
Ogni giorno i progressisti gridano che la libertà è a rischio. Peccato che gli unici a imporre la mordacchia siano loro.Il lamento viene ripetuto ogni giorno, gridato sempre più forte: «In Italia c'è il regime, ci stanno togliendo le libertà, è tornato il fascismo sotto mentite spoglie!». Passano 24 ore ed ecco che spunta un nuovo caso di persecuzione, discriminazione o intimidazione di cui sono responsabili i feroci sovranisti al governo, in particolare la Lega e Matteo Salvini. Giovedì, per dire, il collega Stefano Origone di Repubblica è stato manganellato dalla polizia a Genova. Ne ha ricavato costole rotte e dita fratturate: una bruttissima storia. I vertici della polizia, fortunatamente, hanno agito con prontezza. Come informa Carlo Bonini proprio su Repubblica, «il capo della polizia, Franco Gabrielli, e con lui il questore di Genova hanno disposto nel giro di un'ora un'indagine interna, hanno identificato gli agenti che hanno condotto la carica, il funzionario che l'ha ordinata e consegneranno alla magistratura che procede per lesioni i risultati dell'inchiesta». A quanto pare, Origone si trovava vicino a un gruppo di antagonisti che voleva impedire un comizio di Casapound, e quando la polizia ha caricato i contestatori, il cronista è finito in mezzo ed è stato ingiustamente colpito. Comprensibile che a Repubblica siano arrabbiati e indignati. Un po' meno comprensibile, tuttavia, è la loro analisi della vicenda. L'Italia, scrive Carlo Bonini, oggi è «un Paese dove informare è diventato un rischio». La libera informazione sarebbe in pericolo, e sapete di chi è la colpa? Indovinate... Se gli agenti di Genova commettono un grave errore, la responsabilità è di Salvini, le cui idee e posizioni hanno l'effetto di «caricare ogni agente, ogni funzionario in servizio di ordine pubblico di un peso (o, per qualcuno, di una tentazione) insopportabile». Il ministro dell'Interno, spiega Bonini, perseguita Roberto Saviano, fa comunella con i fascisti di Casapound, quindi alimenta un clima di intolleranza che mette in pericolo l'informazione. Davvero curiosa come lettura. A Genova dei baldanzosi antagonisti vogliono impedire un comizio di Casapound regolarmente autorizzato e del tutto pacifico. I cari compagni cercano di mettere a tacere - con la forza - chi non la pensa come loro. La polizia interviene ed esagera, colpendo un giornalista tra la folla. Compreso il clamoroso e doloroso sbaglio, i capi della polizia si scusano, individuano i responsabili e avviano le procedure per punirli. E questo sarebbe un regime che vuole silenziare la stampa? La sensazione è che qui siano altri a tentare di cancellare dalla scena gli avversari politici. I censori veri, il regime vero, è quello di chi prova a impedire il comizio di un movimento politico regolarmente candidato alle elezioni. Il regime vero si manifesta attraverso le indagini poliziesche dell'Agcom, l'autorità che dovrebbe garantire un'informazione libera e corretta ma si mette a bacchettare e intimidire i giornalisti che fanno il loro mestiere e hanno la sola colpa di essere identificati come «di destra». Ogni giorno, dicevamo, i media progressisti sbraitano e si sbracciano: a sentire loro è tornata la dittatura. Bella dittatura davvero, quella dove Gad Lerner può paragonare Maurizio Belpietro, Mario Giordano e altri ai difensori della razza del Ventennio e, per punizione, ottiene un programma sulla televisione di Stato. Lerner mette all'indice autorevoli colleghi colpevoli di pensarla diversamente da lui, ma per gli illustri progressisti va tutto bene. Del resto la moda di compilare liste di proscrizione, di questi tempi, sta dilagando. Vogliamo ricordare quanto accaduto al Salone del libro di Torino? Christian Raimo, scrittore e consulente della rassegna letteraria, mette in fila i nomi di giornalisti e intellettuali da purgare, li accusa di essere organici, appunto, al «regime», e ne invoca l'allontanamento. Rammentate come è finita? Mentre Raimo girava per il Salone a collezionare interviste, i libri della casa editrice Altaforte venivano espulsi dalla fiera. C'è il regime, ripetono. I giornalisti sono minacciati, gli intellettuali sono perseguitati, gli insegnanti non possono fare il loro mestiere. A sostegno di quest'ultima affermazione viene citato il caso della professoressa di