma come sono state decise quelle chiusure «anticipatrici»? Su quali basi? Dopo quali riflessioni? Qualche risposta ce la offre la chat del 20 marzo 2020 tra Speranza e Brusaferro.Brusaferro: «Scusa mi ha chiamato Gualtieri. Mi chiedeva criteri per la chiusura totale delle attività produttive. Sai qualcosa di questo?». Speranza: «Stringiamo in tutta Italia o solo regioni Nord? Io sono per andare in tutta Italia. Sindacati spingono per tutta Italia. A me sembra buon senso. Le aziende non vendono comunque. Le teniamo aperte ora per poi metterle in cassa integrazione tra qualche settimana perché hanno i magazzini pieni». Brusaferro: «Capisco. Va bene per quelle che comunque non vendono. Credo però che ci siano filiere da salvaguardare. Non solo alimentare. L’altro tema per quanto tempo. Arrivi a Pasqua. Ma dopo credo si dovrà riaprire. Bisognerebbe magari far analisi per filiera con un po’ di tempo». Speranza: «Io farei 3 aprile. Sperando che questa settimana arrivi qualche segno positivo. Patuanelli ha individuato filiere da proteggere Ora tema è Italia o solo Nord».Brusaferro: «Domani abbiamo qualche dato in più. Lombardia chiudi e qualche area attorno. Per il resto vediamo un attimo». Speranza: «Non è che facciamo come scuole?».Per prima cosa, stupisce il tono vagamente superficiale con cui il problema viene affrontato. Speranza spiega a Brusaferro quale sia il suo orientamento. Il presidente dell’Iss appare timido, ma il ministro insiste: vuole evitare brutte figure e polemiche. Butta lì anche una data per le possibili riaperture (il 3 aprile, giorno che sarà effettivamente indicato nel decreto). Ma attenti che la conversazione non è finita, e a questo punto si fa molto suggestiva. Speranza: «Noi politicamente siamo per stringere in tutta Italia». Brusaferro: «Hai ragione non si può escludere, e solo dati prossimi giorni ci diranno se cambiano le curve. Ma ti segnalo solo la urgente necessità di definire una strategia di uscita».Speranza: «Se facciamo tutto il territorio non vorrei riesca polemica del tempo delle scuole»Brusaferro: «Non credo. Il tema qui è più di tipo sociale ed economico. Comunque non ci sono evidenze scientifiche che io sappia su misure di questo tipo». Sarebbe difficile essere più chiari. Speranza preme e dice chiaramente che il governo «politicamente» vuole le chiusure. Brusaferro tergiversa un po’ e poi dichiara: non ci sono evidenze scientifiche. Appena tre giorni dopo, dirà che le precedenti chiusure hanno funzionato, mentre Conte ripeterà che la stretta ulteriore era «necessaria». Non sembrano esserci molti dubbi: sono decisioni politiche, prese - come avrà a dire in seguito Walter Ricciardi - sull’onda della «cieca disperazione». Non è stato applicato il piano pandemico, non c’è una linea chiara da seguire, se non quella che il governo traccia e che Speranza comunica a Brusaferro. E rieccoci al problema sollevato dai pm: l’influenza del ministro sul presidente dell’Iss. Come vedete, pure in questo frangente si trattava di un’influenza piuttosto pesante.
Roberto Scarpinato (Imagoeconomica)
La presunta frode elettorale travolse i leghisti. Ma a processo è finito solo un «big» delle preferenze del centrosinistra. Il pm di allora conferma tutto. E va al contrattacco.
L’intervista a questo giornale della pm di Pesaro Anna Gallucci ha scosso il mondo politico e quello giudiziario. La toga ha denunciato il presunto indirizzo «politico» dato alla maxi inchiesta Voto connection della Procura di Termini Imerese, dove la donna lavorava, un’indagine che riguardava voto di scambio (riqualificato dal gip in attentato contro i diritti politici dei cittadini), favoritismi e promesse di lavoro in vista delle elezioni comunali e regionali del 2017. La pm ci ha rivelato che l’allora procuratore Ambrogio Cartosio (che ha definito la ricostruzione della ex collega come «falsa» e «fantasiosa») la avrebbe spronata a far arrestare due esponenti della lista «Noi con Salvini», specificando che «era un’iniziativa condivisa con il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato» e l’avrebbe, invece, invitata a chiedere l’archiviazione per altri soggetti legati al centro-sinistra. Ma la Gallucci non avrebbe obbedito. Un’«insubordinazione» che la donna collega ad alcune sue successive valutazioni negative da parte dei superiori e a una pratica davanti al Csm.
