2024-05-01
Montecarlo story: dagli scoop sulla casa iniziò il declino dell’ex leader di An
Nel 2010, il caso dell’immobile ceduto a Giancarlo Tulliani tenne banco. Ma la prima indagine fu chiusa in tempi record.«Caro Gianfra’, se te comporti bene quando me moro te lascio tutto. Da camerata a camerata». È con questa frase in romanesco, pronunciata dalla contessa Anna Maria Colleoni in un incontro con Gianfranco Fini, che ha avuto inizio, a metà degli ’90, quella che poi, nel luglio del 2010, si trasformerà nel caso giornalistico dell’estate: quello dell’appartamento di Montecarlo donato ad Alleanza nazionale, che era poi finito nella disponibilità di Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, compagna di Fini che all’epoca era presidente della Camera, in guerra aperta con il premier Silvio Berlusconi. È il 28 luglio di quell’anno, quando l’attuale direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci, all’epoca cronista de Il Giornale, svela per la prima volta che nell’appartamento situato al numero 14 di boulevard princesse Charlotte, ceduto nel 2008 da An, per circa 300.000 euro, a una misteriosa società estera, la Printemps, abitava il cognato di quello che, fino alla nascita del Pdl, era il leader incontrastato e l’uomo simbolo del partito di via della Scrofa. La contessa Colleoni venuta a mancare nel 1999, due anni prima aveva in effetti lasciato i suoi beni ad An, con un testamento olografo, anch’esso pubblicato durante quella calda estate: «lo sottoscritta Anna Maria Colleoni dichiaro liberamente di nominare erede universale dei beni mobili e immobili che mi appartengono al momento del mio decesso, il partito Alleanza nazionale nella persona del suo attuale Presidente onorevole Gianfranco Fini come contributo per la buona battaglia». Nell’estate del 2010, lo scontro politico tra Fini e Berlusconi, iniziato a dicembre 2009, dopo che il leader di An era stato scoperto in un fuorionda a parlare delle inchieste sul Cavaliere con il magistrato Nicola Trifuoggi, è al calor bianco. Pochi mesi prima, il 22 aprile, durante l’assemblea del Pdl, trasmessa in diretta tv, Fini si era alzato in piedi e aveva letteralmente puntato il dito contro Berlusconi che lo stava criticando, apostrofandolo con il celebre: «Altrimenti che fai, mi cacci?». Il mese di agosto passa quindi tra uno scoop e l’altro sulla casa di Montecarlo, e sulla nuova famiglia acquisita di Fini, a partire dal gossip sulla precedente relazione di Elisabetta Tulliani con l’ex patron del Perugia calcio, Luciano Gaucci.Ma è soprattutto sul fratello di lei, Giancarlo, e sul reale valore di mercato dell’immobile, che si concentrano le attenzioni dei cronisti. Il giovane Tulliani, nega di essere il proprietario dell’appartamento e dichiara, tramite i suoi avvocati, di pagare un regolare affitto. Dal canto suo, Fini lancia una sfida pubblica, sostenendo che, nel caso che fosse emerso che la casa era davvero finita nelle mani del cognato, si sarebbe dimesso dalla presidenza della Camera: «Certo anche io mi chiedo, e ne ho pieno diritto visto il putiferio che mi è stato scatenato addosso, chi è il vero proprietario della casa di Montecarlo? È Giancarlo Tulliani, come tanti pensano? Non lo so. Gliel’ho chiesto con insistenza: egli ha sempre negato con forza, pubblicamente e in privato. Restano i dubbi? Certamente, anche a me. E se dovesse emergere con certezza che Tulliani è il proprietario e che la mia buona fede è stata tradita, non esiterei a lasciare la Presidenza della Camera». Una promessa che non manterrà. Chiocci continua a girare per le stradine del Principato, a caccia di conferme. Suona al citofono di Tulliani, che chiama la Gendarmeria, che ferma il cronista e lo invita a lasciare Montecarlo come persona indesiderata Nel frattempo, Libero, all’epoca diretto dal fondatore della Verità Maurizio Belpietro, svela i rapporti tra Tulliani junior e la Rai. In particolare, Guido Paglia, ex capo delle relazioni esterne di viale Mazzini, racconta le pressioni subite da Fini, che lo aveva convocato a