2023-08-14
Caro Zuckerberg, vorrei vederla al tappeto
Caro Mark Zuckerberg, caro fondatore di Facebook, scrivo questa cartolina a lei perché a Elon Musk, quello di Twitter, ho scritto qualche tempo fa, e quel cafone non mi ha mai risposto. Spero che lei sia più gentile. Ci terrei molto a sapere se davvero accetterà la sfida di Musk. Se davvero, cioè, vi affronterete a duello in Italia (si dice a Pompei). Se davvero ve le darete di santa ragione usando le arti marziali (di cui siete entrambi appassionati) dentro uno sfondo che ricordi la storia romana (di cui siete entrambi appassionati). Se fosse così le auguro di finire dolorosamente al tappeto. Così, almeno per una volta, capirà come si sentono i 20.000 dipendenti che ha licenziato negli ultimi mesi con una brutalità, questa sì, degna di Nerone. Qualcuno si sta indignando per la messa in scena. Qualcuno dice che con il vostro circo offendereste il patrimonio storico italiano. Qualcuno ha già cominciato a calcolare quanto vi renderà questo osceno spettacolo, in clic, follower e dunque pubblicità. Ma io le confesso, caro Zuckerberg, che l’idea di vedere i due miliardari dei social, i Paperoni della new economy (240 miliardi e 108 miliardi di patrimonio) che si arrabattano nella polvere di un’arena, come i morituri dell’antica Roma, non mi dispiacerebbe. Perché penso che finalmente si mostrerebbe plasticamente, sotto gli occhi di tutti, quello che siete davvero: altro che le favole sul nuovo mondo del Big Tech, Silicon Valley e affini, altro che principi della modernità, del buonismo, dei valori, dei dipendenti coccolati e degli utenti rispettati. Voi siete due maneschi esibizionisti. L’emblema della brutalità. Proprio come i giochi che si facevano al Colosseo. Lo dico pensando non solo ai dipendenti che avete licenziato con metodi che gli antichi padroni delle ferriere, in confronto, erano dei galantuomini. Lo dico pensando anche allo strapotere economico che avete ottenuto, e che vi permette di pagare le tasse come e quando volete, e di essere più forti degli Stati e di qualsiasi authority o organizzazione internazionale, ai cui richiami in genere rispondete con delle pernacchie. E lo dico pensando soprattutto allo strapotere che avete ottenuto sull’informazione (vedasi caso YouTube e Verità Tv) e sulle nostre stesse vite: ci avete attirato nella vostra trappola, ci avete illuso che fosse il Paese incantato delle cose belle, delle idee condivise e delle amicizie diffuse. E invece era un inganno, di cui oggi siamo prigionieri. Vede, caro Mark, sono anni che sentiamo i suoi ex collaboratori denunciare il pericolo generato dal suo impero. Brian Acton, cofondatore di Whatsapp, se ne andò pentito per «aver messo in pericolo i cittadini inseguendo il profitto». Justin Rosenstein, sviluppatore dei «mi piace», se ne andò consigliando a tutti di disattivare i social cui aveva lavorato. Sean Parker, il primo presidente di Facebook, se ne andò denunciando il rischio di «dipendenza» («Dio solo sa che cosa abbiamo fatto al cervello dei nostri figli»). Nessuna di queste dichiarazioni è riuscita finora ad aprirci gli occhi. Magari chissà li apriremo ora. E, finalmente, vedendola fare Ju Jitsu brasiliano a Pompei, capiremo che una civiltà può andare in rovina in molti modi. E l’eruzione del vulcano non è nemmeno il peggiore.
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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