2020-04-09
Le Rsa sono un incubo in tutta Italia, sotto tiro c'è solo la Lombardia
Morti in Emilia, a Macerata aperta un'inchiesta. Però accusano sempre il Pirellone. «Al Trivulzio mai ammessi malati di Covid». Il Pio Albergo, sotto indagine dal tribunale di Milano, dalla Regione e dal ministero, nega di aver occultato i decessi da virus. Purtroppo è ecatombe anche altrove: in un ospizio del Parmense falciato il 40% degli ospiti, vicino Bologna sono morti in 30 su 70.Lo speciale comprende due articoli.Nelle residenze per anziani della provincia di Modena, i contagi da coronavirus sono oltre 250. Lo ha denunciato, pensate un po', la Cgil, che in un comunicato stampa diffuso un paio di giorni fa ribadiva che «ormai da un mese» la situazione è drammatica all'interno delle Rsa emiliane. Il sindacato parlava di protezioni mancanti, di protocolli sanitari da adeguare a quelli dei reparti infettivi degli ospedali, di allarme sottovalutato. È stato il quotidiano online Open, in tempi recenti, a far presente che «in una Rsa di Bucine (Arezzo) ci sono 25 anziani infettati, tutti malati di Alzheimer ci sono anche 17 dipendenti risultati positivi al virus e un bilancio di 5 morti». A Cingoli, in provincia di Macerata, ancora alla metà di marzo, nella Rsa comunale gestita da una cooperativa, ci sono stati 3 morti, tanto che il procuratore capo, Giovanni Giorgio, ha aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo aggravato e lesioni colpose. Tra le aggravanti, anche il mancato rispetto delle norme a tutela dei lavoratori. Bastano questi pochi esempi per capire che la situazione delle residenze per anziani è orribile in tutta Italia. Eppure, nel mirino, da giorni, c'è soltanto la Lombardia. A campeggiare nei titoli dei giornali e delle tv, dopo l'indagine aperta dalla Procura di Bergamo sulla gestione del virus all'ospedale di Alzano lombardo, sono gli echi di Mani pulite evocati dalle indagini (regionali, ministeriali e della Procura) sul Pio albergo Trivulzio. La direzione sanitaria della struttura ha reso noto che dal primo al 7 aprile al Pat sono deceduti in 27. Un numero altissimo, come del resto altissime sono le cifre dei decessi in tutta la regione. Vero: la Lombardia, nelle Rsa, conta più morti del resto delle regioni italiane (934 contro 509). Ma è anche vero che la Lombardia, tra tutte, è stata la più colpita dall'epidemia. Un flagello giunto, ormai lo sappiamo, dalla Cina tramite la Germania, passando attraverso frontiere che non sono state chiuse (e non certo per volontà del governatore Attilio Fontana). Per chiarire che cosa sia accaduto al Trivulzio è stata la Regione stessa a creare una commissione d'inchiesta, di cui fa parte anche l'ex pm Gherardo Colombo, nominato dal Comune di Milano. Giusto che si indaghi, per carità. Giusto pure che, dove serve, intervengano le Procure. E infatti la Regione ci mette del suo, affinché si diradi la foschia. La direzione sanitaria del Pat, ieri, ha smentito seccamente alcune ricostruzioni giornalistiche, spiegando di aver accolto sotto il proprio tetto soltanto anziani provenienti da ospedali No Covid: l'ipotesi di una ecatombe provocata da incuria verrebbe così rispedita al mittente. In ogni caso, giova ricordare che i vertici del Trivulzio vengono nominati d'intesa con il Comune di Milano, guidato da Beppe Sala del Pd. Il che non gioca esattamente a favore dell'ipotesi del complottone destrorso per causare la moria di anziani. Eppure, la tesi dei media progressisti è esattamente questa: gli amministratori lombardi sono colpevoli di strage. In questo modo si vuole attaccare la Regione governata dal centrodestra che ha avuto l'ardire di opporsi frontalmente al governo incapace di Giuseppe Conte. Una Regione che domani, se volesse ripartire, potrebbe farlo anche da sola, persino tramite i «lombardobond» proposti ieri da Matteo Salvini. Ipotesi fantasiosa, sì, ma non irrealizzabile. La Lombardia, al centro dello tsunami, ha resistito. Per questo il governo e i media di regime ora cercano di coprire di fango ciò che il virus non è riuscito a distruggere. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ce-stata-strage-nelle-rsa-di-tutta-italia-ma-nel-mirino-finisce-solo-la-lombardia-2645671775.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="al-trivulzio-mai-ammessi-malati-di-covid" data-post-id="2645671775" data-published-at="1586373697" data-use-pagination="False"> «Al Trivulzio mai ammessi malati di Covid» La strage di nonni nelle residenze per anziani non ha lasciato alcuna Regione italiana indenne. Dove non ci sono morti, ci sono comunque contagiati e ricoverati in terapia intensiva. Le Rsa si sono tra-sformate in una bomba al Covid-19. Per gli ospiti e per gli operatori. Così come gli ospedali, dove, stando ai dati dell'Iss, i sanitari contagiati hanno superato quota 12.000. L'epicentro è ancora una volta la Lombardia. Qua e là in Italia, dopo le denunce di figli e nipoti delle vittime, sono state avviate inchieste giudiziarie. Ma in Lombardia c'è chi sta soffiando sul fuoco. Il rischio è quello di una caccia alle streghe. «Che