2024-11-06
La Cgil tifa l’accoglienza senza freni. Poi sciopera perché manca sicurezza
Ieri il sindacato ha proclamato un’agitazione dopo l’accoltellamento del capotreno da parte di due egiziani. Una conseguenza delle porte aperte di Maurizio Landini. Che dovrebbe, quindi, incrociare le braccia contro sé stesso.Le dimensioni - smisurate - della sconfitta le ha segnate ieri, in una intervista a Repubblica, Laura Andrei, segretaria di Filt Cgil a Genova. Ha raccontato di aver visto tante brutte scene in un decennio da capotreno, ma niente di simile a quanto accaduto al suo collega di Rivarolo, che tutta Italia ha guardato con sgomento mentre giaceva riverso a terra in una pozza di sangue. Ad aggredirlo sono stati un ventunenne egiziano, Fares Kamel Salem Alshahhat, e una sedicenne nata in Italia ma pure lei di famiglia egiziana.La sindacalista ha risposto onestamente alle domande di Repubblica e ha scandito una frase che lascia di ghiaccio: «Il primo consiglio che diamo ai colleghi neo assunti è l’autotutela», ha detto. «Significa che, con un po’ di esperienza, si capisce quando un passeggero può creare problemi e allora si evita di chiedere il biglietto».Il dramma italiano sta tutto qui, in queste poche parole che mescolano avvilente buonsenso e vergognosa rassegnazione. Da un certo punto di vista, è ovvio che non si possano né si debbano mandare gli operatori delle ferrovie allo sbaraglio. Non ci si può aspettare che un povero Cristo o, peggio, una sfortunata cristiana, si espongano al rischio di essere sventrati perché hanno preteso il biglietto da un clandestino rabbioso o da un maranza alterato. Se dovessimo seguire questa linea di ragionamento, tuttavia, dovremmo giungere a una sola conclusione, inevitabile: togliamo i controllori e i capitreno dai convogli. Non c’è altra via di uscita, perché nei fatti la segretaria della Filt Cgil sta dicendo che il biglietto non viene chiesto a chi appare bellicoso e chi abbia accumulato un po’ di esperienza sui treni può confermare che le cose funzionino esattamente così. Ma perché si dovrebbe pretendere il rispetto delle leggi soltanto da parte di alcuni? Non è forse una forma di discriminazione? Per quale motivo la signora italiana deve sborsare il denaro e il magrebino munito di coltello può fare ciò che gli pare? Se si affronta la faccenda da questa prospettiva, risulta evidente che il ragionamento - all’apparenza sensato - della sindacalista genovese sia totalmente inaccettabile. O smettiamo di tollerare che qualcuno spadroneggi oppure molliamo del tutto e ci rassegniamo alla barbarie.Si obietta giustamente: non si può mica lasciare all’eroismo dei singoli dipendenti delle ferrovie la risoluzione del problema. Ed è esattamente qui che tocca chiamare in causa i sindacati. Ieri tutte le sigle del settore trasporti - la già citata Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl Ferrovieri, Fast Confsal e Orsa trasporti - hanno proclamato uno sciopero di otto ore che sicuramente ha complicato molto la vita ai comuni cittadini ma aveva molte ragioni. Nella lettera di proclamazione, i sindacati hanno protestato per le «violente e reiterate aggressioni al personale mobile registrate negli ultimi mesi» e per il fatto che «a tutt’oggi non si è apprezzato alcun intervento a tutela del personale e neanche un maggiore controllo dei treni da parte delle forze dell’ordine».Le sigle fanno bene a denunciare «l’escalation di violenza su scala nazionale, le numerose aggressioni subite dal personale mobile negli ultimi mesi». E fanno ancora meglio a sostenere «che la gravità e l’intollerabilità di tali episodi non consente indugi e necessita urgentemente di un fermo e risolutivo intervento a tutela della sicurezza e dell’incolumità delle lavoratrici e dei lavoratori che quotidianamente prestano servizio alla collettività». Viene da chiedersi, però, perché questi difensori dei lavoratori dei trasporti non se la prendano prima di tutto con i loro vertici nazionali (e non solo). Ci risulta, infatti, che da anni costoro, in primis i capoccia della Cgil, siano schierati con decisione a favore dell’apertura delle frontiere. Basta una rapidissima ricerca di archivio per trovare decine di uscite di Maurizio Landini, segretario della Cgil, contro la destra fascista e nazista che sparge odio. Non si contano le iniziative del sindacato a favore dell’accoglienza e «contro il razzismo».Non più tardi di un anno fa, per dire, la Cgil chiedeva «un profondo processo di riforma della legislazione sullʼimmigrazione per superare il carattere punitivo e restrittivo che ha caratterizzato la nostra legislazione passata e presente», spiegava che «solidarietà e accoglienza sono i principi alla base di una società volta a garantire il riconoscimento dei diritti» e invocava una «società accogliente e plurale».A quanto risulta, in questa società cosi accogliente che la Cgil - ovviamente assieme ai suoi partiti di riferimento - ha brigato per costruire in questi anni, a non essere tutelati sono i diritti dei lavoratori che ogni santo giorno rischiano coltellate, colpi di machete e altre delizie. E, certo, non si può dare la colpa (come fanno in queste ore vari esponenti del Pd e della sinistra in generale) a questo governo. Che dovrebbe fare? Riempire i treni di poliziotti? Magari mandando sui convogli gli agenti che ora sono in Albania, come suggerisce Alessia Morani? Certo, immaginiamo quanto sarebbe felice la Cgil se il ministro Matteo Piantedosi proponesse qualcosa di simile: minimo griderebbe all’istituzione dello Stato di polizia. Emerge, quindi, la potente ipocrisia di chi, fino a ieri, ha spinto per l’apertura delle frontiere e oggi ne depreca le conseguenze. Se avessero un po’ di fegato, il prossimo sciopero i sindacati dovrebbero farlo contro l’immigrazione selvaggia. Ma abbiamo il sospetto che si limiteranno, al solito, a piangere sul sangue versato. Versato letteralmente, purtroppo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)