2021-05-31
Caro Di Maio, tornerà a sentire quel «vaffa»
Lo so che ora a lei piacciono (ricambiato) i gazzettini del mainstream, quelli che una volta la mettevano alla gogna e adesso la mettono sul piedistallo. Ma temo che, fidandosi di loro, lei rischi di non capire come è messo davvero il Paese. Caro Luigi Di Maio, adesso che, dopo la sua svolta garantista, è diventato il paladino dei benpensanti, adesso che piace a tutti, adesso che l'hanno trasformato nel simbolo della nuova politica dimenticando di colpo sbertucciamenti e congiuntivi sbagliati, adesso che non è più lo steward del San Paolo ma un vero leader, adesso che ha conquistato gli applausi di tutti coloro che la deridevano, adesso che da Forza Italia al Pd, da Letta a Renzi, dal Foglio la celebrano come fosse il Churchill di Pomigliano e tra un po' la candideranno al Nobel o alla presidenza dell'Onu, ecco, adesso non si dimentichi che lei ha cominciato con un «vaffa». Lei può cambiare idea (per carità), può assestarsi al potere (ci mancherebbe), può prendere i voti nella loggia della élite (è legittimo). Ma non dimentichi che in mezzo alla gente che lei non frequenta più quella voglia di «vaffa» è rimasta. Tale e quale a quando la urlava lei. Anzi, se possibile, più forte ancora.Lo so che ora a lei piacciono (ricambiato) i gazzettini del mainstream, quelli che una volta la mettevano alla gogna e adesso la mettono sul piedistallo. Ma temo che, fidandosi di loro, lei rischi di non capire come è messo davvero il Paese. Le pagine dei giornaloni, infatti, trasudano la voglia di liquidare per sempre quella che definiscono la stagione del «giustizialismo» e del «populismo», come se tutta la colpa di quello che è successo in Italia negli ultimi decenni sia imputabile a chi chiedeva giustizia (magari in modo sguaiato) e a chi cercava di difendere il popolo (magari in modo maldestro). Dimenticando che se il giustizialismo e il populismo hanno avuto tanto successo è perché in Italia negli ultimi tempi di giustizia ce n'è stata poca e di delinquenti liberi fin troppi. E il popolo è stato schiacciato da una globalizzazione gestita male e da leggi pensate costantemente per difendere i privilegi di poche élite.Lo so che adesso lei con quelle élite si trova a meraviglia. Lo so che anziché distruggere il palazzo ha preferito farsi accogliere nelle sue sale confortevoli. Questo è noto. Le volevo soltanto dire se può, ora che tutti la incensano e la ascoltano, ricordare a lorsignori del salotto che il mondo là fuori non è affatto cambiato. Anzi è peggiorato. Loro non lo sentono ma la gente, travolta prima dalla crisi e dalla pandemia, ha voglia di gridare «vaffa» più di prima. In questi giorni, forse, questo sentimento è appena un po' attutito dalla gioia del ritorno alla vita, dal recupero di cene e di incontri perduti, dalla speranza di un'estate senza l'angoscia del virus. Ma l'incendio cova sotto la cenere. Pronto a esplodere. Devastante. E pensare di poterlo spegnere cooptando qualche ex giacobino nelle stanze di Versailles gridando «a morte il populismo, viva la restaurazione», è un pessimo servizio. Non solo a lei, di cui alla fine non è che ci interessi molto, e nemmeno a loro stessi, di cui ci interessa ancor meno. È un pessimo servizio al Paese. Perché le fiamme ci divoreranno tutti se non c'è qualcuno che richiama l'attenzione generale gridando «al fuoco». Anche se quel gridare non è chic. E dà fastidio a qualche orecchia sensibile.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)