Montecitorio. Alla presenza di Tulliani, Fini avrebbe detto a Paglia: «Lui ha bisogno di un minimo garantito sulla fiction, sull’intrattenimento e sui diritti cinema dall’estero». Su Chi, edito da Mondadori e quindi dalla famiglia Berlusconi, spunta anche una foto di Tulliani, intento a lavare la sua fiammante Ferrari 458 Italia di colore blu, targata, ça va san dire, Principato di Monaco. Tanto basta per vedere scattare i giornali storicamente vicini al centrosinistra, in una insolita difesa di Fini e dei suoi cari. Con tanto di rilancio delle accuse dei fedelissimi del leader di An di un fantomatico coinvolgimento dei servizi segreti. Ad esempio, un articolo sulla vicenda pubblicato da Repubblica era titolato: «Ecco come gli uomini del premier hanno manovrato la macchina del fango». Ma a muoversi, dopo una denuncia per truffa di Francesco Storace, all’epoca segretario de La destra, è anche la Procura di Roma, che ad agosto del 2010, apre un fascicolo contro ignoti. Un’inchiesta lampo, durante la quale, l’iscrizione sul registro degli indagati di Fini viene tenuta riservata, fino al 26 ottobre quando arriva la richiesta di archiviazione, che però conferma che il prezzo di mercato dell’appartamento di Montecarlo «sarebbe divenuto, nel 2008, di 819 mila euro prima dei lavori di restauro completo (90 mila euro)». L’archiviazione arriverà a marzo del 2011. Il 14 dicembre 2010, arriva la resa dei conti definitiva tra Berlusconi e Fini, che nel frattempo ha lasciato il Pdl per fondare Futuro e libertà ed è passato all’opposizione. Il nuovo partito è tra i firmatari della mozione di sfiducia a Berlusconi, che viene discussa e votata quel giorno a Montecitorio. Apparentemente, i numeri per far cadere il governo c’erano, ma il risultato del voto confermò la fiducia a Berlusconi, respingendo la mozione con 314 no, 311 sì (e due astenuti). L’episodio segnò l’inizio della fine della carriera politica di Fini, che nel 2013, ormai fuori dal centrodestra, schierò il suo partito nella coalizione che sosteneva il premier uscente Mario Monti, senza superare la soglia di sbarramento. Del governo guidato dall’ex rettore della Bocconi, aveva fatto parte, come sottosegretario agli Interni in quota Fli anche Giovanni Ferrara, che da Procuratore della Repubblica di Roma aveva firmato la richiesta di archiviazione dell’indagine sulla casa di Montecarlo. Uscito di scena dalla politica, Fini era tornato agli onori delle cronache a dicembre 2016, quando la vicenda della casa di Montecarlo era riesplosa dopo che le indagini (iniziate nel 2014) svolte dalla Guardia di finanza per conto dei pm capitolini avevano svelato un presunto giro di riciclaggio di oltre 7 milioni di euro, profitti illeciti accumulati da Sergio Tulliani, e dai figli Elisabetta e Giancarlo. Quest’ultimo, dopo la notizia della nuova inchiesta, nel corso della quale era stato colpito anche da un’ordinanza di custodia cautelare, aveva trovato riparo come latitante a Dubai, che non ha mai accolto la richiesta di estradizione presentata dall’Italia. I soldi arrivati ai Tulliani sarebbero serviti appunto anche per comprare l’appartamento di Montecarlo, poi venduto con una plusvalenza di 1,2 milioni di euro, sarebbero arrivati dalle società di Francesco Corallo, pezzo da 90 nelle società del gioco d’azzardo legale. Sarebbe stato proprio l’imprenditore creare le società offshore che secondo le accuse sarebbero riconducibili alla famiglia Tulliani. Per la Procura, Corallo e Fini erano legati da un rapporto di amicizia che aveva portato l’imprenditore a ospitare Fini in vacanza a Saint Maarten e il presidente della Camera a invitarlo nel 2009 a Montecitorio per il battesimo della seconda figlia. Quando il caso era riesploso, Fini si era difeso con queste parole: «Giancarlo Tulliani mi disse che l’appartamento non era di proprietà e io dissi che se fosse stata di sua proprietà mi sarei dimesso. Gli ho creduto, sì». Poi aveva chiosato: «Sono stato un coglione, ma non sono mai stato un corrotto».
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)