2019-10-21
Le botte a Barcellona ricadono sulle spalle di Sanchez
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La tensione non accenna a diminuire in Catalogna. I danni causati dalle proteste indipendentiste avvenute la settimana scorsa ammonterebbero a circa 2,5 milioni di euro: una cifra che sembra comunque destinata a salire. A pochi giorni dalle elezioni politiche, che si terranno il prossimo 10 novembre, non è esattamente chiaro in che modo tale spinoso dossier influirà sulle imminenti votazioni.I disordini, che nel fine settimana hanno interessato anche la città di Madrid, sono scoppiati quando - la scorsa settimana - la Corte suprema spagnola ha condannato dodici leader separatisti con l'accusa di sedizione, disobbedienza e uso improprio di fondi pubblici, infliggendo loro pene detentive fino a tredici anni. A essere colpito dai giudici è stato ovviamente il tentativo indipendentista catalano, condotto nel 2017.La Catalogna torna quindi a dividere pesantemente la politica spagnola. E lo fa a pochi giorni dalle elezioni politiche, che si terranno il prossimo 10 novembre. A questo punto, non è esattamente chiaro in che modo tale spinoso dossier influirà sulle imminenti votazioni. Il premier ad interim, il socialista Pedro Sanchez, ha tenuto sulla questione una collocazione relativamente ondivaga, nonostante - negli ultimi giorni - abbia sposato una linea maggiormente dura. Una posizione, quest'ultima, che i partiti più a sinistra dello spettro politico condannano, invocando un non meglio precisato dialogo con le forze indipendentiste. Si tratta di un problema non di poco conto per Sanchez che ha già fallito a trovare un accordo di coalizione con Podemos quest'estate: un elemento che ha quindi portato la Spagna ad elezioni per la quarta volta in appena quattro anni.E il punto adesso è proprio questo. Se i partiti di destra sembrano abbastanza compatti nella ferrea difesa dell'integrità nazionale, Sanchez sta correndo sempre più il rischio di restare pericolosamente fermo in mezzo al guado, oscillando tra aperturismo e inflessibilità. Una posizione ambigua e schizofrenica, dettata tuttavia dal suo duplice ruolo di premier e capo del Partito socialista. Podemos, dal canto suo, si sta ritagliando il ruolo di punto di riferimento per gli indipendentisti: una strategia che potrebbe avere come obiettivo proprio quello di logorare ulteriormente il leader socialista.È improbabile che Sanchez voglia arrivare ad uno scontro diretto come accadde ai tempi di Mariano Rajoy (che invocò l'articolo 155 della Costituzione per stroncare le ambizioni indipendentiste catalane). Dall'altra parte, tuttavia, l'attuale premier non ha rinunciato a cercare una parziale sponda a destra con il Partito popolare e Ciudadanos. Una mossa che, al di là della questione catalana in sé stessa, potrebbe forse avere come obiettivo quello di testare eventuali nuove alleanze in vista del post voto. Nuove alleanze che, in un certo senso, puntino ad evitare i problemi sorti nei rapporti con Podemos quest'estate. Resta tuttavia il fatto che una simile ambiguità possa rivelarsi deleteria per Sanchez. Del resto, spaccature si registrano anche in seno al fronte indipendentista, diviso tra un'ala destra e una sinistra: una frattura che complica ulteriormente la già fragile posizione di Madrid. Il premier spagnolo fatica dunque a trovare interlocutori definiti e - soprattutto - resta costantemente vittima del timore di rimanere politicamente fagocitato da qualche avversario. Se pochi mesi fa paventava di restare ostaggio di Podemos, oggi - flirtando con la recente linea law and order - rischia di schiacciarsi su posizioni troppo destrorse, finendo così con l'avvantaggiare il fronte conservatore.Tra l'altro, una parte dell'elettorato rimprovera a Sanchez di non aver affrontato per tempo la questione catalana, lasciando di fatto che le tensioni si accumulassero, fino a esplodere nuovamente, come evidenziato dagli ultimi giorni. In particolare, a essere malviste risulterebbero proprio le estenuanti trattative condotte con Podemos qualche mese fa: trattative che avrebbero reso il premier socialista sempre più impopolare.