
La presidente della Consulta, che i dem vorrebbero portare al Quirinale, dà lezioni di femminismo sulla Rai.Prosegue l'operazione «simpatia» della nuova presidente della Corte costituzionale, Marta Cartabia. Dopo la bocciatura del referendum elettorale promosso dalla Lega, che ha tolto una grana alla maggioranza giallorossa (di cui lei potrebbe essere la candidata al Colle nel 2022), la giurista torna al core business femministeggiante, già lanciato nel suo discorso d'insediamento, quando aveva citato la premier finlandese e lamentato il gap di genere in Italia.Ieri sera, infatti, la Cartabia ha inaugurato una serie di sei puntate su Rai storia, dedicate al ruolo della Consulta nell'emancipazione della donna. Il programma ha un titolo eloquente: Senza distinzione di genere. Un viaggio nelle storiche sentenze sull'illegittimità dei trattamenti giuridici ineguali dinanzi all'adulterio, sull'apertura alle signore della carriera prefettizia, il tutto condito con qualcuno degli elementi pop che caratterizzano il tipico tecnopopulismo della Cartabia. La quale, non appena eletta, ci ha tenuto a far sapere di essere fan del trekking e della musica classica, ma che «quando corre ascolta Beatles e Metallica». Il volto umano dei competenti. L'essenza della «rivoluzione gentile», celebrata ieri in un articolo del Corriere della Sera, che tesseva le lodi sperticate dell'ultima operazione mediatica della numero uno della Corte.Proprio ai Beatles, infatti, la Cartabia ha fatto ricorso nella prima puntata, citando il singolo A hard day's night, che descrive l'uomo distrutto al ritorno dal lavoro, ma lieto di trovare la casa messa in ordine dalla moglie. Per le puntate successive, sarebbe divertente se gli autori attingessero all'altro gruppo amato dalla presidente della Consulta, i Metallica: il celebre singolo Master of puppets, che secondo diversi interpreti parla del consumo di droghe, potrebbe accompagnare degnamente un confronto sui pro e i contro della liberalizzazione della cannabis, da intrattenere con un celebre personaggio femminile, come la leader radicale, Emma Bonino.Ironia a parte, balza all'occhio la mediaticità che la Cartabia ci tiene a guadagnarsi. Di presidenti della Corte costituzionale tanto presenzialisti non se ne ricordano molti altri: probabilmente, l'esempio più eclatante è quello di Gustavo Zagrebelsky. Con il quale la Cartabia potrebbe condividere un destino comune: il giurista, prima dell'elezione di Sergio Mattarella, era entrato nella rosa di nomi che il Movimento 5 stelle immaginava per il Quirinale. La chiave che ha trovato la Cartabia - un connubio tra l'appiattimento sulle posizioni dell'élite europeista e le battaglie d'avanguardia, tanto di moda nei circoli buoni dell'establishment - potrebbe però assicurarle qualche carta in più: sarebbe una figura di garanzia per i dem, dotata nondimeno di un'immagine pop, digeribile dai pentastellati.È curioso anche fare una piccola carrellata delle altre catechesi televisive cui, negli anni, sono stati sottoposti i telespettatori Rai. La più simile a quella della Cartabia è il programma dell'attuale giudice costituzionale Giuliano Amato, Lezioni dalla crisi: 12 puntate trasmesse da Rai 3, a partire dal 18 marzo 2012, preludio all'ingresso alla Consulta del dottor Sottile, già premier tecnico ed eterna riserva della Repubblica.Diversi anni prima era toccato a Romano Prodi: correva il 1992, il programma era Il tempo delle scelte, stesso titolo di un suo libro. Andava in onda su Rai 1 alle 23. E, naturalmente, tra i temi trattati c'era la magnificazione del progetto d'integrazione europea, la trappola in cui l'Italia, in quel periodo, si stava infilando con la convinzione di potersi assicurare un futuro prospero e radioso. Di lì a quattro anni, il Professore sarebbe diventato leader del centrosinistra e presidente del Consiglio. Per la Cartabia, sono precedenti benauguranti.
Elly Schlein (Ansa)
Corteo a Messina per dire no all’opera. Salvini: «Nessuna nuova gara. Si parte nel 2026».
I cantieri per il Ponte sullo Stretto «saranno aperti nel 2026». Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, snocciola dati certi e sgombera il campo da illazioni e dubbi proprio nel giorno in cui migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 15.000) sono scese in piazza a Messina per dire no al Ponte sullo Stretto. Il «no» vede schierati Pd e Cgil in corteo per opporsi a un’opera che offre «comunque oltre 37.000 posti di lavoro». Nonostante lo stop arrivato dalla Corte dei Conti al progetto, Salvini ha illustrato i prossimi step e ha rassicurato gli italiani: «Non è vero che bisognerà rifare una gara. La gara c’è stata. Ovviamente i costi del 2025 dei materiali, dell’acciaio, del cemento, dell’energia, non sono i costi di dieci anni fa. Questo non perché è cambiato il progetto, ma perché è cambiato il mondo».
Luigi Lovaglio (Ansa)
A Milano si indaga su concerto e ostacolo alla vigilanza nella scalata a Mediobanca. Gli interessati smentiscono. Lovaglio intercettato critica l’ad di Generali Donnet.
La scalata di Mps su Mediobanca continua a produrre scosse giudiziarie. La Procura di Milano indaga sull’Ops. I pm ipotizzano manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza, ritenendo possibile un coordinamento occulto tra alcuni nuovi soci di Mps e il vertice allora guidato dall’ad Luigi Lovaglio. Gli indagati sono l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone; Francesco Milleri, presidente della holding Delfin; Romolo Bardin, ad di Delfin; Enrico Cavatorta, dirigente della stessa holding; e lo stesso Lovaglio.
Leone XIV (Ansa)
- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...
Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.