Palermo. La signora è stata dipinta per giorni come una vittima del Potere, una martire del libero pensiero. I suoi studenti, in un video mostrato in classe, hanno equiparato il decreto Sicurezza alle leggi razziali. Quantomeno, dunque, la signora non ha fatto benissimo il suo lavoro. Inoltre, ad aprire il fascicolo su di lei è stata una funzionaria nota per le sue simpatie di sinistra. Né il ministro dell'Istruzione né quello dell'Interno erano coinvolti, ma poco importa: un caso di cattiva istruzione è diventato l'ennesima scusa per agitare lo spauracchio del fascismo di ritorno. Intanto, però, come abbiamo mostrato nei mesi scorsi, la gran parte dei manuali di storia, educazione civica e italiano presenti nelle scuole sono faziosi e politicizzati oltre ogni limite. I ragazzini vengono indottrinati, ma in questo caso va tutto bene. Nemmeno il ministero competente del «governo fascista» è intervenuto per porre un freno alla deriva ideologica dei testi. La cultura progressista, da decenni, domina nella scuola. La gran parte dei talk show televisivi è affidata a conduttori di sinistra, anche piuttosto battaglieri. I giornali, quasi all'unisono, sono schierati contro il governo. Gli intellettuali sedicenti democratici sono a capo di premi, saloni, festival, fiere e kermesse, ottengono finanziamenti pubblici per ogni genere di film e spettacoli intrisi di ideologia. L'Agcom e altri organismi pubblici non fanno altro che spingere e diffondere, a colpi di multe e reprimende, il politicamente corretto. Eppure, continuano a dire, in Italia c'è il regime. Oddio, a dirla tutta il sospetto è che un regime - magari morbido, dolciastro e appiccicoso, in effetti ci sia. Ma non è certo quello imposto dai sovranisti, dai «fascisti» o dalle destre: è la solita, vecchia egemonia culturale sinistrorsa. I gendarmi che la difendono, da qualche tempo, perdono terreno e si sentono indeboliti. Quindi reagiscono nell'unico modo che conoscono: prima censurano, poi fanno le vittime. Mordacchia e lamento, progressista contento.
«The Man on the Inside 2» (Netflix)
La serie con Ted Danson torna su Netflix il 20 novembre: una commedia leggera che racconta solitudine, terza età e nuovi inizi. Nei nuovi episodi Charles Nieuwendyk, ex ingegnere vedovo diventato spia per caso, indaga al Wheeler College.
(IStock)
Si rischia una norma inapplicabile, con effetti paradossali sui rapporti sessuali ordinari e persino all’interno delle coppie.
Grazie all’accordo «bipartisan» Meloni-Schlein è stato approvato in commissione giustizia della Camera, il 12 novembre scorso, il progetto di legge a firma dell’onorevole Laura Boldrini e altri, recante quello che, dopo la probabile approvazione definitiva in Aula, dovrebbe diventare il nuovo testo dell’articolo 609 bis del codice penale, in cui è previsto il reato di violenza sessuale. Esso si differenzia dal precedente essenzialmente per il fatto che viene a essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito nella vigente formulazione della norma), ma anche quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Nuovo approccio dell'istituto di credito rivolto alle imprese pronte ad operazioni di finanza straordinaria. Le interviste a Stefano Barrese, Marco Gianolli e Alessandro Fracassi.
Matteo Bassetti e Sergio Abrignani (Imagoeconomica)
Abrignani in commissione: «Nessuno consultò il Css per tutto il 2020. Ci interpellarono sugli mRna solo l’anno successivo». E Bassetti ci prova: «Ho ricevuto fondi da Pfizer per gli antibiotici, non per i vaccini».
«Quanti quesiti ha ricevuto dal ministero della Salute nel 2020, quando era membro del Consiglio superiore di sanità?», chiedeva ieri Marco Lisei, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia. La domanda era rivolta a Sergio Abrignani, ordinario di Immunologia e immunopatologia presso l’Università degli Studi di Milano, poi da marzo 2021 componente del Comitato tecnico scientifico. «Solo una volta, di illustrare che cosa fossero i vaccini a mRna e quali quelli a vettore a vettore virale», è stata la stupefacente riposta del professore. Per poi aggiungere, a un’ulteriore domanda che chiariva il ruolo suo e dei suoi colleghi: «Dopo l’alert dell’Oms del 5 gennaio 2020 non siamo stati consultati. Solo nel gennaio 2021, per rivedere il piano pandemico influenzale Panflu».