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Performance a tripla cifra per Byd, Lynk&Co e Omoda/Jaecoo grazie agli incentivi.
Byd +535,3%, Lynk&Co +292,3%, Omoda/Jaecoo +386,5%, «altre» +419,2% e fra queste c’è Leapmotor, ovvero il partner cinese di Stellantis che raggiunge l’1,8% della quota di mercato solo a novembre. Lo scorso mese le immatricolazioni auto sono rimaste stabili nei confronti dello stesso periodo di un anno fa, tuttavia c’è stato un +131% circa delle vetture elettriche, grazie agli incentivi che hanno fatto felici i principali produttori di veicoli a batteria: i cinesi. Come emerge appunto dalle performance a tripla cifra messe a segno dai marchi dell’ex celeste impero. La quota di mercato delle auto elettriche è volata così nel mese al 12,2%, rispetto al 5,3% del novembre 2024.
«La spinta degli incentivi ha temporaneamente mitigato l’anomalia del mercato italiano, riavvicinandolo agli standard europei», sottolinea il presidente di Motus-E, Fabio Pressi. «Appurato l’interesse degli italiani per la mobilità elettrica, strumenti di supporto alla domanda programmatici e prevedibili conseguirebbero anche da noi risultati paragonabili a quelli degli altri grandi mercati Ue», osserva ancora Pressi, citando a titolo d’esempio «l’ormai improcrastinabile revisione della fiscalità sulle flotte aziendali».
Friedrich Merz e Ursula von der Leyen (Ansa)
Pure Merz chiede a Bruxelles di cambiare il regolamento che tra un decennio vieterà i motori endotermici: «Settore in condizioni precarie». Stellantis: «Fate presto». Ma lobby green e socialisti europei non arretrano.
Il cancelliere Friedrich Merz ha annunciato che la Germania chiederà alla Commissione europea di modificare il regolamento europeo sul bando dei motori endotermici al 2035. Il dietrofront tedesco sul bando ai motori a combustione interna, storico e tardivo, prende forma in un grigio fine settimana di novembre, con l’accordo raggiunto fra Cdu/Csu e Spd in una riunione notturna della coalizione a Berlino.
I partiti di governo capiscono «quanto sia precaria la situazione nel settore automobilistico», ha detto Merz in una conferenza stampa, annunciando una lettera in questo senso diretta a Ursula von der Leyen. La lettera chiede che, oltre ai veicoli elettrici, dopo il 2035 siano ammessi i veicoli plug-in hybrid, quelli con range extender (auto elettriche con motore a scoppio di riserva che aiuta la batteria) e anche, attenzione, «motori a combustione altamente efficienti», secondo le richieste dei presidenti dei Länder tedeschi. «Il nostro obiettivo dovrebbe essere una regolamentazione della CO2 neutrale dal punto di vista tecnologico, flessibile e realistica», ha scritto Merz nella lettera.
Ansa
Per la sentenza n.167, il «raffreddamento della perequazione non ha carattere tributario». E non c’era bisogno di ribadirlo.
L’aspettavano tutti al varco Giorgia Meloni, con quella sua prima legge finanziaria da premier. E le pensioni, come sempre, erano uno dei terreni più scivolosi. Il 29 dicembre di quel 2022, quando fu approvata la Manovra per il 2023 e fu evitato quell’esercizio provvisorio che molti commentatori davano per certo, fu deciso di evitare in ogni modo un ritorno alla legge Fornero e fra le varie misure di risparmio si decise un meccanismo di raffreddamento della perequazione automatica degli assegni pensionistici superiori a quattro volte il minimo Inps. La norma fu impugnata dalla Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna e da una ventina di ex appartenenti alle forze dell’ordine per una presunta violazione della Costituzione. Ma ora una sentenza della Consulta, confermando per altro una giurisprudenza che era già abbastanza costante, ha dato ragione al governo e all’Inps, che si era costituita in giudizio insieme all’Avvocatura generale dello Stato, proprio contro le doglianze del giudice contabile. Già, perché in base alle norme vigenti, non è stato necessaria la deliberazione di un collegio giudicante, ma è bastata la decisione del giudice monocratico della Corte dei Conti emiliana, Marco Catalano, esperto in questioni pensionistiche.