i medici di Alzano o di Codogno finiscano per fare i capri espiatori di questa vicenda lo trovo veramente indegno e inaccettabile», ha bollato la questione il professor Massimo Galli, direttore dell'Istituto di scienze biomediche al Sacco di Milano. La Procura di Bergamo ha aperto un'inchiesta per epidemia colposa sulla gestione dell'ospedale di Alzano Lombardo nell'emergenza coronavirus. I carabinieri del Nas hanno già eseguito ispezioni e acquisito documentazione. Nel mirino ci sono la gestione dei primi malati risultati positivi e la decisione, presa il 23 febbraio, di chiudere e riaprire dopo alcune ore il pronto soccorso. Lì era ricoverato Ernesto Ravelli, 84 anni, trasferito al Papa Giovanni proprio il 23 e successivamente deceduto. È il primo morto per coronavirus in provincia di Bergamo. Sono seguiti altri casi di decesso con tampone positivo il 23 febbraio. E mentre le fonti investigative precisano che l'inchiesta, dopo gli esposti, sia un atto dovuto, l'assessore lombardo al Welfare, Giulio Gallera, liquida come «falsa» la ricostruzione secondo la quale dopo il primo contagio il pronto soccorso di Alzano non sia stato sanificato prima della riapertura. L'altro fronte giudiziario bollente è il Pio Albergo Tri-vulzio, una delle strutture geriatriche più grandi d'Italia. Lì oltre alla Procura, anche la Regione Lombardia ha avviato un'inchiesta e ha chiesto al Comune di Milano di nominare un suo rappresentante nella commissione: la scelta è caduta su Gherardo Colombo, l'ex pm di Mani pulite. La struttura è finita sotto i riflettori per i 70 pazienti morti a marzo e i 30 a inizio aprile. E da lì gli accertamenti giudiziari si sono allargati subito alle altre Rsa. Si indaga sul mancato utilizzo di mascherine e di strumenti di protezione personale, ma anche sulle scarse informazioni fornite ai parenti dei pazienti. Dalla struttura, intanto, precisano: «Nessun paziente posi-tivo proveniente dagli ospedali lombardi è mai stato ammesso al Pio Albergo Trivulzio». Sarebbero quindi stati accolti solo pazienti no Covid. Ma sulla scrivania della pm Tiziana Siciliano sono finiti anche gli accertamenti sull'Istituto Palazzolo della Fondazione don Gnocchi, su una casa famiglia di Affori e su una del quartiere Corvetto. Cgil, Cisl e Uil, che durante la prima fase dell'emergenza erano rimaste in silenzio, ora gridano allo scandalo, denunciando l'assenza di protocolli adeguati per affrontare l'emergenza. Ma a innescare il sospetto che qualcuno stia strumentalizzando con finalità politica la drammatica situazione lombarda c'è un altro dato. In giro per lo stivale ci sono decine di inchieste sui contagi nelle Rsa che, però, non sono finite in caciara. E anche in Emilia Romagna è un'ecatombe: in una Rsa di Sissa (Parma) è stato falciato dal virus il 40% degli ospiti; a Soragna (Parma) sono morti otto dei 50 ospiti; a Villa Matilde di Bazzano (Bologna) sono morti 30 dei 70 ospiti. A Modena è deceduta una operatrice di una residenza per anziani di 36 anni, risultata positiva al Covid-19. A Prato, invece, ci sono volute tre lettere alla Regione Toscana per ottenere i tamponi nella Rsa di Comeana, struttura tra i comuni di Carmignano e Poggio a Caiano. All'inizio i contagiati erano nove: otto anziani e un operatore. L'analisi a tappeto, invece, è arrivata un mese dopo, quando la Rsa era già un focolaio: dei 53 tra ospiti e operatori, sette anziani sono morti e più della metà sono risultati positivi, 14 ospiti e 14 sanitari. A Soleto, in provincia di Lecce, in Puglia, un'inchiesta della Procura sta cercando di far luce sui dieci morti e 50 contagiati in una casa di riposo. Anche in quel caso le difficoltà erano state segnalate dai responsabili. «La situazione sul territorio pugliese è tranquilla», ha spiegato il professor Pierluigi Lopalco, epidemiologo dell'Università di Pisa e coordinatore scientifico della task force pugliese per l'emergenza coronavirus, «il principale problema è rappresentato dalle Rsa». Contagi e decessi nelle strutture per anziani sono all'ordine del giorno. Finora, stando ai dati di uno studio dell'Istituto superiore di sanità, tra l'1 febbraio e l'1 marzo il 37,4% dei nonni morti nelle Rsa, ovvero 1.443 anziani, è deceduto con il Covid-19 o, comunque, con sintomi influenzali. Se si esclude il dato lombardo (934 morti), sono 509 gli anziani strappati via in un mese nel resto d'Italia. E se la Lombardia è al primo posto per totale di decessi (60 anziani positivi al Covid e 874 con sintomi), l'Emilia Romagna è seconda (24 positivi al Covid e 152 con sintomi). Si piazza ai vertici della classifica anche la Toscana (15 positivi e 86 con sintomi). Sul numero degli ospedalizzati provenienti dalle Rsa (con tampone positivo o con sintomi) l'Emilia Romagna è addirittura prima: 363 pazienti contro i 261 lombardi. La classifica si inverte, però, sui contagi: in Lombardia sono 72 e in Emilia Romagna 42. Gli altri nonni sono in ospedale con sintomi influenzali. E il personale? Nell'82,7% dei casi è risultato positivo al coronavirus.
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