2023-03-24
Cei col governo: «I figli non sono prodotti»
Matteo Maria Zuppi (Ansa9)
Finiti gli incoraggiamenti agli esecutivi di centrosinistra. Sulla tutela dei figli la Chiesa non arretra e si schiera con la maggioranza. I vescovi: «L’utero in affitto distorce l’idea stessa di famiglia, mercifica la donna e il nascituro, trasformato in oggetto di contratto».L’anatema arriva chiaro e forte, lo pronuncia in particolare monsignor Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale dei vescovi italiani, durante la conferenza stampa conclusiva del Consiglio permanente della Cei tenutosi a Roma in questi giorni. La pratica dell’utero in affitto, ha detto il monsignore ieri, è «inaccettabile, perché con essa, come ha detto il Papa, si rischia la mercificazione della donna, soprattutto delle donne più povere, e di trasformare il figlio in un oggetto di un contratto. Ciò non corrisponde all’idea di maternità e di paternità accolte come un dono, che caratterizza la visione cristiana. Su questo tema c’è stata una condivisione dei vescovi durante il Consiglio permanente, sulla scia delle parole inequivoche dette dal Papa».Il giudizio è stato fulminato come non si sentiva da tempo, in modo netto, preciso, circostanziato. C’è tutto: il mercato di esseri umani, le donne svilite, i figli ridotti a prodotti, tutto quanto serve a far capire che su questo terreno la Chiesa non arretrerà di un millimetro. Anche il comunicato finale dei vescovi italiani presieduti dal cardinale Matteo Maria Zuppi lo mette nero su bianco. «Forte preoccupazione», si legge, «è stata espressa per il crescente individualismo e per l’avanzare di visioni che rischiano di distorcere l’idea stessa di famiglia. Come sancito dalla Costituzione, infatti, la famiglia è e resta il pilastro della società, garanzia di prosperità e di futuro. Riconoscere l’istituto familiare nella sua originalità, unicità e complementarietà significa tutelare, in primo luogo, i figli, che mai possono essere considerati un prodotto o l’oggetto di un pur comprensibile desiderio. In tal senso, molte persone ormai, pur con idealità diverse, riconoscono come inaccettabili pratiche che mercificano la donna e il nascituro».Dal punto di vista politico la campana suona forte soprattutto a sinistra, in particolare in quel Pd a trazione Elly Schlein che su questo tema specifico ondeggia paurosamente. L’anima catto-dem del partito è in difficoltà, lacerata dallo tsunami Schlein, che è sufficientemente fluida da rappresentare un qualche problema di coscienza ai rappresentanti del cattolicesimo democratico. Appena eletta la neo segretaria se n’è andato l’ex ministro Giuseppe Fioroni, ma il malumore è profondo fin nelle periferie. Dalle colonne di Avvenire il consigliere della Regione Emilia-Romagna, Giuseppe Paruolo, esponente Pd di area cattolica, ha fatto sapere: «Vorrei che il mio partito dicesse con chiarezza cosa pensa della maternità surrogata». La chiarezza l’hanno certamente esercitata i pastori e adesso tocca alle pecore che pascolano nei prati di sinistra capire se vorranno di nuovo applicare l’opzione prodiana del «cattolico adulto», oppure abbandonare alla deriva il partito che fu.I vescovi, invece, con questa chiara presa di posizione sembrano aver compreso che su questi temi, che riguardano l’antropologia cristiana nel fondamento, l’interlocutore più vicino nei Palazzi sembra davvero la compagine di governo. Un passaggio non scontato, memori delle pacche sulle spalle che arrivavano al Pd da Oltretevere, come emerse anche in modo buffo nella famosa telefonata che la trasmissione radio La Zanzara fece interpellando monsignor Vincenzo Paglia, allora a capo del Pontificio consiglio per la famiglia, con un imitatore dell’allora premier Matteo Renzi, il boy-scout: «Tieni duro, tenete duro», disse il presule riferendosi all’allora governo (quello che poi si apprestava a varare anche la legge sulle unioni civili). Dopo le parole di ieri dei vescovi italiani sull’utero in affitto il portavoce del network Sui tetti, che raccoglie circa 80 associazioni del laicato cattolico, Domenico Menorello, dichiara che «la Cei pone il dibattito pubblico al livello della maggior ragionevolezza per tutti: non è, cioè, in alcun modo in discussione la libertà di opzioni personali, ma se porre il baricentro delle scelte pubbliche verso i diritti dei più deboli o, all’opposto, dare preminenza all’individualismo dei più forti». Ma i vescovi italiani nel loro comunicato hanno mandato un messaggio anche al governo, ricordando, sul tema migranti, che la tragedia di Cutro ha dimostrato «la debolezza delle risposte messe in atto. Il limitarsi a chiudere, controllare e respingere non solo non offre soluzioni di ampio respiro, ma contribuisce ad alimentare irregolarità e illegalità. Servono invece politiche lungimiranti - sul piano nazionale e su quello europeo - capaci di governare i flussi di ingresso attraverso canali legali». Si tratta comunque di un approccio di buon senso, che fa il paio con il titolo che papa Francesco ha scelto per il suo Messaggio in occasione della 109ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebrerà il 24 settembre prossimo, «Liberi di scegliere se migrare o restare». Perché, si precisa, occorre «promuovere una rinnovata riflessione su un diritto non ancora codificato a livello internazionale: il diritto a non dover emigrare, vale a dire - in altre parole -: il diritto di restare nella propria terra».
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